Lo svuotamento del centro storico è stato generato dalla migliore qualità della vita, che i nuovi quartieri residenziali sembravano offrire ai cittadini.
Nella nostra città, i politici degli anni cinquanta, furono aiutati dallo scoscendimento del 1956, quando per necessità, gli abitanti di ampia parte del nocciolo urbano, furono trasferiti nei quartieri “nuovi”.
Nacque il quartiere di Punta Penna, si ampliarono quello della Marina e quello della “Casetta”, oltre a quello “provvisorio” di San Michele. Tutti quartieri popolari, con l’eccezione delle zone di espansione tra via Valloncello e via Pescara, dove fu realizzata un opera “faraonica” … via “Circonvallazione” (oggi via Madonna dell’Asilo) e dove trovarono spazio il “campo boario”, due asili infantili (Suore della Croce e Carlo della Penna) e di li a poco la sede della “Timo”.
Già negli anni sessanta, la popolazione locale del nucleo antico, veniva sostituita dagli immigrati provenienti dall’entroterra, come oggi, a questi sono subentrate persone, provenienti dai paesi dell’est o da quelli del nord africa. Le famiglie agiate, si trasferirono nei nuovi condomini o in palazzine private, costruite nelle zone intorno al centro, così che, gli antichi palazzi signorili patirono un mesto declino, mentre le caratteristiche abitazioni della gente comune (case e puteche) furono e continuano ad essere, cervelloticamente ristrutturate. Per non parlare dei piccoli stabili lasciati in eredità, specie quelli destinati a Vastaroli ormai emigrati da tempo, che tra divisioni, vendite e abbandoni, subirono danni irreparabili. Sopraelevazioni, sventramenti ed altre azioni, hanno reso il tessuto dell’antica Vasto ormai estremamente lacero.
Il centro, resiste in vita grazie ai commercianti che, alla maniera di allora, avevano si, spostato i loro negozi, ma non nelle nuove zone, bensì intorno a Piazza Rossetti, luogo di ritrovo dei cittadini e, in estate, dei numerosi turisti.
Nei pressi di questa piazza insistevano i luoghi di culto, i palazzi scolastici, gli uffici pubblici, le banche, il mercato, le farmacie, i maggiori bar, le fermate dei pullman, i cinema e tanto altro.
Piano piano, tutte queste attività sono state trasferite altrove e il centro è diventato solo un luogo di memoria e di abbandono. I pochi abitanti rimasti, i numerosi pubblici esercizi, con attività prevalentemente notturne, non riescono a tenerlo in vita. I primi contro i secondi, l’uno contro l’altro armati.
L’immagine personale è quella di “nobile signora decaduta” (come dice il poeta) con i bigodini ed il pesante rossetto sulle labbra e magari un mozzicone di sigaretta in bocca.
In questi giorni, un ulteriore colpo mortale sembra dover essere inferto alla antica Vasto. La realizzazione di nuove attività commerciali, dislocate nel territorio.
Perché ho usato il termine sembra?
Vasto, e non lo dico solo io, è “urbanisticamente parlando” una città complicata. Quartieri e contrade, cresciuti in maniera disorganica, non sempre dotati dei necessari servizi. I collegamenti non sono sufficienti, la qualità della vita varia secondo la stagione e tanti ancora sarebbero i problemi da elencare. Ognuno pensa di abitare dove desidera e li, vuole tutti i comfort della vita moderna ma, secondo me, non è così. Questa però, è un’altra storia.
Scenetta: La vecchietta che negli anni sessanta, per fare la spesa, veniva a “lu Vaste” con la “machinetta”; qualora tornava a casa dimenticando “li ppicciafuche”, non mangiava, se il vicino non glie ne prestava. Ora, chiede col telefonino a qualcuno di comprarglieli e di portarglieli quando, con la propria auto, fa ritorno a casa.
Alla marina, vogliono far chiudere, l’unico fruttivendolo, mentre esistono, almeno in estate, una diecina di rivendita di giornali. Mi sto dilungando troppo! Vengo al dunque.
Voglio dire che è necessario un vero piano commerciale che accontenti tutti. I consumatori come i commercianti. Questo piano però non può prescindere dallo sviluppo urbanistico della città. Un nuovo piano regolatore, non progettato per rendere edificabili altre aree, come fino ad oggi è avvenuto. Un piano regolatore che indichi i mezzi, i servizi e quanto altro necessario per migliorare la qualità della vita e porti ad un utilizzo reale delle risorse che Vasto possiede.
Si parla di Centro commerciale. Io penso: “se questo può essere un elemento che porti, non tolga, risorse alla città e a chi la vive, perché lo si deve ostacolare a prescindere?”
Un “vero” centro commerciale, uno di quelli che quando si passa sull’autostrada, porta l’automobilista a dire: “fermiamoci qui, c’è il centro commerciale del Vasto!”. Secondo me sarebbe una risorsa. Non la solita presa in giro del grande negozio di generi alimentari circondato da “tentativi di attività” che aprono e chiudono a ripetizione.
La collocazione di questo centro commerciale? In posizione tale da far pensare al fruitore di questo:
“andiamo a visitare il centro cittadino. Ci sono tanti negozi eleganti, dove si trovano prodotti di alta qualità, proposti con gentilezza e competenza. Vuoi mettere il gusto della ricerca, della scelta, del servizio, rispetto alla montagna di prodotti spesso di qualità dozzinale, tutti uguali, sbattuti su un espositore, senza nessuno che ti consigli, che ti aiuti. Con l’occasione visitiamo anche la bellissima Città e perché no! Ci mangiamo anche un ottimo brodetto in uno dei tanti ristoranti tipici”.
Ce ne sarebbe per tutti i gusti o no? Funzionerebbe o no? … Parliamone!
Per fare questo, è necessaria tanta volontà, ci vuole coraggio. Gli imprenditori locali ne hanno? Secondo me la maggior parte di questi da fiato alle trombe ma poi, si accontenta delle “campanelle di San Rocco”.
Invece di improvvisare idee, più o meno fantasiose, si propongano progetti “fattibili” ai cittadini, si valutino le reazioni di questi. A quel punto la “politica” saprà ben attuare le scelte migliori. Allo stato attuale solo chiacchiere e carte, più o meno decifrabili o, peggio, interpretabili. Si lascia ai furbetti del quartierino decidere il da farsi. Perché non un concorso di idee?
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