Da Noi vastesi
NEL 1964 L'INTELLETTUALE VASTESE EX PRESIDE DEL MAGISTRALE DECISE DI PUBBLICARE A CARNEVALE UNO "SCHERZO" INTITOLATO "LA STORIA DEL GABBIANO", ...PARTENDO DALLA RADICE "GABBARE" DI TALE NOME. E chi non gabba in Italia?
da leggere
di Lino Spadaccini
Dopo aver apprezzato la pubblicazione de “La Storie” di Fernando D’Annunzio, oggi parliamo di una piccola pubblicazione risalente al 1964, del compianto prof. Mario Sacchetti, dal titolo “Storia del Gabbiano”.
Decisamente poco conosciuti, questi versi in lingua, da cantare sull’aria di stornelli romani, rappresentano un esempio di “Storia vastese”, da cui si discosta per la scelta della lingua, con un fine forse più intellettuale, ma scritto con gusto, garbo, molta ironia e dal risultato sicuramente gradevole.
Scriveva il prof. Sacchetti nell’introduzione: “Si racconta che, in una regione non ben definita della penisola, in un’epoca imprecisata della nostra storia, una parte cospicua di popoli italici si riunirono per deliberare circa l’animale da assumere come simbolo nazionale, e la loro scelta cadde sul gabbiano. Orbene, meditando sui motivi di quella scelta”, e prosegue, “un ignoto epigono della scuola di Esopo ebbe l’estro di comporre la presente canzone, dedicata agli esimi rappresentanti di quell’Italia allegra… Onde egli, rifacendosi ad una tradizione paesana, secondo la quale in tempo di Carnevale si usa cantare la Storia, ossia una rivista dei più notevoli e piccanti fatti di attualità, ho pensato bene di pubblicare questo documento, acciocché esso sia debitamente divulgato, nella speranza che gli insegnamenti più difficili a penetrare attraverso la via maestra del discorso serio possano trovare adito alle coscienze attraverso il sentiero dello scherzo e della facezia”.
Ed allora leggiamo alcuni passi della Storia del Gabbiano, o per meglio dire del “gabbato”:
In questo giorno fausto di baldoria, / amici miei, venite ad ascoltare / la peregrina e deliziosa istoria, / ch’io qua sono venuto a raccontare: / è la storia del gabbiano, / animale molto strano; / udite udite, / fate tesoro e poscia riferite /… La favola racconta che gabbiano / è un animale strano e assai complesso, / che specie in mezzo al popolo italiano, / è destinato al più grande successo; / perché il nome, se vi pare, / vien dal tema del gabbare: (e) / se non gabbiamo, / ditemi voi come ce la caviamo? / Per questa occulta sua virtù profonda / la specie dei gabbian si propagava: / sul patrio suol, dall’una all’altra sponda, / come un’epidemia poi dilagava: / gabba tu che gabbo io, / con impegno e con gran brio; tutti gabbiani: / birboni, indifferenti e puritani. / Se il medico non gabba, il suo cliente / Se non lo gabba pure l’avvocato, / a casa non riportano un bel niente, / e ognun di loro rimarrà gabbato; / gabbar deve l’ingegnere, / l’impiegato ed il banchiere, / il professore, / il magistrato e il burbero esattore. / Il commerciante, se non sa gabbare, / vuol dir che non conosce il suo mestiere, / e se non gabba, certo non sa fare / l’industrial, l’agricoltor, l’artiere: / gabba l’ultimo pivello, / gabba questo e gabba quello: / oh gabbamondo! / quale mestiere trovate più giocondo? /… Ma un giorno in mezzo a questo baccanale, / si leva dei politici la schiera, / dicendo: qui le cose vanno male, / se non si cambia il vento e la bandiera; / se si prende questo aire, / dove mai si andrà a finire? / perché ogni gioco / è bello appunto quando dura poco. /… Si insegnerà che tutti siam fratelli e che innanzi alla legge siamo uguali; si insegnerà che, come ai tempi belli, / l’amor di patria deve metter l’ali; e che poi la religione, tra le luci, è il gran lampione, / che può guidare / questo disperso gregge a pascolare. / E così, continuando la baldoria, gli uomini diplomatici e avveduti / credono di gabbare anche la storia, / co’ eserciti comprati e poi venduti. / Ma, ad un tratto, ecco il buon Dio / dice: qui ci penso io; / chi v’ha insegnato / che qualcheduno mai m’abbia gabbato? /… Voi liberi accordare vi potete / sul campo immenso delle buone azioni, / ma, se scegliete il male, incontrerete / sciagure, guerre e rivoluzioni; / e chi, col suo allegro fare, / crede infine di gabbare / il Padreterno, / sceglie anche lui, ma scegliesi l’inferno.
Nessun commento:
Posta un commento