di Felice Monteferrante
Troppo
spesso sentiamo dire che la crisi economica attuale è soprattutto figlia del neoliberismo di matrice
tacheriana-reeganiana degli anni “80.
Ad
onor del vero quasi tutti hanno goduto di quel vento individualista, anche coloro
che oggi ipocritamente ci fanno la morale.
Liberismo così come noi lo intendiamo, cioè di matrice solo
economica, è figlio di un fraintendimento del dibattito culturale intercorso
tra il 1928 ed il 1946 tra Luigi Einaudi e Benedetto Croce. Il primo nel 1948
scriveva sul Corriere della sera “un elogio della libertà dell’uomo comune”
accettando la tesi che la libertà politica debba essere accompagnata dalla
libertà economica mentre Croce col suo idealismo, credeva solo nella libertà
dello spirito.
Da
qui nasce quello slittamento semantico con cui intendiamo il termine liberismo.
Per
essere più pragmatici, sono veri i numeri ripetuti come mantra dall’ex ministro
Tremonti, cioè che la massa finanziaria nel mondo, fino alla fine degli anni
“80 era di 500 miliardi di dollari oggi vale 67 trilioni di dollari (più i 600.000
miliardi di finanza derivata, l’80% dei quali collocati fuori dai mercati
regolamentati) cioè 11 volte l’ammontare dei debiti sovrani dell’intero pianeta
e 9 volte il suo p.i.l.
Allora
è facile chiedersi da dove provenga questa enorme massa di liquidità.
Le
cause sono molteplici ma la maggiore è la nuova legge bancaria promossa
dall’amministrazione Clinton nel 1999 che, abrogando la vecchia legge del 1933
(Glass-Steagall Act) annullava di fatto la separazione dell’attività retail
cioè commerciale da quella di investment banking.
Con
ciò, forse anche in buona fede, si voleva far realizzare a tutti il sogno
americano grazie anche alla politica espansiva della F.E.D. sotto la presidenza
Greenspan.
Da
allora cominciarono a proliferare quegli strumenti finanziari come future c.d.s. e non solo che, se fino ad
allora erano stati utilizzati come strumenti assicurativi, come ad esempio tutelarsi
dalle oscillazioni delle valute o dalla volatilità dei prezzi delle commodity
come petrolio, grano, mais caffè, zucchero ecc. finirono col diventare per
molte banche d’affari, strumenti meramente speculativi.
Si
investivano così grosse cifre non perché si era possessori di campi di frumento
o di compagnie aeree, cioè non ci si voleva assicurare sulle oscillazioni dei
prezzi del mais o del petrolio ma semplicemente scommettere sul loro prezzo
futuro.
Come
dimenticare gli assalti ai forni in Egitto di qualche anno fa quando il prezzo
del grano aumentò a dismisura non solo per fenomeni legati alla siccità.
Questa
enorme massa di liquidità finanziaria alla fine degli anni “90 fu in gran parte
investita nelle dot-com e New economy, cioè in quella società di servizi che
avevano a che fare col w.e.b.
Da
lì a qualche anno però, molte di queste società, soprattutto quelle che non si
erano sapute innovare, fallirono dando vita alla prima grossa bolla
finanziaria.
Sempre
negli Stati Uniti intanto, iniziò il proliferare del credito facile con
finanziamenti che arrivarono a coprire fino il 120% dei beni da acquistare
dando il via a quella bolla speculativa dei mutui “sub-prime” dati cioè a
creditori con grandi rischi di insolvenza.
Molte
banche, erogatrici di questo credito, intanto cartolarizzarono molti dei loro debiti contratti cedendoli ad altri
veicoli finanziari che a loro volta li cedevano con gli stessi meccanismi.
Accadde
così che molte grosse banche ebbero crisi di liquidità avendo molti crediti
ormai non più solvibili.
Iniziò
così quel balletto di salvataggi governativi.Si inizio dapprima col salvataggio
dell’agenzia assicurativa A.I.G. che ricevette 70 miliardi di dollari dalla
F.E.D. per la sua ricapitalizzazione, poi delle sue consorelle dai nomi di
ballerine del Crazy Horse Fannie Mae e Freddie Mac nate per garantire i fondi
del mercato immobiliare, finirono col cartolarizzare i mutui immobiliari emessi
dalle banche. A loro il governo diede 1450miliardi di dollari mediante un
accordo solo recentemente rivisto.
Si
passò poi al salvataggio del sistema bancario con una prima trance di 2.593
miliardi di dollari spalmati su 1.095 istituti di credito, tra cui tutte
le maggiori banche d''affari internazionali come Bank of Amercia e Citigroup
che hanno ricevuto 47 miliardi o Gmac, la società di credito al consumo della
General Motors.
Il
vero nodo da sciogliere dell’amministrazione U.S.A era quello della possibilità
di salvare tutti gli istituti di credito o se era possibile lasciare qualcuno
al proprio destino.
Così
il 15 Settembre del 2008 cadde l’ultimo tabù, quel Too Big To Fail (diventato
anche un film nel 2011 dal titolo il
crollo dei giganti) cioè troppo grandi per fallire, si infranse col crollo
di Lehman Brother’s.
Lo
stesso accadeva in Europa, Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania,
Gran Bretagna, Grecia, Irlanda Islanda, Italia, Lussemburgo, Olanda,
Portogallo, Spagna e Svizzera hanno inizialmente immesso nei rispettivi
sistemi bancari 1.519 miliardi di euro distribuiti su 115 istituti, di cui
"solo" 274 miliardi di euro sotto forma di capitale e il resto, per
la quasi totalità, sotto forma di garanzie.
Ma
nel vecchio continente accadeva anche altro, nel 2007 inizio quel balletto di fusioni ed
acquisizioni che coinvolgevano molte big del sistema finanziario.assicurativo,
come i 2 giganti spagnoli Banco di Santander e Banco de Bilbao, la scozzese
R.B.S. L’olandese Abn Amro, la francese B.N.P. Paribas e le nostre Unicredit,
Intesa S.Paolo e M.P.S.
Molte
di queste finirono con l’essere nazionalizzate dai loro governi, come le
britanniche Northern Rock, R.B.S. la tedesca Commerz Bank e più recentemente la
spagnola Bankia attraverso il “fondo salva banche” ed il gigante assicurativo
franco-belga Dexia salvata dai rispettivi governi mediante 2 cospicue
ricapitalizzazioni.
Agli
inizi del nuovo millennio alcuni paesi u.e. puntarono le loro fish sul mercato
immobiliare, soprattutto Spagna ed Irlanda.
Come
non ricordare la querelle che coinvolse il governo Prodi sul sorpasso, ai
nostri danni degli spagnoli, per P.I.L. procapite.
Questo
enorme flusso di liquidità colpì non solo le banche ma anche gli Stati sovrani,
come già ricordato in Spagna ed Irlanda con “bolle immobiliari” nella piccola
Islanda con una grave crisi finanziaria (in parte attutita dal referendum che
taglio gran parte del debito da restituire) e colpì soprattutto i debiti degli
Stati con spread e c.d.s. che
s’impennarono trasformando così, quella che fino ad allora era stata una crisi
finanziaria in crisi economica.E se è pur vero che la genesi di ciò è diversa
nei diversi paesi dell’Unione è inconfutabile che da allora quelli che erano
debiti privati diventarono debiti sovrani.
A
questo punto ci si può chiedere quali settori potrebbero colpire le prossime
bolle, forse potrebbe esserci una neo dot-com visto l’assurdo collocamento a
Wall Street di Facebook per 100 miliardi di dollari (più di quanto capitalizzi
la Boeing )
sgonfiatosi nel giro di pochi giorni a vantaggio di pochi, forse di quegli
stessi advisor che l’avevano
collocata in borsa.
Altra
cosa certa è che si sta sgonfiando quell’euforia nei Titoli Sovrani di quei
paesi AAA dell’euro zona (basti pensare che fino a qualche settimana fa i bund
tedeschi a breve scadenza davano rendimenti negativi).
Per
tornare alla “querelle” sul liberismo mi chiedo perché molti si ostinino ancora
a cercare nelle politiche degli anni “80 l’origine delle crisi, morali ed
economiche, dei nostri tempi.
Costoro
dimenticano che si era ancora in piena guerra fredda e molti dei Paesi
protagonisti di oggi, non solo i soliti B.R.I.C. (Brasile, Russia, India e
Cina) ma anche Indonesia, Sud Africa, Messico, Turchia e paesi O.P.E.C, ormai
siedono da primi attori nei vertici internazionali come il G-20 e molti fanno
parte del W.T.O. nato nel 1995.
Per
un liberale ma anche per chiunque sia dotato di buon senso, “il mercato” non
solo quello dei capitali o finanziario, sono indispensabili a patto che, siano
regolati e vigilati e ciò è compito della politica.
In
Europa l’iter per una vera unione politica, che potrebbe quantomeno
regolamentare l’uso di contratti derivati, è ancora lungo nel frattempo però,
si è arrivati ad un accordo sulla vigilanza dei grossi gruppi bancari da parte
della B.C.E. escludendo però le Land-Bank tedesche che sono la spina dorsale
del credito alle imprese.
1 commento:
Che manfrina...
Poi, c'è ancora chi ha realmente bisogno di sapere come sono andate le cose partendo da Einaudi e Croce?
Poi, che vuol dire che tutti quelli che ipocritamente oggi parlano di quegli anni 80 ci hanno anche giovato?
Ma, non so se lei o chi ha scritto questa manfrina abbia mai avuto bisogno di un mutuo: si ricorda i tassi di interesse e la durata dei mutui?
Se dobbiamo partire dai due sopracitati, preferisco Benedetto Croce, poichè nessuno ci ha mai realmente imposto di divenire come i giganti della società! E se parteggio per Einaudi, è solo per dire che la politica avrebbe semplicemente dovuto garantire il quieto vivere di tutti, ma qui, magari, ci intrufolerei forzatamente Pasolini... garantire il queto vivere di tutti senza pretendere una omologazione delle azioni e del pensiero...
Poi, tutto il resto, sarà storia, saranno errori strategici di qualche poco illuminato gigante politico... ma se la massa avrebbe saputo restare se stessa, senza desiderare di divenire ciò che non era, mantenedo comunque la sua libertà dello spirito, forse, tutto questo crollo gigantesco non lo avremmo avuto, o non in maniera così rovinosa!
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