Nel giorno dedicato all’esaltazione del lavoro umano dobbiamo fare una riflessione più diretta su questo tema che ha sempre attirato l’attenzione: anche la Bibbia nel suo ritratto di apertura sulla creazione disegna il profilo dell’uomo come quello di un lavoratore, collocato nel giardino del mondo “per coltivarlo e custodirlo” (Genesi 2,15). Del lavoro si possono dire infinite cose, da quelle più ovvie come si osserva nel Candido di Voltaire (“Il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio ed il bisogno”), a quelle più amare, legate all’assenza di lavoro, come segno di desolazione, di umiliazione, di disperazione. All’interno del lavoro si devo esplicare due dimensioni. Da un lato, c’è la coscienza che si estrinseca nell’azione, nel progresso, nel benessere proprio e degli altri, nella creazione. E per questa dimensione “umanistica” e sociale che il lavoro non può essere sottomesso solo alle regole del mercato e dell’economia, ma è un fatto etico. Dall’altro lato, lavorare è scoprire: la terra affidata all’uomo perché egli renda esplicito un progetto glorioso e trascendente che in essa è celata. Lavorando, l’uomo partecipa all’opera del Creatore. Cogliamo l’occasione per esprimere la piena solidarietà ai 382 lavoratori della Golden lady ed al lavoratore licenziato dalla Pilkington, Alfonso Pacilli. Con la speranza che il Primo Maggio, festa di San Giuseppe artigiano, possa regalare a questi lavoratori, una speranza in più di operosità.
Lucio Ritucci
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