Dopo il caso Lusi che ha investito la ex-Margherita e il suo gruppo dirigente, dopo lo scandalo della famiglia Bossi e compari, che ha travolto la Lega, i partiti sembrano improvvisamente animati da un’ansia di redenzione che, più che entusiasmarci, ci lascia perplessi. Improvvisamente pare che si siano messi d’accordo su un disegno di legge che dovrebbe rendere il finanziamento pubblico dei partiti davvero trasparente e controllabile. Il guaio è che continuano a dimenticarsi di un referendum popolare che aveva abolito questo finanziamento, poi reintrodotto con la gherminella dei rimborsi elettorali. Ma se i partiti sono organismi che debbono raccogliere il libero consenso della società civile, e ciascuno di quella parte che ne condivide l’indirizzo politico, non si vede perché debbano essere finanziati anche da quei cittadini contribuenti che hanno in materia idee del tutto opposte. La vera trasparenza consiste nel raccogliere autonomamente i fondi di cui hanno bisogno, nel fare conoscere ai loro elettori chi sono i finanziatori e nel sottoporsi poi al giudizio degli elettori debitamente informati. Dimmi chi ti paga e per quali motivi, e ti dirò se posso votarti. E non vengano a raccontarci che il finanziamento privato aumenta la corruzione, perché accade esattamente il contrario. Se fossi un elettore americano chiamato a scegliere fra Obama e Romney, sapendo che entrambi ricevono il sostegno di determinate lobby oltre che di singoli cittadini, non avrei esitazione a votare Obama. I soldi pubblici non purificano un bel niente, la famiglia Bossi insegna.
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