Di Felice Monteferrante
La
vicenda M.P.S. ormai da giorni sotto l’occhio indagatore dei media (forse
tardivo ed ipocrita vista l’inchiesta di “Report” di qualche mese fa) dopo
l’articolo di Marco Lillo sul “Fatto Quotidiano” inducono alcune riflessioni :
al netto delle vicende giudiziarie, dall’ acquisizione di Antonveneta (strapagata
più di 10 mil. Euro) ai derivati dai nomi esotici (Santorini ed Alexandria) ,
al vaglio di 2 Procure quella Siena e di Milano e della g.d.f che sta indagando
anche su una pista Svizzera dove 2
manager della banca , detti mister 5%, costruivano contratti di finanza
derivata per abbellire i bilanci , a
vantaggio anche delle 11 banche che elargirono il credito per l’operazione
Antonveneta, ed elargire maxi dividendi
ad altri notabili della stessa banca.
Dov’erano
Bankitalia , la Consob
, l’A.B.I. del dimissionario Giuseppe Mussari ma soprattutto il Tesoro che
esercita o avrebbe dovuto farlo il
controllo delle Fondazioni Bancarie ?
Infatti
la Fondazione M.P .S.
detiene il 34,9% delle azioni (ad onor del vero la sua quota fino a poco tempo
fa era del 49% ) ed il suo c.d.a. è composto da 16 membri , 13 dei quali di
nomina politica.
Fin
qui nulla di strano ne di illegale , visto che dalla legge Amato del 1990
conferenti) passando attraverso la legge1994
(legge n. 474 eliminazione controllo pubblico (nascita degli enti necessario delle conferitarie ed
incentivazione alla diversificazione del patrimonio) alla legge Ciampi del 1998
(nascita delle fondazioni come enti di diritto privato) alla legge Tremonti (tentativo
di rendere le Fondazioni enti strumentali degli EE.LL. con possibilità degli
stessi di stipulare contratti di finanza strutturata) solo in parte corretta
dalla Corte Costituzionale alla sentenza della stessa Corte che nel 2003
ribadiva che le fondazioni appartengono all’organizzazione delle “libertà
sociali”.
Tutto questo fu fatto perché l’ U.E. imponeva ai
suoi Stati membri di:
n
Superare il modello dell’ente pubblico nell’esercizio dell’attività
bancaria
n
Avviare il processo di ristrutturazione del sistema bancario
n
Mantenere il controllo pubblico delle banche
n
In definitiva di liberalizzare i mercati finanziari e le normative che ne
derivavano servivano a ciò , rendere più appetibili gli assett bancari agli
investimenti esteri.
n
Così le già citate leggi servirono a ciò ma il quadro normativo completo
è sotto riportato in chiave cronologica.
Legge n. 218/90
(legge “Amato”)
A seguito della trasformazione delle ex banche
pubbliche sono risultate:
- Fondazioni;
- Spa (100% possedute dalle Fondazioni).
Le Fondazioni devono detenere la maggioranza del
capitale delle Spa.
Legge n. 461/98 (legge “Ciampi”)
d. lgs. n. 153/99
Le Fondazioni devono cedere il controllo entro 4
anni (31.12.05) e le operazioni sono incentivate fiscalmente. Le Fondazioni
sono soggetti privati con piena autonomia statutaria e gestionale, sottoposti
alla vigilanza del Ministro dell'economia.
Legge “Tremonti” (art. 11 L . 448/01)
Profonda revisione principi legge “Ciampi” e come
detto ridimensionato dalla Corte costituzionale.
Art. 4.4
DL n. 143/03
Eliminazione del termine per le piccole fondazioni
per dismettere il controllo.
D.M. n. 150/04 di attuazione della Legge “Tremonti”
Emanato secondo i principi definiti dalla Corte Costituzionale
Legge n. 474/94
Viene eliminato l'obbligo per le Fondazioni di
detenere la maggioranza del capitale delle Spa; la cessione delle
partecipazioni è incentivata fiscalmente (Direttiva “Dini”).
Commissione Europea (ottobre 2000)
Commissione UE (23 agosto 2002)
Le norme fiscali della legge “Ciampi” per le
fondazioni non costituiscono aiuti di Stato solo parzialmente corretto da un
decr. del governo Monti che non li esonera più dal pagare l’I.M.U.
In tutto l’iter di questo quadro normativo le
Fondazioni bancarie restano Enti di diritto privato il cui fine è amministrare
il patrimonio essere azionisti delle banche e svolgere un ruolo di pubblica utilità.
Prima dello scandalo M.P.S. molti economisti avevano
messo in dubbio l’utilità delle Fondazioni bancarie.
basti pensare agli articoli di Zingales, Perotti e
Boeri sul Sole 24 ore e dello stesso Zingales l’ incontro- scontro col
presidente dell’A.C.R.I Guzzetti reperibile sul sito di radio radicale.
E non è certamente un luogo comune affermare che,
dalla loro nascita le Fondazioni bancarie sono diventate terreno di scontro
politico di cui nessun partito può dirsi esente.
Come non ricordare lo scontro per la poltrona della
Fondazione San Paolo dove oggi siede l’ex Sindaco di Torino Chiamparino o le
lotte per le poltrone di Cariplo o di Ca’ Verona.
Il punto però non è quello di sapere se nei c.d.a.
delle Fondazioni siedono politici trombati o yes man, quanto quello di capire
se le stesse svolgono quel ruolo che la legge le conferisce.
Delle 88 Fondazioni ( più quella delle comunicazioni
) presenti in Italia molte hanno assolto al loro ruolo, soprattutto quello di
valorizzare i territori di loro competenza attraverso interventi mirati alla
valorizzazione del patrimonio esistente, come il restauro di monumenti e di
palazzi di particolare pregio, la salvaguardia di musei o il recupero del
patrimonio librario sia pubblico che privato oltre agli interventi di carattere
sociale e filantropico.
Se questo è stato possibile lo si deve soprattutto
ad amministrazioni locali oculate, indipendentemente dal loro colore politico,
che hanno saputo cogliere le opportunità dei finanziamenti, non solo delle
fondazioni bancarie ma anche di quei fondi europei troppo spesso non utilizzati
per mancanza di progetti ( questo è un altro tema da approfondire soprattutto
da quando al dicastero della”coesione territoriale” siede il ministro Barca
bravo ad avere sbloccato molti fondi incagliati nelle pastoie burocratiche a
vantaggio soprattutto delle Regioni del sud ed ora impegnato nella
ricostruzione del Centro Storico dell’Aquila .)
Queste amministrazioni hanno saputo aggirare quel
patto di stabilità imposta dall’‘U.E. che non consente neanche a quei Comuni o
altri Enti locali virtuosi, di utilizzare i loro attivi di bilancio per fare
investimenti sui loro territori come strade, ristrutturazione di plessi
scolastici e di asili, prevenzione del dissesto
idrogeologico ecc.
In questo modo hanno ridato ossigeno a quelle
imprese, soprattutto artigiane ed edili ma non solo, in crisi di liquidità
anche per le nuove “regole di Basilea” che impongono alle banche di valutare il
“rating” delle aziende in modo più stringente che in passato e esse stesse di
avere coefficienti patrimoniali più alti.
Per
ironia della sorte e della storia nel Costituto del 1309 ( una Costituzione
ante litteram che per la prima volta veniva scritta in una lingua accessibile
ad un pubblico ampio, nell'intento che ogni cittadino sentisse ancor più sua la
“cosa pubblica”. ) di Siena si legge: Chi governa, deve avere a cuore
“massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai
forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini”
.
E che il bene della collettività dovesse necessariamente passare dalla
condivisione e dalla trasparenza e fosse al centro degli obiettivi del governo
senese di quel periodo, lo dimostra anche il fatto che pochi anni dopo venne
dato incarico ad Ambrogio Lorenzetti di dipingere in una sala di Palazzo
Pubblico le ormai celeberrime allegorie con “Gli effetti del buono e del
cattivo governo”, una sorta di ulteriore traduzione - questa volta “visiva” -
dei principi che il Costituto Senese faceva propri e che così potevano essere
alla portata anche di chi non sapeva leggere, nel segno di una classe dirigente
matura, che non temeva di aprirsi e dichiarare i suoi intenti di conduzione
della res publica, rendendo consultabile il proprio progetto politico.
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