Carissimo "Peppino", pubblico la tua lettera perché mi sollecita a pormi la domanda: "chi è la Fata Turchina, Remo Gaspari"? Già perché Bruno Forte ha detto che bisogna seguire l'esempio di questo "grande" uomo politico.
Non voglio entrare nel merito di quanto svolto da questo "grande" politico locale, però rifletto è dico: Vuoi vedere che il vero cambiamento auspicato è quello di voler cambiare "i cambiamenti in atto" e riportare tutto a quello che era prima?
Ci vuole la
Fata Turchina
L’angoscia che provo in questi giorni nel vedere
la politica sempre più inconcludente ed incapace di rapportarsi con la realtà
ed ancor più succube di potentati economici, per lo più anonimi, che stanno
affamando i popoli, m’è stata appena lenita dalla partecipazione all’incontro
organizzato lunedì scorso per presentare l’ultimo libro del nostro Arcivescovo,
edito da Rizzoli, dal titolo estremamente esplicito: Perchè il Vangelo può salvare l’Italia”. È stato infatti più d’un sollievo sentire
parlare, con accenti assolutamente diversi e non banali, di quanto accade
intorno a noi da persone autorevolissime, come l’autore Bruno Forte, Gianni
Riotta, Francesco D’Agostino e Michele Vietti, e riflettere insieme a loro
sulle cause della decadenza che l’Italia, ma direi anche l’Europa e l’Occidente
intero, sta attraversando e delle soluzioni da rincorrere e trovare. La
considerazione più interessante l’ho sentita tuttavia fare da mons. Forte, il
quale ha aggiunto alle sue argomentazioni sulla necessità improrogabile di una
riforma morale, politica ed economica, un’immagine davvero significativa
richiamando il Pinocchio di Collodi, favola bella della mia fanciullezza e di
generazioni di italiani sui cui significati reconditi non m’ero mai soffermato.
Ha detto infatti testualmente padre Bruno che “nella favola di Pinocchio, il
Grillo Parlante dice cose vere, ma che non aiutano a costruire. Io preferisco la Fata Turchina e
mastro Geppetto”. Credo che chiosare quest’affermazione sia inutile, tanto è
significativa, ma la voglio comunque trasferire a quanti in questi giorni si
affannano a parlare di rinnovamento della politica pensando di cambiarne
soltanto i meccanismi di funzionamento e le apparenze, prendendo sul serio,
come ha scritto una settimana fa Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere della Sera e con riferimento alle discussioni all’interno del Pdl, “l’idea
patetica che il problema sia quello del contenitore, quella di inventarsi un
nome nuovo o di mettere dei «giovani » al posto dei «vecchi»;…di credere che
sia ancora possibile, a tempo ormai scaduto, tirare fuori dal cappello il
coniglio del presidenzialismo o l’idea pazza che l’Italia si metta a stampare
euro in proprio”.
Perché pensino finalmente che il problema da
affrontare per ripartire sul serio, per fare di questa politica “una buona
politica” , è quello di ritrovare “una visione”, la Fata Turchina , cioè
un percorso, una proposta nuova, moderna, che faccia sognare ma che affondi
però le radici in una concezione della vita autenticamente ispirata ai Principi
ed ai Valori della Tradizione italiana ed occidentale, consentitemi di dire
anche cristiana nel senso di mettere l’Uomo al centro di ogni azione, e nello
stesso tempo anche l’ ”esempio amorevole”, padre Geppetto appunto, che occorre
rappresentare soprattutto agli occhi dei giovani. Tutto il resto non conta per
fare il grande salto verso il rinnovamento. Men che meno i moralismi del Grillo
parlante, con riferimento anche al Grillo Beppe.
4 commenti:
Finché ci saranno uomini come Tagliente che avranno cariche pubbliche questo Paese rimarrà al palo. La sua politica è un misto di opportunismo democristiano e di patriottismo missino vuoto quanto retorico.
Di sicuro la Fata Turchina sarebbe disgustata da un politico che invece di mettere "l'Uomo al centro di ogni azione" ha messo i costruttori al centro di Vasto che hanno fatto affari d'oro cementificando selvaggiamente grazie al suo piano regolatore. Invece di puntare il dito contro Grillo perché non rivolge qualche critica a se stesso?
Mi piacerebbe, tanto per cominciare, avere cognizione del dove abita Alessandro, magari un suo parente, o un suo caro amico e conoscente...
ah, dimenticavo: io ho trovato casa in una confortevole abitazione di un nuovo quartiere di Vasto, e non credo proprio di aver sbaglaito nella scelta, nè, meno che mai, che debba condannare chi ha programmato (non attuato) un piano di sviluppo per la città.
Mi piace che qualcuno si sia accorto della differenza tra programmazione e attuazione. Infatti se quanto programmato era ritenuto sbagliato, si poteva, anzi si doveva, intervenire in maniera energica. Credo però che quell'errore, se di errore si tratta, faccia comodo a tutti.
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