Se in bianco (o in rosa) è da vivere, tra la folla, la notte. Un
…”Facite Ammuina” come vi pare, e le minzioni là dove capita.
Fanno di certo lucro le hostarie, i dispensatori di bevande, nel
caso varie e copiose. Va bene, per essi naturalmente, per l’economia locale,
perché no! Ma: è proprio questo, sta tutto qua, quel che si vuole da tale
manifestazione di città e di folla? Si comincia ad avere seri dubbi.
Dopo la “bianca” ultima di Vasto,
ma pari, pari si può dire per altre “notti”
di vario titolo di altre località, chi ha commentato l’evento, in Rete o su stampa, ha parlato di “movida”
(termine esotico latino-americano che tanto attrae i giovani), o, più
prosaicamente, come …“tanta gente in giro”.
E null’altro, per la verità, giacché anche la musica, posizionata e diffusa qua
e là, più che da ascoltare, è una sorta di colonna sonora frastornante quanto
funzionale: spingere tutti a “rimenarsi”, seguendo la corrente, da una parte e
l’altra della città. Tanto che viene a mente un noto “Comando” dettato ai
militari dell’esercito di “Franceschiello”. Lo si dice “un falso storico”, ma non è poi tanto
lontano dal vero, ancor oggi. Per giustificare ed avvalorare la folla degli
‘arruolati’, per un compito di alcun senso o fine, ad essi si prescriveva: All'ordine “Facite Ammuina”: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa e
chilli che stann' a poppa vann' a prora:
chilli che stann' a dritta vann' a sinistra (…) passann' tutti p'o stesso pertuso, … e chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à"!
chilli che stann' a dritta vann' a sinistra (…) passann' tutti p'o stesso pertuso, … e chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à"!
Al tempo di Histonio nostro, quando la lingua del conversare era ancora quella di
Roma, qui come in ogni romano municipio
si elargiva alla plebe “panem et
circenses”: un po’ più di cibo e bevande per soddisfare stomaco e voglia
culinaria, spettacoli vari per ‘spensierare’ chi di norma assai nel quotidiano
faticava e penava.
Anche nell’oggi, che plebe più non ci si considera, ma gens, seppur sempre più “di massa”, i capi-popolo, si dicano essi ‘populisti’
o ‘progressisti’, per dare distrazione a
quelli della civitas come quelli
dell’ager, si sentono in dovere di elargire festa, e per
essa spettacoli. Con una differenza, non da poco, e di certo non è una
progresso di civiltà. Nell’Evo che fu, il popolo assisteva allo spettacolo dato,
nei teatri o nelle arene, da istrioni o gladiatori, da auriga su carri in corsa
o da aedi o musici. Oggi, nelle “notti” a vario titolo o con
diverso nome denominate, gli spettatori si sono mutati essi stessi in attori o
comparse, per un recita ex-tempore che
mette in scena …la stessa “folla” inscenante.
Quanto poi al soddisfacimento dei bisogni corporali, dell’emissione d’urina in particolare, mentre al tempo di Roma e di Histonio nostro i “vespasiani” erano già stati ideati e messi a disposizione della plebe, al giorno civile d’oggi - incredibile dictu o, come si dice nel Vasto, ‘nin ci si pò crete - nessun governante ha idea che le dette fisiologiche impellenze da qualche parte - nei vicoli urbani o dove capita, indecentemente che si dica e che siano - hanno giocoforza da espletarsi. Abbondanti nell’effusione, non meno delle bacchiche o dionisiache effettuate libagioni.
Pasquino d’Histonio
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