Nei primi anni Sessanta, quando
iniziavo a girare da solo per la città, mia madre e mia nonna Maria, “la Mastra Marì ”, cominciarono a
darmi il compito di fare qualche “commissione”. Con me si parlava Italiano non
si diceva “la mmasciata”.
Per comprare il pane mi mandavano
a “lu Furnarille”, per comprare il latte o i latticini a “Izzarille”, per la
carne a “lu Rusce”, per il vino a Cicelelle oppure a “donna Bianca”, per altri
generi alimentari a “Pitrucce”. Da questi nomi la Vasto di allora appare come
una grande famiglia e almeno per me era così.
Non mi mandavano mai a comprare
il pesce perché comprare il pesce a Vasto è cosa “sacra”. Non mi mandavano a
comprare frutta e verdura poiché mio nonno Paolo era ortolano e quindi avevamo frutta e verdura fresca in
ogni momento dell’anno. Eppure in corso plebiscito c’era “Gino il casotto”,
altrimenti detto il re delle banane. Era specialista in questo frutto che
allora non era comune come ora. Allora qualche volta “tradivo” mio nonno che
invece era, tra l’altro, specialista in uva (premiato con diploma d’onore e
Lire 500 nel 1934 in
un concorso sulla coltivazione di questo frutto), fichi e fragole, e mi facevo
mandare a comprare le banane.
…………………..
Pensare che, all’epoca, andare a
Porta Nuova dove c’era il negozio di alimentari di Teresa Laccetti, la famosa
“zia Trisina a fore la porte” della mia canzone “lu Bobbone”, era una
avventura.
Da casa mia era lontanissimo. Si
scendeva vico storto del Passero all’ombra di torre d’Amante, attraverso largo
Siena si raggiungeva la “Cavuta” e da piazza Verdi, che io pensavo si chiamasse
così perché c’era il mercato della verdura, finalmente giungevo al negozio
delle meraviglie. C’era una vetrina piena di tutti i tipi di leccornie che un
bambino di allora potesse desiderare: Caramelle di ogni tipo, Lecca-lecca, foglietti
di “surrogato” di cioccolato, nugatine, noccioline zuccherate, ovetti di
“ostia” con sorpresa e tanto altro che lascio ad altri ricordare.
A vedere quello “spettacolo” ci
si dimenticava dell’odore forte delle latte contenenti sardine sotto sale o
tranci di tonno, intorno alle quali svolazzavano felici vespe di varia
grandezza.
Solo una cosa mi attraeva oltre a
quella vetrina. I contenitori della pasta con gli spaghetti appesi ad un asta.
Ogni volta che un cliente ne chiedeva, Zia Teresa ne prendeva una quantità, li
spezzava nella lunghezza giusta e li poneva sulla bilancia.
Che bella quella bilancia con i
pesi d’ottone da una parte e gli spaghetti dall’altra.
Ma delle bilance parleremo
un’altra volta.
1 commento:
Il padre di Amleto.Mio ex responsabile presso la Vasto Pesca.
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