Diceva (se ben ricordo le parole giuste) una canzoncina vastese: “Me vulesse fà ‘na case a la marine, Marié / sovra la vriccilelle di lu mare / ....”. Farebbe pensare che, sognando una casa in quel luogo (da abitare con l’agognata Marié), si volesse intendere di fare anche della Marina un posto d’abitare, in sostanza un altrettanto luogo-città del Vasto.
Di anni ne sono passati tanti da allora e la “Marina” in termini urbanistici è cresciuta e tanto (si dice forse troppo), ma il vastese, a quanto pare, continua a pensare “a la marine” sempre e soltanto per andare a farsi un bagno d’estate, al più a prendere e gustare “scuija scuije” cioccole nere e pelosi. Poi torna in città, in attesa della “riapertura della stagione”. Si sa.
Pensavo a questo leggendo uno dei sarcastici e combattivi blog-post di Francesco Paolo D’Adamo, indignato per come e di quanto vergognosamente siano trascurate le bandiere esposte sul Palazzo Comunale di città. Ho ripensato così ad altre ma analoghe bandiere che in ben più misere condizioni e per altrettanto e forse maggiore incuria sono state e forse restano esposte alla Marina, senza che mai nessuno abbia pensato di dire un “Ah!” “Che modi!”, o altro di peggio ma necessario ancora. Del resto nell’estate scorsa avevo fotografato uno stemma di Vasto messosi e lasciato di traverso su una tabellone-mappa comunale a Piazza Fiume (alla vecchia Stazione) senza che qualcuno intervenisse per ‘aggiustare’ “la cosa”, che qualcuno ha voluto dire sulla Rete “minima” e in realtà segno-significante, come le bandiere.
Ugualmente, ho avuto modo in questi anni di osservare (fotografando e pubblicando, ancora per nulla) del come indecentemente, sotto ogni profilo, ambiental-turistico e urbanistico, sia tenuto da anni, in particolare, il tratto di spiaggia adiacente il lungomare Cordella da parte di un Concessionario con prospiciente albergo, senza che l’Amministrazione e altra Autorità, o magari lo stesso Consorzio dei balneatori, siano intervenuti a far capire che “non è quello il modo” e che “ ciò si traduce con un danno per tutti”. Sanzionare e intervenire sarebbero da paese civile e consapevole, ma qui da noi nenanche a pensarlo.
Eppure anche qui, come per stemmi e bandiere, è questione di rispetto (reale e non formale) di ciò che è o appare “pubblico”, fosse anche una proprietà privata (ricordo una sentenza del Tar al riguardo); trattasi di cura dell’immagine per una località balneare che vuol proporsi e promuoversi turisticamente. Il primo è necessario, il secondo punto è per lo meno opportuno. Parrebbe ovvio, anche solo pensarlo, ma - come direbbe il mio amico Giovanni, passeggiando in Centro - ... “Ma a chi li vi a ddice? Aècche ‘nin ti sente nisciune!”. In realtà, più che non sentire, non vedono, e se vedono, quelli che stanno nel Palazzo, hanno cose “più serie” cui pensare: del come “mantenersi in vita” politicamente, tanto per cominciare. Altro che stare a pensare alle bandiere (agli stemmi) e ...a “la case a la Marine” con annessa spiaggia e mare, caro l’Archidadamo, amico mio!
G. F. Pollutri
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