Di Giuseppe F. Pollutri
Una manifesta(ta)
vergogna, privata e pubblica
Nel disordine e trascuratezza,
incredibilmente causati e tollerati alla Marina di Vasto, luogo che dovrebbe
essere dato e tenuto anch’esso come ‘urbano’ e, ancor di più, con il fiore all’occhiello
che recita “Turismo”, c’è anche quello delle “affissioni abusive”. Una
‘manifesta’ vergogna e un tollerato imbrattamento che, specie in estate, sono
sotto gli occhi di tutti, messi in atto da parte di chiunque e per ogni dove.
Non starò qui a disquisire di leggi, di regolamenti comunali, permissivi o impotenti di fatto alla luce di sentenze giudiziali che in questa nostra Italia permettono impunemente di affiggere “a proprio piacere, o interesse” senza rischiare sanzioni di sorta. Si sa di assoluzioni per ...“mancanza di prove sulla responsabilità in merito
alla violazione”. Un’applicazione della legge tutta formalistica e non sostanziale con i conseguenti deleteri effetti che tutti vediamo e subiamo. Qui, peraltro, per chiara incompetenza giuridica, non mi avventuro ad aggiungere altro nel merito. Mi permetto però di osservare come questa ‘tolleranza’ sia, oltre all’innegabile bruttura urbanistico-ambientale, un dare l’idea, sbagliata ma possibile, che la legalità e il rispetto di ciò che è pubblico è cosa assai teorica, se non risisibile.
Non starò qui a disquisire di leggi, di regolamenti comunali, permissivi o impotenti di fatto alla luce di sentenze giudiziali che in questa nostra Italia permettono impunemente di affiggere “a proprio piacere, o interesse” senza rischiare sanzioni di sorta. Si sa di assoluzioni per ...“mancanza di prove sulla responsabilità in merito
alla violazione”. Un’applicazione della legge tutta formalistica e non sostanziale con i conseguenti deleteri effetti che tutti vediamo e subiamo. Qui, peraltro, per chiara incompetenza giuridica, non mi avventuro ad aggiungere altro nel merito. Mi permetto però di osservare come questa ‘tolleranza’ sia, oltre all’innegabile bruttura urbanistico-ambientale, un dare l’idea, sbagliata ma possibile, che la legalità e il rispetto di ciò che è pubblico è cosa assai teorica, se non risisibile.
Pure, se - soprattutto da
parte di organizzatori ed esercenti le pubbliche attività -si ha il diritto e
la possibilità di promozionare, con manifesti e locandine, eventi e
manifestazioni, non credo che sia civico-sostenibile
l’imbrattamento di ogni arredo o supporto urbano, privato e pubblico, da parte
di costoro. Non sono a conoscenza del come in altri posti, più di noi ‘urbani’
e civili, ci si regoli in materia, ma
certamente nessuno può pensare e sostenere che la diffusa pratica e la evidente
tolleranza di tale abuso e malcostume siano da accettare in silenzio. Nei
riguardi dei privati possiamo soltanto rivolgere l’invito a considerare che “così non è bello” o che “non è così che si rende attraente un posto
turistico”. Sociologicamente si dirà, come a risposta: “E’ un fatto di
cultura”... Certo mancante, specie di quell’ambientalismo umanistico di cui vado
scrivendo e annotando. Ma è noto come sia del tutto utopico pensare che il
mal-affare, di qualsiasi genere, possa essere represso o impedito con le
esortazioni. E dunque, inevitabilmente, un cittadino non può che chiedersi, per
quanto in argomento (un aspetto settoriale di un generale malcostume e inaccettabile
sine-cura pubblica) del ‘cosa’ pensano di fare ed attuare i pubblici
amministratori, dal momento che è loro specifico compito provvedere a tenere il
luogo amministrato ordinato e ...civicamente sostenibile.
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