Di Giuseppe Pollutri
Va beh ...! Questo è, mi veniva da pensare, qualche giorno fa, leggendo e riguardando alcune delle tante visual-pubblicità che ci pervengono giornalmente dalla Rete o dalle innumerevoli riviste d’arredo o di chic-home consumo. Qui, in particolare voglio descrivere, per poi annotare due “proposte”.
Una Cucina (da guardare) - La prima proposta consumistica riguarda al tempo stesso l’arte e l’arredo, o l’arte in arredo, magari definibile a mo’ di slogan: “Se l’arte ti fa l’arredo”.
L’habitat
domestico in questo caso è quello del dove e con che in casa si cucina, e insomma
ci si prepara da mangiare. Primaria necessità vitale, luogo insopprimibile,
seppur ridotto nelle nuove costruzioni in modo sempre più generalizzato come
“angolo K”.
La
proposta di “xlaCasa (home inspiration)”
è ...: “La
cucina cubista”!
E' opera dello “Studio Design
Gemelli”, con sede in Bulgaria. Questa cucina appare propria figlia o
traslazione fattuale dell'arte cubista. Scomposizione delle linee e rottura
visiva della composizione la rendono sicuramente unica e originale. A vista, può
piacere o non piacere. Lo slogan a corredo dice “La cucina cubista esiste”. Mi domando a) dove, b) dove è possibile
metterla, c) con quali quattrini da poter spendere e, non ultimo, d) per quale
funzionalità vera. Può esserci ma qui, nella descrizione, non è detto (parrebbe
un optional, se non un eventuale ...abuso
e profanazione). Così è data e pubblicizzata:
tutta da guardare per immagine, e farla
propria appare soltanto un possibile sfizio
per chi – gusto a parte – se lo può economicamente permettere, anche perchè una
tale cucina-ambiente vorrà, o presupporrà, un’analoga prosecuzione nel resto dell’abitazione.
Ma c’è (da dire) dell’altro. Fattore
economico di acquisizione a parte, questa colorata e forse troppo
cromaticamente giocata, insolitamente extraspigolosa,
cucina “cubista” mi dà l’idea di porsi anch’essa quale ...innovativa I(n)stallazione dell’arte contemporanea,
quella considerata più “a la page” o più ”in”. Per un verso e per un’altro riprende
commercialmente l’attuale tendenza di fare di ogni “manufatto, composto o
componibile” un Opera, per sottinteso “d’Arte”. Se si vuole: ...un Ready-made (by Duchamp) al contrario; di
un “oggetto” funzionale se ne fa un qualcosa da mostrare. In questo caso poi il contemporaneo si riappropria
dell’Arte Moderna, ovvero di un tempo culturale in cui la pittura (ancora
quella e per restare a questa) voleva sì “dire-comunicare
qualcosa”, ma ancora lo faceva restando all’assunto che un quadro per poter
essere efficamente ‘bello’ deve essere dipinto da chi ...“sa dipingere” e da
chi immette e distende colori su un supporto a ragione - poetica e tecnica - avveduta.
D’accordo, ma pur apprezzando per solito il bello e il buono della vita e delle cose, a me è venuto da pensare, e qui ad altri lo dico:
- Ma a quale Paese Italia questi prodotti e merci si rivolgono? E
ancora, come corollario: - Non sarà forse che a fronte di quei cittadini
che vivono in povertà e pre-miseria, o
arrancano sempre più a fatica (o con espedienti, tipo ...“acquista oggi il
pane di ieri, al 50%”) per restare
possibilmente “classe media”, ne esiste e non meno un’altra, anch’essa reale,
più danarosamente modaiola, bene-stante e festante?
Giuseppe F. Pollutri
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