venerdì 30 novembre 2012

Sono molto triste


Da dove cominciare? Comincio dalla fine.
“Paulù me sa ca chella cosa nen serve chiù!” Dovevamo mettere un piccolo corrimano nella chiesa di Santa Filomena per permettergli di salire i ripidi gradini che portavano in sagrestia. “Dai Don Micchè che a primavera la facciamo!” Ma nei suoi occhi vedevo la stessa espressione che aveva mio padre qualche tempo prima di morire.
Come al solito ci siamo fatti quattro risate e ci siamo salutati. Pensavo di rivederlo e invece …
Don Michele Ronzitti a chi non lo conosceva e lo vedeva passare per le strade della città, con la sua tunica ed i suo immancabile berretto, sembrava uno di quei preti conservatori attaccati ad un passato senza ritorno. Invece era una mente così aperta che sbalordiva chi lo ascoltava parlare. Con una semplicità fuori dal comune riusciva a far capire a tutti, dal più umile al più colto degli ascoltatori, i suoi concetti, anche i più avvoltolati.
Al compimento del suo sessantesimo anniversario di sacerdozio, Don Michele che sin da piccolo soffriva di gravi problemi all’apparato respiratorio, disse di se: “Se sono arrivato ad oggi è forse perché Dio ancora non mi vuole. Spero perché pensi che io possa essere ancora utile quaggiù in mezzo a voi”.
Noi che lo abbiamo conosciuto da bambini ne siamo sempre stati affascinati. Mai un atteggiamento aggressivo, mai un atteggiamento alla “Don Gallo”. Sempre bonario ma quando le doveva dire sapeva come fare. Sapeva come farsi ascoltare. L’ultima sua presa di posizione sulla situazione del Genova-Rulli ne è la più recente testimonianza.
All’oratorio di San Giuseppe intratteneva noi bambini con le sue barzellette. Raccontate da chiunque altro queste non avrebbero fatto ridere nessuno ma dette da lui con quella sua cadenza uastarola e quella sua calda risata amorevole ci divertiva un mondo.
Non sono uno che scrive “coccodrilli” e quindi non avevo preparato niente su questo “illustre concittadino”. Oggi sono troppo triste e per quanto mi sforzi di sorridere come se io e “Don Micchele” - rigorosamente con due c – ci stessimo guardando, non ci riesco. Per questo mi fermo qui.
Ciao Don Micchè!

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