Di Felice Monteferrante
La confraternita Preraffaelita
nasce a Londra nel settembre 1848, quando sette giovani, tutti intorno ai
vent’anni, si associano con l’intento di contrapporre al “Grande Stile”
dominante l’arte accademica il senso etico individuato nella pittura italiana
primitiva.
Protagonisti di un’avventura che
nelle formulazioni originarie avrà vita breve ma i cui sviluppi si estendono
fino alla fine del secolo, sono Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e
John Everett Millais. Aloro si uniscono il pittore James Collison, lo scultore
Thomas Woolner ed i futuri letterati Frederick George Stephens e William
Michael Rossetti.
Ruskin e la castità della Natura
Nelle dichiarazioni di poetica
come nel concreto operare sono influenzati dalle idee di John Ruskin nei primi
due volumi di pittori moderni
(1843-1846).Fin dal primo di essi
il critico incoraggia gli artisti
ad”andare verso la natura con onestà di cuore, non rifiutando niente, non
scegliendo niente, non disprezzando niente, credendo a tutte le cose buone e
giuste ed esultando sempre nella veità.
L’arte dunque è conoscenza della
natura e poiché la natura si rivela in parte divina , l’artista non deve
modificare l’opera di Dio, ma lasciarsene guidare.
Una puntuale rappresentazione del
reale consente anche l’individuazione di valori trascendenti.ogni particolare
di natura è in grado di assumere significati simbolici.
E poiché i primitivi di percepire
la natura in modo diretto, i Preraffaeliti intendono evitare che fra l’occhio e
la realtà continuino a frapporsi le
convenzioni artistiche alteranti adottate da Raffaello, impose dai suoi seguaci
e codificate nella pratica educativa della Royal Academy.
L’opera del pittore urbinate,
unanimemente considerata fra i più alti risultati dell’arte occidentale,
rappresenta per loro l’inizio del suo declino;l’eccessiva idealizzazione,
l’incuria nei confronti dei dati della storia, dimostrano la secolarizzazione
della coscienza artistica, introducendo elementi falsi e vistosi che
allontanano dalla semplicità e castità della natura.
La missione del pittore
L’autorità di Ruskin, grande
lettore della Bibbia, testo per lui dotato di un principio d’ordine immanente
alla storia. Oltre che riflettere il disegno delle verità eterne, influisce
sulle decisioni dei giovani artisti di dedicarsi all’arte sacra. Hunt è spirito
profondamente religioso interpreta la sua missione di pittore come una forma di
ministero .Rossetti è influenzato, agli inizi degli anni 1850 , dall’Oxford
Movement (dottrina orientata verso i
valori del Cristianesimo delle origini ), anche se considera tramite per una
riflessione dei valori della fede , soprattutto il Dante della Vita nuova.
Millais è il meno dotato di
spirito religioso,ma tutti e tre negli anni della P.R.B. si cimentano nella
scena sacra.
Guardano a pittori come
Gozzoli,Angelico, Ghirlandaio, Orcagna,Giotto da loro ritenuti gli ultimi ad
essersi confrontati direttamente con la natura ed il reale e ad aver posto in
evidenza, attraverso la chiarezza della loro rappresentazione, il rapporto con
l’elemento sacro. Le loro opere rappresentano ciò che la facciata di San Marco
a Venezia è per Ruskin. Una profonda testimonianza della fusione di intensa
qualità estetica e di spirito religioso.
Solo artisti non corrotti dalle
convenzioni eroicizzanti dello stile magniloquente teorizzato da Reynolds ed
affermatosi nella pittura ufficiale, possono riuscire ad individuare ancora la
poesia nella quotidianità degli eventi biblici e insieme esprimere i loro
valori trascendenti.
Le incisioni ottocentesche degli
affreschi medievali(sinopie) del Camposanto di Pisa ad opera di *Carlo Lasinio, primo modello a cui
i preraffaelliti si ispirano per le loro opere grafiche, sono considerate
rappresentative della resa di episodi della Scrittura in modo totalmente
diverso da quello della tradizione raffaellesca. E anche Ruskin, in una lettera
ala padre da Pisa nel 1845, descrive con entusiasmo gli affreschi del
Camposanto , impressionato dall’evidenza storica che vi assumono gli eventi.
Incontri segreti
I confratelli aspirano a
ritrovare nel loro presente quella realtà ricca di contenuti morali,
individuati dai primitivi.
L’aver costituito un’associazione
chiusa, dal nome ricco di risonanze religiose, con regole ed incontri segreti,
è sintomo della volontà di uniformare le loro vite ad u n etica comune e di volerla esprimere nell’arte. Non
aspirano a far rinascere lo stile degli antichi pittori ma, impiegando i modi
artistici e percettivi del presente, intendono recuperare quella sensibilità
che, attraverso gli occhi di Ruskin, vedono esemplificata nel passato.
Nell’osservare direttamente i
fenomeni naturali, identificano inoltre la loro missione con quella della
scienza contemporanea:come lo scienziato l’artista deve trovare Dio attraverso
un’accurata indagine dell’ambiente che lo circonda, rigenerandosi a contatto
con le verità della natura e della fede. Alla fine è sempre il principio
ruskiniano che la rappresentazione fedele della realtà ha non solo validità
estetica, ma è il mezzo di rinnovamento morale.
Un rapporto di amore-odio
Sembra che sia stato William Dyce
. artista scozzese già legato ai nazarenin a istituire il primo contatto tra i
preraffaelliti e Ruskin, conducendo quest’ultimo a vedere il dipinto di Millais
Cristo nella casa dei genitori , esposto alla Royal Academy nel 1850. Poi
verranno le due lettere al Times scritte dallo studioso in difesa degli
artisti, datate 15 e 30 maggio 1851, la seconda delle quali si conclude con
l’augurio che essi possano”fondare nella nostra Inghilterra la scuola più che
il mondo abbia avuto da 300 anni.
Dall’incontro tra Ruskin e
Millais nasce il progetto di trascorrere insieme un periodo a contatto diretto
con la natura , concretatosi in un soggiorno in Scozia nell’estate del 1853; il
pittore dipinge allora il famoso ritratto di Ruskin di fronte ad una cascata a
Glenfinlas, testimonianza privilegiata di una paziente osservazione dei
fenomeni naturali realizzata con la costante sorveglianza dell’effigiato.
La scelta del tipo di rocce
metamorfiche che fa da sfondo alla figura, Logneis, ha un particolare
significato.
Nel IV volume di pittori moderni, Ruskin descriverà
l’ondulazione dei suoi strati quale “simbolo di perenne paura” .Quasi ricordare come la vacanza scozzese fosse stata
il preludio alla rottura del suo matrimonio e all’unione di sua moglie Effe con
Millais, da lei sposato dopo avergli intentato una penosa causa di separazione
per impotenza.
Anche il rapporto con Holman Hunt
, pure nato sotto i migliori auspici, si interrompe presto perché Ruskin non
approva la decisione dell’arista di recarsi nel 1854 in Terra Santa per
dipingere direttamente in quei luoghi le scene bibliche, temendo che ciò gli
avrebbe inibito il libero esplicarsi dell’immaginazione.
L’austera formazione evangelica
ha inoculato fin dalla giovinezza nell’animo dello studioso la convinzione di
possedere la verità e il dovere di correggere gli errori. Una forma mentis che
domina in modo apodittico i suoi giudizi morali ed estetici, anche quando negli
anni 1850, la fede non è più così salda. Ma i dubbi religiosi lo fanno volgere
con maggiore tenacia verso le certezze artistiche, che si traducono anche nel
bisogno di influenzare i pittori con cui entra in contatto.
La grandezza di Dante
Il
rapporto con Rossetti, incontrato nell’aprile del 1854 e da lui subito
giustamente individuato come la personalità dominante del gruppo preraffaelita
sia dal punto di vista intellettuale che fantastico, conosce momenti
d’entusiasmo alternati a crisi profonde, fino ad una definitiva rottura alla
fine degli anni 1860. Rossetti trae stimoli complessi dall’amicizia di Ruskin,
generoso nel diffondere il suo nome tra i collezionisti, nell’anticipare i
denari per la pubblicazione sui poeti
italiani primitivi, nel provvedere alle cure per le malattie di Elizabeth
Siddal affascinato dalla grazia fragile e nervosa della compagna dell’artista.
Quando Ruskin definisce la
Confraternita come “ il primo fondamento di una vera arte
sacra” pensa non solo alle opere di Hunt ma soprattutto ai dipinti di soggetto
religioso eseguiti da Rossetti.dall’inizio degli anni 1850.
Non meno mirabili, sono per lui
le composizioni dantesche: Dante è per Ruskin “il grande esponente profetico
del cuore del Medio Evo” e gli acquerelli danteschi di Dante Gabriel lo
attraggono irresistibilmente. Ma trova insopportabile e privo di ogni vigore il
“versante arturiano”, legato al Ciclo Bretone delle storie di Artù e dei
Cavalieri della Tavola Rotonda, introdotto dall’artista nella sua opera insieme
ai temi ispirati a Froissart e alle “Border Ballads” medievali. Tutto ciò
appare a Ruskin manierato, celebrale, privo di ogni contatto con quella natura
che è alimento primo di ogni bellezza e di ogni verità. Il giudizio coinvolge
enche la decorazione murale eseguita da Rossetti a Oxford nel 1857 insieme a
William Morris e Edward Burne-Jones , episodi dal quale prende le mosse la seconda fase del
preraffaelitismo. Lo studioso detesta tale direzione di gusto per lui frivola
ed eccentrica e malauguratamente trasmessa da Rossetti ai contemporanei disegni
di Burne-Jones e al primo importante scritto poetico di Morris la difesa di Ginevra del 1858.
Pur ammettendo di essere in parte
responsabile di quel “fatale medievalismo” , incrementato da lui attraverso
l’esaltazione dell’arte primitiva e l’entusiasmo per i manoscritti miniati, non
ritrova più nella pittura dell’amico quel senso di pace e di ordine, per lui
essenziale sia nella natura che nell’arte. Qualità assimilante in quel momento
alla “ grazia classica ed alla tranquillità”
presenti nella scultura antica e negli artisti che considera eredi di quella
tradizione.
Burne-Jones e il suo Pigmalione
A compensare la frizione sempre
più acuta con Rossetti, interviene
la nascita di un rapporto, rivelatosi intenso e duraturo,con il giovane
Burne-Jones. Fin da ragazzo studente all’Exeter College di Oxford, egli ha
letto avidamente insieme a Morris gli scritti ruskiniani, e sarà proprio il
pensiero estetico di Ruskin a sostenere i due giovani, quando decideranno, dopo
molte sofferte esitazioni, di abbandonare l’idea di una carriera religiosa per
dedicarsi all’arte, per lo studioso non meno della Chiesa veicolo di fervore
morale.
Burne-Jones incarna perfettamente
quella fusione di capacità fantastica e tensione verso la realtà amata da
Ruskin. Quest’ultimo ne individua fin dall’inizio le doti e la carenza di
esperienza del giovane è elemento ideale per chi abbia, come lui, una vocazione
di Pigmalione . Inoltre la devozione di Burne-Jones è per lui molto importane,
il fallimento del rapporto con Rossetti è dovuto anche alla disattenzione
egoistica e nevrotica spesso inconsapevolmente mostrata sia dal pittore che
dalla Siddal
D’altro canto, pur essendo
personalità artistica più nettamente connotata, Rossetti è natura vulnerabile ed
inquieta, incapace di sostenere psicologicamente il dispotismo e e le critiche
di Ruskin. Nel 1856, dopo dieci anni, lo scrittore pubblica il III volume dei
pittori moderni e Burne-Jones lo recensisce con entusiasmo assimilandone le
idee sulla grandezza di uno stile legato a concetti quali “Verità” e “Bellezza”
Verso la “conversione”
In questi anni Ruskin muta in
modo fondamentale il suo atteggiamento nei confronti della fede. A Torino,
nell’estate del 1858, il contrasto tra un servizio religioso deprimente e la
robusta bellezza di Salomone e la Regina di Saba
di Veronese genera quella che egli stesso definisce un processo di
“sconversione” , sfociato in una sorta di religione dell’umanità.. Ciò si
riflette, inevitabilmente, nelle sue valutazioni estetiche che ora lo guidano
ad apprezzare “l’animalità” della pittura veneziana, mentre purismo e stile
medievale sono accantonati. Veronese diviene l’artista esemplare, capace di
creare capolavori come se fosse l’agente di un potere più alto.
Un ultimo segno, seppur
dialettico, di un legame con Rossetti, è nell’adozione da parte di quest’ultimo
di moduli venezianeggianti nella nuova resa della tipologia femminile
inaugurata alla fine degli anni 1850 e forse riflesso delle teorie ruskiniane:
il critico, ormai lontano da lui, eprime giudizi molto severi su quelle opere,
criticandone con asprezza, la sensualità e gli eccessi decorativi.
Ma trascorre l’inverno tra il
1858 ed il 1859 indagando su Tiziano e nel IV volume di pittori moderni
pubblicato nel 1860, il suo nuovo umanesimo trova espressione in una lunga
analisi della pittura dello stesso Tiziano e di Veronese .
Una nuova fede. La mitologia
Progressivamente anche
Burne-Jones abbandonerà i soggetti medievali ma per la prima volta in Italia
nel settembre del 1859, compie ancora un viaggio all’insegna del primitivismo
copiando Giotto, Ghirlandaio, Orcagna: è però in grado di scoprire
autonomamente artisti che Ruskin individuerà più tardi, come Carpaccio e
Botticelli.
Volendo incidere un modo ancor
più deciso sulla formazione dell’artista, nell’estate del 1862, lo scrittore lo
conduce con se di nuovo nel nostro Paese, gli fa eseguire copie dai veneziani e
da Luini, rappresentativi degli ideali estetici al momento prediletti.
Al ritorno, accantonata “l’animalità”
dei veneziani, torna a teorizzare l’idea di un arte dotata di incandescente
purezza, idea che, in fondo, lo ha sempre sedotto.
Nasce così, l’idea di un arte di
“arte costante”, espressa da forme elette, e poiché la fede religiosa è
indebolita, la mitologia diviene deposito di verità rivelate. Un programma che
sarà fondamentale per Burne-Jones.
Il pittore ha mostrato, fin
dall’inizio, di prediligere un gusto narrativo semplificato, risolto in forme
statiche ed eleganti, molto diverso dall’approccio drammatico e psicologico di
Rossetti alla sua materia, e Ruskin lo definisce “ il più meraviglioso di tutti
i preraffaelliti, ricco di immaginazione delicata e patetica,inferiore a
Rossetti in profondità, ma superiore a lui per grazia e dolcezza”. Quest’ultimo
elemento lo attrae particolarmente, coincide con ideali quali la “grazia
classica”, “il riposo”, la ricerca di forme belle, che vede realizzate
nell’immobilità, nell’intensa tensione per la bellezza, tipiche dello stile
maturo dell’artista.
L’intesa fra i due è compromessa
da un violento attacco di Ruskin a Michelangelo nel 1871, mentre Burne-Jones è
in piena fase michelangiolesca. Anche se Ruskin, negli anni successivi, critica
violentemente alcune sue opere, la base del suo consenso rimane inalterata e il
pittore sarà esaltato dal critico in una delle sue letture oxfordiane nel 1883,
come “moderno pittore di mitologia”. Analogamente Burne –Jones, seppure a
disagio, nel 1878 ha
sostenuto l’amico nel processo intentatogli da Whistler per un giudizio violentemente
negativo e da lui non condiviso su uno dei “Notturni” dell’artista americano.
Pur essendo sempre disponibile
nei confronti di Ruskin, il pittore è capace di preservare una sua saldezza e
integrità ed il rapporto tra i due non s’interrompe che con la morte. In parte
per il coincidere delle naturali inclinazioni artistiche di Burne-Jones con le
direzioni fondamentali dell’estetica ruskiana, ma ancor più per la dolcezza del
suo carattere, i n grado di offrire all’amico quella comprensione che arricchisce
uno scambio intellettuale di sentimenti profondamente umani.
*Carlo Lasinio
Le sue incisioni dagli affreschi
medievali del Camposanto di Pisa, hanno notevole diffusione in ambiente inglese
e rimandano un immagine dell’arte primitiva filtrata attraverso un purismo di
gusto ottocentesco.
Citate dal reverendo Newton (
promotore del movimento neo-cattolico) come importante punto di riferimento
culturale, descritte entusiasticamente da Leigh Hunt nella sua autobiografia, sono
considerate da Ruskin testimonianza, seppure mediata, di una grande arte
religiosa “Abramo e Adamo, Caino Rachele e Rebecca sono tutti là, reali e
tangibili, costruiti, solidi come erano, come devono essere stati ……non li si
può guardare senza essere sicuri che sono esistiti veramente in passato” egli
afferma.
I giovani artisti che avrebbero
costituito di li a poco la P.R .B. sono particolarmente
attratti dalle incisioni. F.G. Stephens le definisce momento di coagulo, in
grado di suscitare ideali artistici fino ad allora vaghi. Rappresentano infatti
il primo punto di riferimento, attorno al quale si organizza la protesta
preraffaellita contro l’arte ufficiale ( tratto dalla rivista “Ars”, articolo
di Maria Teresa Benedetti)
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