Li simmigge, la cappizzètte, lu
puìsche, la mmascatùre, tutti termini che fino a qualche anno addietro erano di
uso comune ma di cui ora, con la
scomparsa del dialetto, pochi ricordano il significato.
Avevo una diecina d’anni quando
ascoltai un discorso nella bottega di Mimì di “Cillacchiette”:
“Mimì! Mi puzze toje nu punielle
di cappizzètte?” e Mimì: “si ti dice di no mi dice ca so spilorce, ma a’ da
capì c’alla fine dell’anne ugne punielle di capizzètte fa li cuntuale!” e poi
borbottava tra se: “e mi puzze toje ddu chiuve … e mo mi toie ddu simmigge … e
alla fine dell’anne chi li paghe?”
Forse è il caso di tradurre,
considerato anche che il mio dialetto scritto, sicuramente non è corretto. “Mimì!
(diminutivo di Domenico) posso prendere un mucchietto di chiodini fini (aghi a
pezzetti)? Risposta: “se ti dico di no dici che sono tirchio, ma devi capire
che alla fine dell’anno la somma di tutti i mucchietti di chiodi dati gratis
diventa quintali”.
Se non capite il resto fatevelo
spiegare.
Quello che invece avrete capito è
che parliamo di ferramenta. Il più
antico secondo me è stato Biagio Forte, la cui insegna ancora esiste in piazza
Rossetti, sulla vetrina del negozio gestito dal nipote Vittorio. Poi c’erano
D’Annunzio in corso Nuova Italia e Di Bussolo, se ricordo bene in via
Sportello. Il Mimì di cui ho raccontato l’aneddoto invece aveva la bottega in
un primo tempo a piazza Rossetti, successivamente in corso Garibaldi (angolo
via Ancona) dove suo padre e i suoi fratelli
gestivano una importante azienda che trattava (e tratta) legname.
A proposito: Li simmigge sono
chiodini piccoli usati per lo più dagli “scarpari”; Lu puìsche è una serratura
così come la mmascatùre. La cappizzètte …. già detto prima.
A proposito! Dov’è via
Spoertello?
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