L’acqua è un diritto, non una merce.
E adesso voglio “copiare”, si! Copiare di sana pianta Mario Capanna. Precisamente un passo del suo libro: “Per ragionare”. Precisamente le pagine 161 e 162.
“L’acqua è una necessità fondamentale”, ma non è un “diritto” per tutti gli esseri umani: così ha sancito il proprio fallimento il V° Forum mondiale sull’acqua, concluso a Istanbul nel marzo 2009.
La distinzione non è di poco conto: se qualcosa è un “diritto” (come quello alla vita, alla libertà, all’istruzione ecc.), l’autorità pubblica ha il dovere di garantirlo. Se invece è una semplice “necessità”, sebbene fondamentale, è sottinteso che ognuno si arrangi.
Attualmente circa un miliardo di persone manca di acqua potabile e l’ONU valuta che fra vent’anni metà della popolazione mondiale sarà nelle stesse condizioni.
Se non si inverte la tendenza, le prossime guerre saranno per l’acqua, molto più che per il petrolio.
Il problema dell’acqua è simmetrico a quello della fame nel mondo: come a mancare non è il cibo (come già detto, ce n’è a sufficienza per sfamare il doppio degli stomaci attuali) ma le risorse per acquistarlo, così la carenza non è di acqua ma della sua distribuzione e utilizzo. Per esempio: un’agricoltura più efficiente non consumerebbe più il 70 per cento delle risorse idriche, come oggi avviene.
La privatizzazione dell’acqua, non risolve il problema: lo aggraverebbe, riempiendo le piscine di chi può e lasciando a secco chi non può.
Dare via libera alla tentazione del profitto, di ridurre anche l’acqua a merce, produrrebbe risultati catastrofici.Al contrario l’acqua va considerata un diritto, come il cibo, come l’aria.
Se uno ci impedisce di respirare, provocandoci la morte per asfissia, è imputabile di omicidio. Non dovrebbe essere lo stesso se ci impedisce di bere?
L’Organizzazione mondiale della sanità calcola che ogni dollaro investito in acqua e misure igieniche può determinare un beneficio economico fra i 6 e i 12 dollari.
Dunque: perché non manchi l’acqua, la politica deve smettere di… fare acqua.
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