Di Giuseppe F. Pollutri
I viaggi della disperazione (e
della vergogna)
Non fiori, ma “opere” di
bene! Pregare…, certo, ma non come atto sostitutivo del fare. Le parole di Papa
Francesco: “Signore, ti chiediamo perdono”! E’ quel che si deve, ha da essere nella coscienza collettiva, ma non
basta. Occorre dire piuttosto “basta” alle distrazioni e alle omissioni, delle
Nazioni e dei potenti della terra.
“Nel mare Mediterraneo, tra le coste africane e quelle italiane, si
registra una media di due morti al giorno negli ultimi 25 anni”!
Così - nettamente e
tranquillamente - la presentatrice televisiva nel dar notizia del “Viaggio pastorale”
o “missionario” di papa Francesco a Lampedusa, principale attracco e ricovero
dei migranti, salvati vivi o recuperati in mare morti. Questo è il miserando
risultato dei cosiddetti “Viaggi della speranza” dei migranti
dall’Africa e dal Medio Oriente.
Voglio astenermi, per quanto
possibile, dal commentare ‘criticamente’ la visita del capo della cristianità
all’isola propaggine ultima d’Italia e d’Europa, volta a commiserare la
tragedia immane e, per come vanno le cose, senza fine di gente necessitata a
lasciare la propria terra ed anche i propri cari, per un futuro umanamente
dignitoso o soltanto per la sua sussistenza. Mi basta annotare, per amore della
verità e del rispetto che ad essa si deve, che per la salvezza (non solo in
mare, e non sarebbe poco) di questi disperati occorre che si faccia qualcosa
d’altro e di più. E, seppur soltanto con parole chiare e nette, che questo
avvenga piuttosto in altra sede e luogo, come il Parlamento Europeo e nel
consesso mondiale dell’ONU.
1 commento:
"...che questo avvenga piuttosto in altra sede e luogo, come il Parlamento Europeo e nel consesso mondiale dell’ONU."
Troppo facile riporre delle aspettative messianiche verso quella o quell'altra istituzione, come se queste potessero risolvere il problema "motu proprio". È una scappatoia.
È da secoli che l'Africa è preda del colonialismo. Prima attraverso il controllo politico, ora attraverso quello economico. Cui prodest? Al nostro stile di vita che ci ha reso simili a delle cavallette che consumano, consumano, consumano, senza sosta. Come se questa fosse l'attività più naturale di questo mondo.
E come fare in modo che i consumi aumentino? Basta abbassare i prezzi e di conseguenza i costi della manodopera e delle materie prime. Se noi pagassimo il minerale del Congo che serve per i cellulari per il suo valore effettivo (compresi i costi di manodopera che tengano conto della dignità del lavoratore), ecco che i prezzi degli stessi lieviterebbero e ciò ridurrebbe la fetta di mercato di quel business gigantesco che sono le telecomunicazioni. Un esempio tra i tanti che si potrebbero fare.
Dovremmo cambiare il nostro stile di vita, rinunciando a tanto superfluo, e globalizzare i diritti, per cambiare veramente rotta.
Purtroppo la tendenza è di segno opposto: continuare a sfruttare i Paesi africani e rimanere con la "pancia piena".
Ecco perché non basterebbero gli interventi di ONU e UE. Gli interessi in gioco sono troppo forti.
E gli sbarchi nel corso degli anni non potranno che aumentare.
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