Di Giuseppe F. Pollutri.
Ho visto da me quel che da qualche tempo in qua
viene denunciato, descritto e mostrato, su blog e siti internet, sulla rovina
crescente - ineluttabile ove non si ponga mano alla bisogna - dell’ultimo e più
suggestivo, ma mai del tutto acconciato, tratto del Lungomare Cordella, fronte
i primi scogli e La Bagnante. Che poi –
diciamolo - questa è soltanto una delle
faccende di cui noi, da cittadini, ci preoccupiamo, mentre gli amministratori
pubblici hanno testa e non-passione altrove e per altro.
Prima o piuttosto poi, come altra rovina
palmarborea docet : - Qualcosa, sicuramente, si farà! Ma se la faccenda è tale da farci
riflettere, con qualche ragione, ancora mi chiedo, e vorrei chiederlo ad altri,
responsabili per loro definita e inovviabile competenza: - E’
mai possibile – dico - che si consideri “Ambiente” (Vitello d’Oro da innalzare, tutelare,
conservare, preservare, infiocchettare, patinare..., con ogni modo e mezzo) l’eremo nostro d’Aderci, e non quello a noi
più prossimo della (Vasto) Marina? Questione di “priorità”? No. E’ che per
taluni il natural-ambiente “è bello, sacro e giusto”, mentre l’habitat, lì dove la gente
quotidianamente dimora e vive, è (o così si vuole che sia o rimanga) a malapena
concepibile, indicibilmente concesso e malamente sopportato.
Dice una nostra cara e
un tempo frequentata canzone: - Mi vulesse fa ‘na casa a la marine...! E
io, con analogo e vivo desiderio questo ho fatto; da me, quanto ad altri il
padre, madre o nonni, hanno lasciato, in entrambi i casi con sacrificio e
privazioni ... Eppure oggi devo pensare
che male ho fatto. Non perchè un iniquo e prevaricatore Stato mi sottrae, a
piacer suo, porzioni di reddito d’ordinaria e modesta pensione (giacchè la mia
è...“seconda casa”: “roba da ricchi, ...da mandare all’inferno”); non perchè ho
poi scelto “la rena” anzichè “la vriccilelle”
della nostra varia e articolata costa..., ma perchè me la devo tenere (pagante
di certo, ed anche di più, ma ...senza
diritto di elezione, avendo residenza altrove) dove l’ordine e la cura, la
funzionalità confortevole e civile, o l’Arte che fa bello il luogo (come ...in The Dunes!), non esiste e chi di
dovere non pensa affatto che debbano esserci. Col senno di poi”, ...la casa dovevo prenderla in una “Riserva” (ovviamente una “cogestrita”, si sa) e non in “città”,
centro o periferia che sia. ... Dite che, lì, non me l’avrebbero fatta
costruire? Sappiamo che non è proprio così, o che lo è solo a in parte, solo
per chi può e ha potuto. Nondimeno,
avete ragione a precisarlo, perchè così dev’essere.
Il problema è “la
casa”, la costruzione edile. Quella cosa
che non si può non avere o prendere a pigione, dove crearsi, metaforicamente ma
non tanto, una tana, un riparo, un tabernacolo
d’amore, per redere felice e procreare ancora, per noi e per altri, la vita... L'abitare – scrisse Heidegger, definibile come un “soggiornare dei mortali
sulla terra", è un tratto fondamentale dell'essere dell'uomo. Cosa c’è di più ...ecologico?
Ma si può “abitare” senza averci casa: giardini, piazze,
mezzi di trasporto e camminamenti, fonti di energia e d’approvvigionamento...?
Si può essere società (civile) senza costruire e mantenere regolata ed
efficiente una città e un territorio antropicamente scelto e divenuto luogo per
il proprio vivere? Certo che no! Ma l’abitare, nella realtà contemporanea, è divenuto
a proprio rischio e danno. Insomma: la casa, di per sé, ...non
s’ha da fare!
Don Abbondio è
racconto, invenzione letteraria... I “Bravi”, sfottenti e prepotenti, sono
ancora qui, fra noi.
Per anticipare, in
fondo al mio breve dire, possibili quanto preventivabili obiezioni dei detti
...“bravi”, aggiungo: - E’ il modo, di fare
e non fare, il discrimine, ovvio, Signori! Ed è il modo che ancor ci offende, qui e oggi, sia in Natura che in
Città! E “La Riserva ”,
...teniamocela per riserva, dopo aver
sistemato l’abitare nel luogo che si
è voluto che fosse e sia “La Città ”.
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