lunedì 18 luglio 2011

Ma "mo" che c'entra?


Scusate se divago ma:
Alzi la mano chi sa cosa dicono i sostenitori del No-TAV in Val di Susa oggi.




Ci chiediamo come un cittadino "normale" che non si sforza di informarsi ma si limita a leggere i giornali, guarda le televisioni e sente la radio possa avere una informazione completa di cosa significhi "TAV Torino-Lione".
Dopo aver visto per giorni e giorni interventi su "La Stampa" di sottosegretari, editorialisti, presidente di Unione Industriale di Torino, tutti favorevoli al TAV abbiamo deciso di fare anche noi un editoriale e lunedì mattina abbiamo inviato al Direttore e al capo cronaca de "La Stampa" un documento molto "tranquillo" di Mario Cavargna.
Non è stato pubblicato, mentre continuano ad apparire servizi dove i No TAV vengono presentati come dei buontemponi, che non sanno cosa fare e si divertono a passare giorni e notti al freddo nei presidi.
Pubblichiamo di seguito il documento di Mario Cavargna, perchè l'informazione circoli al massimo, sperando che la gente "comune" capisca l'inganno TAV e la disinformazione totale che lo sostiene.
Recentemente su “La Stampa” sono stati pubblicati vari interventi di esponenti politici a favore della linea TAV Torino-Lione e negli ultimi giorni quelli dell’editorialista Luigi La Spina e del presidente dell’Unione industriale di Torino, Gianfranco Carbonato. Per una corretta informazione riteniamo si debba anche sentire la voce di chi, come Pro Natura Piemonte, approfondisce quotidianamente, da circa vent’anni, questa delicata questione e ha una serie di motivazioni che richiederebbero pagine di questo giornale per spiegare i motivi che ci vedono contrari. Solo dopo che si sarà fornita un’informazione completa i cittadini potranno decidere con piena conoscenza. Oggi non è così.
Nel commento alla vicenda della Torino-Lione di Gianfranco Carbonato siamo d’accordo sul titolo: “Prigionieri di una piccola minoranza”. Ed è proprio così una piccola, anzi piccolissima minoranza di finanzieri tiene prigioniera l’economia reale, imponendo che un patrimonio pubblico, come sono le risorse dello Stato, create dal contributo e dal lavoro di tutti, sia sperperato a vantaggio di privatissimi guadagni connessi al momento della costruzione, slegati dai costi e dalle necessità reali, nonchè dai dati tecnici che dovrebbero giustificare l’opera. Siamo di fronte all’unica proposta di grande infrastruttura che nei venti anni dalla sua presentazione non si è mai confrontata con i dati reali di traffico che dovrebbero dimostrarne la necessità. Ed anzi, continua a promuoversi anche quando questi dati, da anni, vanno in controtendenza rispetto alle mirabolanti promesse fatte a suo tempo.
In 15 anni, dal 1994 al 2008, l’insieme del traffico merci autostradale dei tunnels del Frejus e del Monte Bianco (che vanno considerati insieme perché sono interdipendenti) è sceso da 26,5 milioni di tonnellate a 20,8 milioni di tonnellate, con un calo del 21% anche senza considerare la crisi del 2009. Oggi i due tunnels insieme hanno il traffico che avevano nel 1989! La ferrovia del Frejus è andata anche peggio e nel 2008 è diminuita del 40% rispetto al 1994. Da notare che si tratta di una linea ferroviaria che per metà era stata inaugurata alla fine degli anni ’80, e comunque che si colloca allo stesso livello delle ferrovie del Brennero, che nello steso periodo è cresciuta del 70%, e del San Gottardo, che si è accontenta di un aumento del 17%. La realtà è che i valichi alpini italo francesi mettono in comunicazione delle economie mature che ormai hanno meno prodotti da scambiarsi rispetto a venti anni fa, nel quadro globale che ha visto la crescita degli scambi commerciali con l’oltremare.
Nonostante questo, Carbonato dice che senza infrastrutture come la Torino-Lione “non siamo in grado di attrarre investimenti produttivi da altre aree”. Ci stupisce che il presidente dell’Unione Industriale non veda il drammatico fenomeno della delocalizzazione industriale a vantaggio di paesi come Romania e Polonia, tanto per citarne due, che hanno una rete di infrastrutture poverissima in confronto alla nostra, ma che attirano perché possono offrire un costo umano sensibilmente più basso. E l’unico modo per vincere questa drammatica sfida occupazionale è quello di sostenere l’innovazione e la ricerca industriale, non sperperare almeno 15 miliardi di euro in un progetto vuoto come la Torino-Lione.
Sulle pagine dello stesso quotidiano, il parlamentare europeo Paolo Costa, presidente del gruppo di lavoro incaricato dall'Unione Europea di seguire i grandi progetti infrastrutturali, gli fa eco sostenendo che bisogna sostenere la Torino Lione per difendere gli interessi del paese, e sogna il porto di Venezia come posto di ingresso delle merci per la Francia, provenienti da Suez, e quello di Genova per le merci destinate al Centro Europa. Anche qui sembra che parlino persone fuori dal mondo, perlomeno fuori dalle carte geografiche. È possibile che non abbiano notato che chi viene da Suez e naviga per Gibilterra, per raggiungere Genova e tanto più Venezia, deve deviare a Nord, e pertanto che una portacontainer, per andare a Rotterdam impiega solo 4 giorni in più, e che questo viene ad incidere solo per 100 dollari a container? E loro pensano di poter caricare un container su camion, pagare il camion, la ferrovia veloce, il tunnel di base ed il trasporto oltralpi per 100 dollari?
La gente della Val di Susa non è gente fuori dal mondo: da venti anni si oppone a questa linea, e continuerà ad opporsi perché è una valle che vive da sempre la realtà dei trasporti e dei collegamenti, e quindi, su questo tema, è impossibile ingannarla. E l’unico confronto possibile, che è quello di discutere dei dati reali di traffico, non è mai stato fatto, neppure dall’Osservatorio.

Mario Cavargna

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