Di Felice Monteferrante
Il testo dell’articolo 21 ha avuto origine dalla
proposta del relatore Mortati della Commissione del Ministero della
Costituente, una “precommissione” per la Costituzione. Giunti
all’Assemblea Costituente, due relatori di parte diversa, Basso e La Pira , presentarono un testo
quasi uguale a quello redatto da Mortati; vi furono vivissime discussioni in
Sottocommissione, nel Comitato di Redazione e nell’Assemblea Costituente ma, in
sostanza, rimase quell’impostazione e, con qualche ritocco, il sistema delle norme
proposte. I principali argomenti di dibattito furono:
· affermare solo il diritto alla
libertà di stampa (Lombardi e De Vita) oppure
· predisporre articolate casistiche da
affiancare all’affermazione di principio per guidare il legislatore
(Terracini e Basso);
· distinguere la stampa e le altre
manifestazioni di pensiero (Dossetti), o la stampa periodica da quella non
periodica (Lucifero);
· prevedere o meno l’istituto del
sequestro giudiziario di fronte a reati;
· decidere a chi assegnare il compito
di mettere in atto il sequestro
PRIMO
COMMA Ruini voleva evitare di
inserire nella costituzione dichiarazioni solenni, astratte, di principio, ma
ormai la consuetudine si era già affermata per i precedenti articoli e pertanto
anche nell’art. 21 si trova scritto:“Tutti hanno diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione.”La prima formulazione Mortati diceva “è garantita la libertà di
stampa e di espressione del pensiero con qualsiasi mezzo”; Basso e La Pira proponevano “il diritto
di esprimere liberamente i propri pensieri e le proprie opinioni mediante la
stampa o qualsiasi altro mezzo è garantito a tutti”; il Comitato di Redazione
apportò piccoli ritocchi formali. Calosso intervenne affinché si garantisse la
libertà di stampa “dallo Stato, dal capitale, dalla diffamazione, dalla
pornografia”: sembrò troppo vago e poco giuridico; Andreotti, invece, domandò
che invece di “tutti” si dicesse “tutti i cittadini”: fu considerata una
restrizione non giustificata.
SECONDO
COMMA“La stampa non può essere
soggetta ad autorizzazioni o censure.”Il secondo comma non fu modificato.
TERZO
E QUARTO COMMA“Si può procedere a
sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di
delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel
caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione
dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia
possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro
della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria,
che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.” Cevolotto,
Lucifero e Marchesi non volevano che fosse apposta nessuna eccezione all’affermato
principio di libertà. Cevolotto intervenne: “Potrebbero essere necessarie
limitazioni in casi macroscopici, ma come aprire la via ad arbitri polizieschi?
La libertà di stampa o si ammette senza eccezioni, pur cercando di fronteggiare
in altro modo eventuali eccessi e pericoli, o non si riuscirà mai a garantirla
efficacemente”. Lelio Basso sostenne invece la necessità dell’istituto del
sequestro precedente la condanna da parte dell’autorità nel caso in cui, in
nome del diritto alla libertà di stampa, si fossero compiuti dei reati. Al
termine del confronto anche i contrari convennero sulla possibilità del
sequestro di fronte a reati, ma aggiunsero che “sarebbe stata cosa
pericolosissima ed un’offesa alla dignità della stampa” lasciare questo potere
nelle mani della polizia. Ruini, nella sua relazione sul progetto presentato
all’Assemblea, riferì: “Vietato il regime di censura e di autorizzazione, si è
ammesso il sequestro, col doppio presidio di una precisa designazione da parte
della legge, di reati o di violazioni di norme, e dell’intervento dell’autorità
giudiziaria; non dovrebbe essere consentito alcun altro sequestro; ed è da
sperare che si realizzi un assetto tale da offrir modo al magistrato di
intervenire sempre tempestivamente; ma, ove ciò non sia possibile per
provvedimenti urgenti sulla stampa periodica, è sembrato alla maggioranza della
Commissione che l’accordare all’autorità di polizia una facoltà determinata e
soggetta sempre all’immediato controllo della magistratura, sia preferibile
all’espediente di ricorrere a disposizioni oscure della legge di pubblica
sicurezza, che furono preziose al fascismo ma, ormai, devono essere
abbandonate”.Vi furono poi nuove discussioni riguardo al sequestro: - solo in
presenza di una sentenza irrevocabile del giudice (Perassi e i repubblicani);-
non affidato alla polizia, ma ad uffici giudiziari creati appositamente e in
grado di intervenire in modo rapido (Ghidini e i socialisti);- Andreotti
avrebbe voluto la “formula più restrittiva possibile” per il sequestro.La
preoccupazione di abusi da parte della polizia fu superata dall’intervento di
Aldo Moro che sottolineò come la libertà cessasse di essere tale quando
diventava abuso, e gli abusi dovevano essere colpiti, sia pure per mezzo dell’autorità
di pubblica sicurezza.Dopo aver sostituito le espressioni “reati” con “delitti”
e “ufficiali di pubblica sicurezza”, come avrebbe voluto Togliatti, con
“ufficiali di polizia giudiziaria”, venne dunque approvata la dicitura attuale.
QUINTO COMMA
“La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che
siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.”
Il testo non venne modificato, anche se vi fu un certo
dibattito: Cavallari e Montagnana chiedevano un controllo che garantisse ad
ogni corrente il diritto di stampa; Dossetti propugnava la necessità di
controllare non solo le fonti finanziarie, ma anche le fonti delle notizie;
Fanfani e Gronchi volevano, con spirito profetico, che si regolasse anche
“l’utilizzazione delle imprese tipografiche e di radio diffusione”. SESTO
COMMA
“Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e
tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.”
Il dibattito avvenne in Assemblea dove emerse l’esigenza di condannare in modo più drastico le offese alla morale, al buon costume, alla decenza, e inoltre la pornografia e l’oscenità, non per puritanesimo, ma per reazione all’ondata di pubblicazioni immorali (Nobile e Terracini). Pur con la consapevolezza della difficoltà di distinguere tra arte e pornografia (citarono Boccaccio e Flaubert), furono ritenute necessarie anche misure di sequestro preventivo.
Il dibattito avvenne in Assemblea dove emerse l’esigenza di condannare in modo più drastico le offese alla morale, al buon costume, alla decenza, e inoltre la pornografia e l’oscenità, non per puritanesimo, ma per reazione all’ondata di pubblicazioni immorali (Nobile e Terracini). Pur con la consapevolezza della difficoltà di distinguere tra arte e pornografia (citarono Boccaccio e Flaubert), furono ritenute necessarie anche misure di sequestro preventivo.
Il testo definitivo così recita:” "Tutti hanno
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad
autorizzazioni o censure .Si può procedere a sequestro soltanto per atto
motivato dell'Autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge
sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme
che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia
possibile il tempestivo intervento dell'Autorità giudiziaria, il sequestro
della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria,
che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all'Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto.La legge può
stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e
tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce
provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni."
Un fatto
certamente importante per la nascente Repubblica Italiana: da allora i “media”
hanno avuto un forte sviluppo passando dal IV° potere della stampa al V° della
televisione, raccontati da celeberrimi film, fino al potere del w.e.b. ( si
potrebbe aggiungere il potere della satira oggi però, sempre meno presente e
sempre più accondiscendente al potere): tutto ciò porta l’uomo contemporaneo a
doversi districare in una messe di dati molto spesso contraddittori l’uno
dall’altro:basti pensare che solo a fine “800 un uomo di cultura nell’arco di
un intera vita aveva assimilato informazioni pari a quelle di un solo giorno della
nostra epoca.
Ecco perché il ruolo di una corretta
informazione oggi è così importante:informare
= dare forma ad un evento è forse utopistico e perfino ipocrita in quanto, ognuno
legge ogni dato di realtà in base alle sue convinzioni, alle sue ideologie ed
alle sue esperienze cioè, in funzione della sua bio-grafia: ed oggi molti
studiosi di semiotica, di estetica e persino fisici, sono concordi nel definire
informazione e comunicazione
inversamente proporzionali l’una dall’altra: cioè tanto più cresce la
comunicazione (rumore di fondo) tanto più decresce l’informazione.
Valga come esempio ciò che è
accaduto nella recente campagna elettorale ma soprattutto nel dopo voto: tutti
gli organi di informazione continuano a ripetere, come dei mantra ,che la
campagna elettorale (e come detto il
dopo voto), è stata si soprattutto mediatica (con quasi il doppio delle ore
concesse ai dibattiti politici nei soli due grossi network R.A.I. e Mediaset),
ma ha avuto una larga partecipazione di
piazza non solo quella del Movimento 5 Stelle.
Questo
è certamente vero ma solo pochi commentatori (conservatori e forse per questo
più inclini al ragionamento) hanno cercato di fare un informazione corretta
analizzando i vari slogan e soprattutto i simboli che li accompagnavano.
L’antropologo
americano David I.Kertzer all’inizio del suo libro “Riti e simboli del potere” racconta
un aneddoto prima di enucleare il suo discorso: Il 15 settembre 1810, il
sacerdote creolo Miguel Hidalgo convocò i suoi parrocchiali alla chiesa del
villaggio e li incitò alla rivolta contro l’oppressivo governo della colonia
spagnola del Messico, fungendo così da catalizzatore di una sanguinosa rivolta.
Ancora adesso, due secoli dopo, ogni 15 settembre alle 11 di sera in punto, il
Presidente del Messico si affaccia al balcone del palazzo nazionale a Mexico City sventolando
lo stendardo tricolore. Dinanzi ai cittadini in festa che gremiscono la piazza
centrale, egli fa risuonare dall’alto le grida cerimoniali:”Viva la
indipendencia! Viva Hidalgo! Viva Morelos! Viva Juarez! Viva Mexico!”.Un
tuonante “Viva!” della folla euforica saluta ogni frase e la sua voce
amplificata, risuona in tutta la piazza.
Facendosi
da parte il Presidente suona le campane del palazzo, cui si uniscono subito
quelle della cattedrale nazionale. I fuochi d’artificio illuminano il cielo ed
alla fine colori incandescenti tracciano nell’aria il volto di padre Hidalgo,
in ricordo del momento in cui egli lanciò il suo grido originale di “Viva!” in
quell’oscura chiesa di tanti anni fa.
Dal
congresso del National Party alle cerimonie del giuramento presidenziale, dalle
udienze di una commissione del Congresso al ruggito della folla in uno stadio
di calcio che si raccoglie intorno all’Inno Nazionale il rituale costituisce ovunque parte della vita politica moderna.
Attraverso
il rituale gli aspiranti leader della politica combattono per affermare il loro
diritto a governare, mentre gli attuali detentori del potere cercano di
consolidare la loro autorità ed i rivoluzionari tentano di ritagliarsi le basi
per una nuova fedeltà politica.
Tutte
queste figure politiche, dai capi delle insurrezioni ai campioni dello status
quo, utilizzano i riti per creare una
realtà politica da offrire alla gente che li circonda..
Con
la partecipazione ai riti, il cittadino di uno Stato Moderno può identificarsi
con le più ampie forze politiche che possono essere colte solo in forma
simbolica.
Il
rituale politico ci fornisce un modo di comprendere cosa accade nel mondo,
poiché il mondo in cui viviamo, per
essere compreso, ha bisogno di venire semplificato drasticamente.
Malgrado
ciò, sono ancora una minoranza coloro che riconoscono l’importanza del rituale
nella politica moderna.
Poiché
il rituale viene usualmente identificato con la religione e dato che le moderne
società occidentali hanno in genere separato le vicende della politica dalla
vita religiosa, permane la convinzione che il rituale conservi un significato
politico solo nelle società meno avanzate.
Ma
la società industriale è davvero così diversa nella sua sacralizzazione del
potere? Davvero le scelte politiche sono ora
il prodotto dell’attività razionale dei burocrati ed i fenomeni di
fedeltà politica sono realmente decisi da un’analisi costi-benefici? Per la
gente i governanti sono veramente eguali a loro per l’essenziale? In Polinesia
i governanti temporali si consideravano discendenti degli dei e, come tali,
potevano irradiare il mana, cioè un
potere sovrannaturale:essendo così potenti essi erano attorniati da tutta una
serie di rituali che governavano qualsiasi interazione con i loro sudditi.
Certo
non è che una simile razionalizzazione in termini sovrannaturali del potere
secolare prevalga ai giorni nostri negli Stati Uniti o in altre società
industriali e nondimeno ancora oggi i soggetti dotati di potere politico sono
circondati da una serie di riti che definisce sia il loro rapporto con il pubblico,
sia le loro relazioni reciproche agli occhi dell’opinione pubblica.
Eppure
il rituale politico è sempre stato considerato una parolaccia dagli
intellettuali occidentali educati nella tradizione dell’utilitarismo: questi
intellettuali, accecati dal loro modello razionale dell’universo politico, non
vedono che il rituale avviluppa l’azione
ed il potere politico.
La
rilevanza del rituale in politica è molto più ampia: i Re usavano il rituale
per puntellare le loro monarchie ed i rivoluzionari se ne servivano per
rovesciare i sovrani.
L’èlite
politica impiega il rituale per legittimare la propria autorità ed i ribelli
per combatterla utilizzano riti di delegittimazione.
In
definitiva, se il rituale è essenziale
alla reazione, esso costituisce anche la linfa vitale della rivoluzione.
Pur considerando i cittadini molto più intelligenti
di quanto i politici credano, valga come monito per tutti noi il decalogo per difenderci dall’informazione che imbroglia proposto
da Noam
Chomsky
Attenti alla strategia della distrazione: prende per mano il pubblico e
lo porta dove vogliono i padroni del potere. Rimanda le decisioni impopolari
nei giorni delle vacanze quando nessuno vuole sapere cosa fanno i politici. Chi
vota viene trattato come un bambino: «adesso vi spieghiamo qual è la vera
verità»
1 – La
strategia della distrazione. L’elemento
principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste
nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai
cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica
del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni
insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per
evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della
scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della
cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali,
tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico
occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno
verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per
guerre tranquille”).
2 – Creare
il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si
crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel
pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far
accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana,
oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a
pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà.
Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la
diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 – La
strategia della gradualità. Per
far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col
contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni
socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80
e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità,
disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi,
tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati
applicati in una sola volta.
4 – La
strategia del differire. Un
altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla
come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della
gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro
di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto
immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a
sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio
richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di
abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando
arriverà il momento.
5 –
Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande
pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente
infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di
pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore,
tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge
ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della
suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una
reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno
(vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 – Usare
l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare
un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico
dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta
verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori,
compulsioni, o per indurre comportamenti.
7 –
Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le
tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità
dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e
mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi
inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte
delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 – Stimolare
il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere
stupidi, volgari e ignoranti.
9 –
Rafforzare il senso di colpa. Far
credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie
disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal
modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto
svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione
di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è
rivoluzione!
10 –
Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza
hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui
dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla
neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una
conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il
sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli
conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema
esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore
di quello che la gente esercita su se stessa
Nessun commento:
Posta un commento