Di Felice Monteferrante
La collaborazione tra Gabriele D’Annunzio e Giacomo Puccini
appartiene a quegli episodi della vita dei due artisti tanto noti quanto poco
documentati. Il motivo di questo controsenso non è imputabile alla negligenza
degli studiosi, ma alla materiale incompletezza degli epistolari rimasti: se
infatti è conservata negli Archivi del Vittoriale la
porzione pucciniana delle lettere che il Poeta ricevette dal
1906 al 1922, è andata perduta la maggior parte degli autografi dannunziani.
Quel poco che resta è disponibile nella trascrizione lacunosa e talvolta
inesatta che Leopoldo Marchetti pubblicò sulla «Nuova Antologia» del dicembre
1949.1 Nell’introduzione al carteggio, il curatore avverte che
gli autografi di D’Annunzio – mostratigli da Rita Dell’Anna,
nuora del musicista – si presentavano «alquanto deteriorati dall’umidità del
luogo in cui erano conservati»,2 tanto da
risultare in parte indecifrabili.
A questo inconveniente se ne aggiunge un
altro: l’incerta cronologia delle lettere ha generato errori interpretativi,
alcuni dei quali già noti agli studiosi,3 altri
inavvertitamente radicati nelle trattazioni sull’argomento. È accaduto, ad
esempio, per la lettera pucciniana del 27 agosto 1912, in cui si legge:
Secondo l’interpretazione comune con queste parole Puccini
chiese a D’Annunzio il libretto di tre atti unici, gettando le basi di quello
che più tardi sarebbe diventato il Trittico. In realtà la
corrispondenza tra Tito Ricordi e D’Annunzio chiarisce che era ancora in corso
d’opera il progetto per la Crociata degli
Innocenti, e che Puccini, nella lettera del 27 agosto, comunicava al
Poeta quelle che riteneva le qualità indispensabili per un buon libretto:
varietà, azione, emozione.
Altrettanto duraturo, l’errore di trascrizione della lettera n.
III (9 luglio1906), penetrato nell’epistolario pucciniano curato da Eugenio
Gara.5 Riporto di séguito il passo incriminato nelle due versioni (a
sinistra quella errata e a destra quella corretta):
io
mi preparo a partire per
io mi preparo a partire P[er] Milano
Milano
Sempione Parigi – Debbo
Sempione Parigi – debbo andarci per
andarci
per definire Butterfly
definire Butterfly all’opera Comique –
all’Opéra.
Comunque – ritornerò
Ritornerò tra una settimana circa
tra
una settimana circa.
Questo esempio mi permette di aprire una parentesi sulle
difficoltà di decifrazione e trascrizione della grafia pucciniana, nella quale
spesso non è possibile distinguere tra i segni di interpunzione, tra maiuscole
e minuscole, tra a-capo e di-séguito. Puccini utilizzava regolarmente – al
posto della virgola e del punto – il trattino; abbreviava le parole e i nomi
più frequenti, elideva talvolta persino il verbo, adoperava allusioni ostiche,
gestiva disordinatamente i diversi spazi del foglio. I primi editori delle sue
lettere scelsero perciò di “normalizzare” la sua scrittura, riportandola a una
forma comune, ma – così facendo – la interpretavano.
Inoltre non era inconsueto che il curatore dell’epistolario scegliesse quali
porzioni di testo fosse utile e conveniente pubblicare, censurando i passi
scomodi, eliminando i saluti di rito, la firma, i post
scriptum, le aggiunte in margine. Nel caso in cui siano scomparsi gli
autografi, queste trascrizioni restano la sola testimonianza – sebbene
inadeguata – di cui si possa disporre.
Purtroppo ciò accade frequentemente all’interno del carteggio
D’Annunzio-Puccini, che, oltre ad essere sbilanciato nella sua consistenza,
risulta talvolta inattendibile. Su questa documentazione mutila e malsicura si
è finora basato l’esame dei rapporti tra i due artisti, con la conseguenza che
i giudizi formulati dagli studiosi hanno sempre ricalcato il perentorio
verdetto espresso da Giuseppe Pintorno nel titolo di un articolo del 1988: Puccini e
D’Annunzio: i termini di una impossibile collaborazione.6
Così
il musicologo concludeva il lavoro:
«Puccini e D’Annunzio7
rappresentano due mondi, due mondi compiuti e artisticamente
perfetti, considerandoli dall’interno della loro logica. E, com’è logico, due
perfezioni non possono sommarsi, sovrapporsi, coesistere».8
Poche righe prima di questo giudizio categorico, lo studioso
cadeva però nel tranello di credere originarie e intenzionali le mancate
risposte di D’Annunzio alle sollecitazioni di Puccini:
«La corrispondenza comprende ancora qualche
breve scambio epistolare, dove è evidente che D’Annunzio, innervosito
dall’incontentabilità di Puccini, evitava di incontrarlo, negandosi con piccole
scuse».9
A smentirlo è una lettera rimasta finora inedita,
fortunatamente riemersa nel circuito antiquario e adesso di mia proprietà, in
cui D’Annunzio spiega a Puccini gli equivoci che hanno fatto saltare
l’incontro. Da due altre lettere inedite in mio possesso si ricava poi che
il Poeta, anche in periodi di grandi impegni teatrali, non si
sottrasse mai alle richieste di Puccini, proponendo anzi a sua volta date e
luoghi d’appuntamento. Ma questi fortunati ritrovamenti sono in numero ridotto,
e riguardano perlopiù telegrammi, piccoli biglietti di saluto o comunicazioni
urgenti; il grosso della corrispondenza dannunziana resta perduto, e persino la
lettera menzionata nel Decreto di tutela della Villa di Torre del Lago del 25
marzo 195310 è andata dispersa. Come ricostruire dunque
un carteggio incompleto, il cui interesse finisce per essere offuscato dai fraintendimenti
provocati dal suo infelice stato di
conservazione? Le modalità con cui si svolsero i contatti tra
D’Annunzio e Puccini mi hanno suggerito la risposta: i due artisti ricorrevano
spesso all’opera di alcuni “intermediari”, di solito appartenenti alla cerchia
degli amici. Per D’Annunzio furono Francesco Paolo Tosti, Marco Praga e Carlo
Clausetti, procuratore della filiale napoletana di Casa Ricordi; per Puccini,
otre a quest’ultimo, i suoi editori. Intrecciando perciò la corrispondenza di
D’Annunzio e Puccini con quella dei loro intermediari, il quadro degli eventi
diviene più chiaro, e si allarga oltre i confini in cui era stato ristretto:
risulta infatti
che i progetti su cui il poeta e il musicista lavorarono non
furono soltanto tre (Parisina, La rosa di
Cipro, La crociata degli Innocenti), ma addirittura cinque,
considerando un enigmatico Cecco d’Ascoli, che
D’Annunzio avrebbe dovuto scrivere nell’autunno 1900, e un altrettanto
misterioso “atto unico” in stile elevato, da abbinarsi a una commedia breve di
Tristan Bernard e al dramma La
Houppelande di Didier Gold.
Nuova risulta inoltre l’immagine di un D’Annunzio non
indifferente alla difficile (ma lucrosa) collaborazione con Puccini, e anzi
addirittura interessato a riproporla, dopo due fallimenti, a Carlo Clausetti:11
Ancora più sorprendente è la scoperta di un’intesa – per quanto
fragile – tra D’Annunzio e Puccini sulle premesse teoriche dell’opera in
musica:
«Un dramma umano di alta lirica», dirà Puccini a Giulio Ricordi
due giorni dopo, declinando in modo impercettibilmente diverso (ma
sostanzialmente incompatibile) lo stesso intenso desiderio di rinnovamento.
Attraverso questo sottile discrimine verbale passeranno, è vero, gli equivoci e
le incomprensioni che renderanno infine impossibile un accordo con D’Annunzio,
ma bisogna riconoscere che i tentativi furono sinceri, e che almeno in un caso
(quello della Crociata) l’intesa sembrò vicina. Che Puccini – a
differenza di quanto si scrive – vi credette sul serio lo dimostra la lettura
incrociata dei carteggi, in particolare la corrispondenza privata con Sybil
Seligman (al momento
disponibile solo nella traduzione inglese del figlio Vincent),14
o
col nipote Carlo Marsili, o ancora con l’amico Vandini.
Le lettere a Illica, nelle quali il Maestro dichiara di non
pensare seriamente ad una collaborazione con D’Annunzio, si rivelano invece,
dal confronto con i documenti superstiti, poco attendibili: «Oh
meraviglia delle meraviglie! – scrisse Puccini il 15 maggio 1900 – D’Annunzio
mio librettista! Ma neanche per tutto l’oro del mondo. Troppa distillazione
ubriaca ed io voglio restar in gamba»15.
Qualche mese dopo, però, si lamentava con Giulio
Ricordi delle mediocri proposte letterarie che gli si
offrivano, aggiungendo:
Puccini non voleva scontentare Illica, ma il suo pensiero
andava sempre al «primo ingegno d’Italia»17 (sono
parole sue), che col debutto teatrale della Città morta aveva
ottenuto scarso successo, ma straordinarie attenzioni internazionali. Il
criterio che mi ha guidato nella scelta dei documenti è semplice nella teoria
ma problematico nella pratica: nessuna lettera o testimonianza attinente alla
relazione tra i due artisti avrebbe dovuto essere ignorata, sia che riguardasse
persone coinvolte nelle trattative che solo informate dei fatti. La documentazione
raccolta presentava però gradi diversi di autorità e di interesse, e d’altronde
era impossibile definire un criterio oggettivo su cui stabilire quali lettere
fosse opportuno inserire integralmente nell’epistolario e quali dovessero
essere solo citate nell’introduzione. Ho agito dunque empiricamente, valutando
caso per caso, senza escludere a priori testimonianze estranee all’entourage familiare
o lavorativo dei due autori.
Il successo di questo metodo è dimostrato, a mio avviso, dal
ritrovamento di una lettera del Poeta a Enrico De Leva (compositore e pianista
napoletano) risalente al 2 giugno 1895. In essa D’Annunzio respinge la proposta
di scrivere un libretto d’opera, ribadendo le ragioni per cui l’anno prima
aveva risposto negativamente a una simile richiesta di Puccini:
Si chiarisce dunque quanto si legge nella pluricitata lettera a
Clausetti dell’anno precedente, in cui D’Annunzio non fa parola delle
difficoltà artistiche, e avanza solo richieste economiche:
Se due testimonianze a confronto non bastano a determinare la
realtà dei fatti, ecco una terza lettera chiarificatrice, questa volta inviata
dal Poeta all’amico Francesco Paolo Tosti il 20 luglio 1894:
Altri documenti non epistolari confermano questa tesi: sono gli
articoli che D’Annunzio pubblicò sulla «Tribuna» tra il 1886 e il 1887,21
nei
quali egli si sofferma spesso sulla difficoltà di concepire un libretto
d’opera:
Molto interessante è il confronto fra tre lettere dannunziane a
Tito Ricordi, Giulio Ricordi e Giacomo Puccini, contenenti l’annuncio (con
relativo panegirico) della Rosa di Cipro,
spedite quasi simultaneamente il 7 e l’8 agosto 1906. È evidente il differente
atteggiamento del Poeta con ogni interlocutore: a Tito Ricordi (che sa essere
suo alleato),
spedisce una lettera breve, in cui descrive rapidamente il
nuovo soggetto e domanda il versamento anticipato delle prime due rate «per la
zuppa dei [...] cani e per la biada dei [...] cavalli».23
A
Puccini scrive una lettera più lunga, piena di suggestioni acustiche, di
squarci pittorici, di «fiammeggianti ideazioni»24 poetiche:
«Stamani nel dormiveglia ho ascoltato un
divino preludio al secondo atto della Rosa di Cipro, all’episodio del Convento.
Era l’alba, e sul dolce rombo del mare incominciavano a svegliarsi i riti
[ind.] della vita diurna. Un gallo ha gettato il suo richiamo, un altro gallo –
più lontano – ha risposto. Il primo aveva un grido appassionato e forte, su sei
note. Il secondo rispondeva con le quattro note primitive del chicchirichì, più
pacato, senza impeto ma con certezza. Non ti so dire la profonda commozione
musicale che avevo dall’alternarsi di quei due temi su l’armonia dell’alba. Mi
ricordavo di certe mattine elleniche nel Golfo di Corinto, quando alla mia nave
ancorata giungeva il canto dei galli dall’isola di Ulisse. Non l’isola petrosa
ma l’isola di Afrodite mi sorgeva nel vapore del sonno leggero. Cipro si
risvegliava nell’odore dei suoi aranci, dei suoi cedri, dei suoi roseti, come
quando per la prima volta la dea generata dalla spuma pose il piede sul lido di
Pafo e fece tremare d’amore tutta la terra. I galli cantavano senza tregua,
come nei [versi del Pervigiulium]
Veneris. Ed ecco la prima squilla del Mattutino! La campana del convento di
Santa Chiara pareva fugare l’incantesimo pagano. Il grido dei galli si
affievoliva, si dileguava. La preghiera delle Clarisse
saliva a poco a poco dalla tenebra verso
le stelle morenti, si diffondeva nell’orto chiuso, toccava i fiori novelli
[ind.]. Ah, se potessi comunicarti la musica che ho udito! Ma son [certo che
tu] anche l’udrai quando ascolterai l’alba. Ci sono galli a Boscolungo? Bisogna
notare i due temi, il breve e il lungo».25
A Giulio Ricordi infine (ritenuto, non a torto, la voce più
influente sull’animo del musicista) arriva una lettera fluviale, in parte
dedicata al soggetto di Parisina (nella speranza forse di
riciclarlo per un altro musicista della Casa), in parte incentrata
sull’autoelogio della Rosa di Cipro, di cui
si mette in risalto a più riprese la «vergine materia tragica», passando sotto
silenzio i vari Halévy e Donizetti che avevano musicato soggetti affini.
Indispensabile strumento della mia ricerca – per quanto
riguarda la porzione pucciniana del carteggio – è stato il database elettronico
allestito da Dieter Schickling per il Centro Studi Pucciniani di Lucca,26
che
da anni si occupa di catalogare e trascrivere – secondo un criterio filologico
al quale mi sono attenuto – l’enorme epistolario del Maestro. Il prof.
Schickling mi ha anche aiutato nella datazione delle lettere pucciniane,
fornendomi dettagli preziosissimi sugli spostamenti del musicista, sulle sue
abitudini e conoscenze. Grazie al contributo del Centro Studi di Lucca sono
dunque riuscito a selezionare e trascrivere le corrispondenze del musicista con
Giulio e Tito Ricordi,27 Sybil Seligman,28
Alfredo
Vandini,29 Carlo Clausetti,30
Carlo
Marsili,31 Carlo Paladini,32
Riccardo
Schnabl.33 Più
complessa è stata invece la ricerca degli autografi
dannunziani, per i quali non esiste ad oggi un catalogo generale: dall’Archivio
Ricordi provengono i contratti con Puccini, le lettere del Poeta a Carlo
Clausetti, a Tito e Giulio Ricordi, e – più in generale – alla Casa; nel
Vittoriale sono conservate alcune minute del Poeta, ma soprattutto le
corrispondenze con Tom Antongini,34 Natalia
De Goloubeff,35 Luigi Albertini,36
Marco
Praga, Emilio e Guido Treves;37 non mi è
stato invece possibile reperire gli originali delle lettere di D’Annunzio a
Camillo Bondi, pubblicate da Arnaldo Marchetti sulla «Nuova rivista musicale
italiana».38 Accanto a questi carteggi principali non
devono essere trascurati alcuni documenti secondari ma interessanti, come le
lettere a D’Annunzio del Comitato Onoranze a Giacomo Puccini di Torre del Lago
e della Società Editrice Salsese, nelle quali si chiede (inutilmente) al Poeta
di partecipare alle commemorazioni per la morte del Maestro; o alcune
testimonianze indirette sul rapporto di reciproca stima che univa D’Annunzio e
Puccini. Tra queste ultime deve essere messo in rilievo il passo di una lettera
di Ferruccio Busoni alla moglie, in cui si legge a proposito del Poeta:
«Egli dipende molto dall'idea del
successo, da ciò il suo smisurato rispetto per
Wagner e... persino per Puccini!»39
A suffragio di questa opinione esistono poche testimonianze
attendibili, ma almeno due sono degne di interesse: la prima è di Tom
Antongini, il quale, ricordando i contatti tra il Poeta e il Maestro, afferma
che «Essi erano uniti da una viva e reciproca simpatia»;40
la
seconda appartiene allo stesso D’Annunzio, che nei Taccuini del 1900
annotò l’abbozzo di un discorso dedicato alla città di Lucca:
«Grazie con tutta l’anima per questo
saluto inaspettato che m’è [mi vie] prezioso perché mi viene da un
popolo che ha [di ti] titoli antichissimi e grandi nella storia
degli uomini, [nella nobiltà dell’intelligenza nella storia della forza e del
pensiero] dal popolo che diede ai fasti [alla li] della libertà,
dal popolo che oggi festeggia con così schietto fervore un suo nobilissimo
figlio, un caro mio fratello d’arte, mostrando che ancora vive in Italia il
culto delle forze [cose] ideali e che la nostra terra è ancora tanto ricca da
nutrire il germe delle nuove speranze.
Auguro a Giacomo Puccini molte di quelle
ore misteriose da cui nascono i capolavori, ed auguro alla pensosa e taciturna
città [auguro al popolo] di Lucca che per lei tornano [sic] gli splendori di
quel Rinascimento in cui ella sfavillò di tanta virtù civile nei suoi cuori e
di tanta bellezza nei suoi marmi. Viva l’Italia nuova».41
Questo omaggio poco conosciuto a Puccini non basta
probabilmente a ribaltare l’opinione generale secondo la quale D’Annunzio non
provava grande stima per il musicista che domandò cinque volte e sempre rifiutò
di collaborare con lui, ma serve certamente a ridimensionare il valore di un
secondo apprezzamento sul suo conto, fin troppo conosciuto, e forse da
considerarsi solamente una tra le tante affermazioni in un rapporto
contraddittorio, discontinuo, problematico:
«Avvisto
il Tirreno. seguo il disegno della riva arenosa. ma il velame mi copre l’acqua,
mi veste fino alla cintura Undulna che voglio riamare.
Ecco
il Forte de’ Marmi, e una felicità abbagliata.
Ecco
Viareggio, e una tenzone di tradimenti.
Ecco
la pineta di Migliarino, che si incenera senza ardere.
Ecco
la Fossa
burlamacca, simile a un Lete senza dimenticanza.
Ecco
il lago di Massaciuccoli tanto ricco di cacciagione quanto povero
d’ispirazione».42
La penultima lettera che Puccini scrisse a D’Annunzio reca la
data del 28 dicembre 1921. Al musicista che per tanti anni aveva seguìto con
interesse critico la parabola artistica dannunziana non era sfuggita una svolta
inaspettata, la “rivoluzione” del Notturno, grazie alla quale
l’amato-odiato Poeta sembrava finalmente più vicino:
Caro
Gabriele
Auguri
fervidi!
Il
tuo nuovo libro ha pagine di vibrazione e di sentimento che conquistano e
affascinano – con l’antico affetto
abbraccioti
GIACOMO
PUCCINI43
1
D’Annunzio e Puccini in un carteggio inedito,
a cura di L. Marchetti, «Nuova
Antologia»,
dicembre 1949, pp. 337-350.
2
D’Annunzio e Puccini…, p. 339, nota
n. 1.
3
È il caso delle lettere n. II e n. IV, datate erroneamente da Marchetti 9
luglio e 7
agosto
1906, sebbene il loro contenuto indichi inequivocabilmente che esse
appartengono
allo stesso mese di luglio.
4
Lettera di Giacomo Puccini a Gabriele d’Annunzio del 27 agosto 1912, conservata
nell’Archivio
del Vittoriale (Giacomo Puccini I,
6).
5
Carteggi pucciniani, a cura di E.
Gara, Ricordi, Milano, 1958.
Musicale»,
n. 3 (1988); anche in: D’Annunzio e la musica. Atti del convegno
internazionale di
studio,
Gardone Riviera – Milano, 22-23 ottobre 1988, Tipografia Bertolotti 1988, pp.
113-123.
7
La grafia corretta del nome del Poeta è con la “d” minuscola. Conservo nelle
trascrizioni
le forme originali.
conservati
in un mobile a vetrina detto “VII inserto”, si legge: «Lo stesso inserto
conteneva
anche una lettera autografa di G. D’Annunzio che attualmente si trova a
Milano
per riparazione (senza etichetta)». Nel successivo inventario dell'Archivio
Puccini,
redatto dalla Sovrintendenza Archivistica della Toscana il 22 maggio 1980
scompare
anche il riferimento a questo autografo.
11
Anche Julian Budden sbaglia nel ritenere che il secondo tentativo di
collaborazione
tra
D’Annunzio e Puccini sia stato sollecitato da quest’ultimo.
12
Lettera del 25 [gennaio] 1906. Originale conservato all’Archivio del Vittoriale
(Carlo
Clausetti
31857).
13
Lettera del 16 febbraio 1906. Originale conservato all’Archivio Ricordi (coll.
P. II. 3/22
n.
2).
14 V. Seligman, Puccini among friends, Mac Millan, London , 1938.
15
Lettera a Luigi Illica del 15 maggio 1900, pubblicata in Carteggi
pucciniani, n. 226.
16
Lettera a Giulio Ricordi del 20 novembre 1900, pubblicata in: G. Puccini, Epistolario,
a
cura di G. Adami, Mondadori, Milano, 1982, lettera n. 69.
17
Lettera di Giacomo Puccini a Carlo Clausetti del 18 luglio 1894, pubblicata in
Carteggi
pucciniani, n. 107. Originale perduto.
18
Lettera di Gabriele D’Annunzio a Enrico De Leva del 2 giugno 1895, conservata
nell’Archivio del Vittoriale (Enrico De Leva 29035).
19
Lettera di Gabriele D’Annunzio a Carlo Clausetti senza data (la datazione da me
dedotta
è 17 luglio 1894), conservata nell’Archivio del Vittoriale (Carlo Clausetti
31879).
20
Lettera a Francesco Paolo Tosti del 20 luglio 1894, pubblicata in: S. Cellucci
Marcone,
D’Annunzio e la musica, [s.n.],
L’Aquila, 1972, pp. 34-36.
21
Un poeta mèlico, «La Tribuna », 28 giugno 1886; A
proposito della «Giuditta», «La
Tribuna»,
14 e 15 marzo 1887; adesso in Scritti
giornalistici, a cura di A. Andreoli,
Mondadori,
Milano, 1996, vol. I, pp. 592-596, 852-860.
22
Scritti giornalistici, p. 592.
23
Lettera di Gabriele D’Annunzio a Tito Ricordi dell’[8 agosto 1906], conservata
nell’Archivio
Ricordi (coll. P.II.3/22 n. 10).
24
Citazione tratta dalla lettera del 10 agosto 1906 di Giulio Ricordi a
D’Annunzio in
risposta
a quella del 7 agosto. Originale conservato nell’Archivio del Vittoriale
(Giulio
Ricordi
XV, 1).
25
Lettera di Gabriele D’Annunzio a Giacomo Puccini del 7 agosto 1906.
Collocazione
dell’originale
sconosciuta, pubblicata in D’Annunzio e Puccini…,
nota IV.
26
Ringrazio la vicepresidente del Centro Studi Pucciniani, prof.ssa Gabriella
Ravenni, per
avermi
dato accesso al vastissimo materiale autografo, bibliografico e critico
presente a Lucca.
Ricordi.
Ringrazio la dott.ssa Mariapia Ferraris, responsabile dell’Archivio, per la
gentile
accoglienza che mi ha riservato.
28 V. Seligman, Puccini among friends.
29
Ringrazio la a prof.ssa Karen Spicher della Yale University Library di New
Haven
per
avermi permesso di trascrivere i due biglietti di Puccini all’amico Alfredo
Vandini.
30
La corrispondenza di Puccini con Carlo Clausetti è in parte perduta e in parte
conservata
all’Archivio Ricordi.
31
Al nipote Carlo Marsili era probabilmente destinata una lettera di Puccini
risalente
al
24 gennaio 1913 priva del cognome del destinatario, pubblicata da G. Adami
(Epistolario,
n. 158) e attualmente dispersa.
34
Le lettere di D’Annunzio all’amico e assistente Tom Antongini sono state
pubblicate
(anche se in maniera poco filologica) da quest’ultimo nel volume:
Quarant’anni
con D’Annunzio, Mondadori, Milano, 1957.
35
Andrea Lombardinilo è il curatore del pregevole epistolario Lettere
a Natalia de
Goloubeff
(1908-1915), barabba, Lanciano, 2005.
37
Lettere ai Treves, a cura di G.
Oliva, Garzanti, Milano, 1999.
Italiana»,
anno VIII, n. 4, ottobre-dicembre 1974.
Milano,1955.
Altrettanto ambiguo, il rapporto tra Busoni e Puccini. In una lettera a Casella
del
21 luglio 1923, il compositore italo-tedesco scrisse: «Abito in Germania, dove
non faccio
altro
che combattere per l’italianismo nella
musica; e Voi, Italiani in Italia, esultate Strauss,
Stravinckij,
Debussy! Insultate Puccini, rinnegate Verdi, e Vi prostrate – a Roma – dinnanzi
a
delle mediocrità tedesche». (Girardi, op. cit., p. 438).
40
T. Antongini, Quarant’anni con D’Annunzio,
p. 117.
1965,
pp. 418-419.
42
Gabriele d’Annunzio, Libro segreto,
in: Prose di ricerca,
a cura di Annamaria Andreoli
e
Giorgio Zanetti, vol. I, Milano,
Mondadori 2005, pp. 1708-1709.
43
Biglietto di Giacomo Puccini a Gabriele D’Annunzio del 28 dicembre 1921,
conservato
nell’Archivio del Vittoriale (Giacomo Puccini I, 6).
*
tratto da un articolo di Aldo Simone
1 commento:
Ecco il Terno da giocare al Lotto di Giacomo Puccini
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