mercoledì 30 novembre 2022

Armocromia ed altre difficili parole.

 


Se solo si provassero ad applicare i principi della armocromia agli interventi che si stanno eseguendo sul territorio della nostra città, ci si renderebbe conto di quanto lo stiamo maltrattando in nome di uno sviluppo futuro. Certo è difficile immaginare e proporre una corretta pianificazione e programmazione, specialmente se schiacciati da veto-players da una parte e Short terminism dall’altra. Se almeno in mezzo a questi fossero ascoltate teste pensanti e non i soliti raccomandati, la massa, apparentemente afasica, capirebbe e si farebbe un’opinione giustificata su quello che si vuole porre in essere, quindi potrebbe manifestare la sua opinione.

Non mi si accusi di preterizione.

Gli aranceti e gli uliveti che ricoprivano la collina dalla Marina al Vasto sono stati sostituiti da edifici di ogni foggia e dimensione mentre presto ci si accapiglierà per un impianto eolico che disturberà, secondo alcuni, la visuale dell’ azzurro mare. Ci si distrae per alcune difformità, definite aggressivamente abusi, magari in un parco che finalmente stava prendendo una qualità degna del luogo, senza rendersi conto che affacciandosi dai belvedere cittadini, a causa della vegetazione incolta, non si vede più il panorama e piuttosto ci si schifa da ogni tipo d’immondizia lasciata in loco dai fruitori delle bellezze cittadine.

Ma l’armocromia, una disciplina che semplifica la vita e permette di sottolineare la propria bellezza, forse non è applicabile alla “meraviglia” della città poiché chi dovrebbe adottare questa disciplina la applica prima su di se guardandosi allo specchio.  Questo soggetto, infatti, ritenendosi bello, senza comparazioni o adeguate consulenze, e con una pletora di benevoli compagni che assecondano le scelte come spesso i mariti annoiati fanno pur di non spendere tempo o perché non sono in grado di dare giudizi, applica lo stesso criterio sul paesaggio e sull’uso di questo, non accorgendosi che il suo è un giudizio personale è la scelta è peggiorativa dello Status Quo.

Andrebbe studiato con calma l’ambiente e valutate con attenzione le eventuali scelte. Purtroppo lo Short terminism vuole risolvere al più presto la questione (le elezioni sono sempre dietro l’angolo e la speculazione deve produrre rapidamente) e i veto-players che, pur di fermare il cambiamento, non si accorgono di fare il gioco dei primi. Si ottiene così un qualcosa di ibrido che quasi sempre è peggio dello Status Quo. Vedi Casarza.

Chi ricorda Casarza prima dell’eliminazione della ferrovia e soprattutto prima della realizzazione di un comodo ma orrendo parcheggio? Era un Paradiso. Ora è un posto come un altro.

Si potrebbe utilizzare l’armocromia anche per la toponomastica? Io penso di si, se democraticamente si utilizzasse la maniera giusta. Chiudete gli occhi e immaginate La Canale o Vignola o San Nicola. Che colori vedete? Ora chiudeteli e immaginate Parco San Benedetto … è la stessa cosa?

La toponomastica è una cosa seria poiché questa materia racchiude in se storia e civiltà. Anche con riferimento a questa bisognerebbe avere tanta cultura. Cultura è una parola che nasce da “coltivazione e cura” e non dall’improvvisazione del momento. Invece … ma di questo parleremo in altre occasioni.



PS Il gabbiano in foto, non sa che bevendo quell'acqua (dolce) potrebbe morire.

mercoledì 16 novembre 2022

Ninnì

 


Una piccola cameretta con accesso da Corso Plebiscito tinteggiata di un vago colore verdino. Una mensola con un barattolo contenente due enormi granchi, che da noi si chiamano pelosi, sotto spirito. Di fianco a questo barattolo c’erano una cornice con la foto e l’autografo di Gianni Rivera e, attaccato al muro, lo stemma del Milan. Queste furono le cose che notai, entrando per la prima volta nella bottega di un barbiere. Fino a quel giorno il barbiere veniva a casa mia. Era un tipo dai capelli rossi che mi metteva seduto su una seggiolina posta su un tavolo e, mentre mi tagliava i capelli, mi raccontava le favole.

Finalmente mia madre ritenne che ormai fossi cresciuto abbastanza da recarmi io dal barbiere e zio Paolo si offrì di accompagnarmi. Per giungere da “lui” da Corso Garibaldi, si scendevano le scalette di “Cicilelle” e, attraversato vico storto del passero, si salivano quelle di Angiolina. Giunti in una piazzetta, attraverso un vicoletto stretto, si usciva su corso Plebiscito. A sinistra “Lu Furnarille”, di fronte il maestoso palazzo Ciccarone, a destra la barberia. Fuori da questa era sempre parcheggiata una “moto a Volkswagen”, cosi detta perché aveva il parafango anteriore che copriva la ruota fino alla metà di questa. Era la moto del barbiere.

Le chiacchiere ad alta voce sulla Pro Vasto, sul campionato di calcio, sulla passatella al bar Nord o nelle varie cantine della zona, assieme ad altre amenità, facevano rimbombare il piccolo ambiente. A lavorare erano in tre: il titolare, il padre del titolare e Fernando, il ragazzo di bottega. Dopo breve attesa mi sedettero su un cavalluccio di metallo argentato con la seduta di similpelle verdone e mi avvolsero in una tovaglia che mi lasciava libera solo la testa.

“Alla Umberto?” Chiese il padre del titolare a mio zio. “Certo, alla Umberto, e faglieli bene altrimenti chi la vuole sentire sua madre!”. Cominciai a sentire il movimento e il tocco di forbici e pettine ma soprattutto lo “gnikgnic” della macchietta sul collo, dietro le orecchie e sulle basette. Questa sensazione ormai non si prova più giacché quella macchinetta è stata sostituita da altra elettrica che emette un rumore assai diverso. Sono cambiati anche i rasoi e nemmeno si usa più quella fascia di cuoio appesa al muro da cui scaturiva quel veloce “ciaff ciaf” mentre il barbiere affilava il rasoio su di essa.

In quella stanzetta per la prima volta il rasoio passò sulla mia faccia.

“Dai tagliagli quei brutti peli sotto il naso” disse un giorno mio zio al “barbiere” e quest’ultimo mi chiese: “sei sicuro? Poi dovrai raderti sempre!”. Io mi sentii grande e acconsentii. Mi viene da sorridere perché ancora adesso mi taglio di rado la barba.

Il tempo passava, l’amministrazione comunale di allora decise di allargare il vicoletto che conduceva a Piazzetta d’Amante a scapito della Bottega del Barbiere che fu abbattuta. Il barbiere si trasferì in via Crispi, poco più sopra del negozio di zia “trisina a fore la porte”, verso il Belvedere Romani. Qui il Salone, finalmente si poteva chiamare così, era luminoso e ben arredato. Sul fondo spiccava un riquadro realizzato con carta da parati che riproduceva geroglifici egizi e davanti a questo un “moderno” divanetto rosso. Poltroncine nuove, attrezzature nuove, non ho memoria se ci fosse ancora la sedia a cavalluccio, già da allora era un ricordo, ma c’era ancora l’angolino dedicato ai Pelosi e al Milan. Non c’erano più i pacchi di schedine del Totocalcio, che si usavano nella vecchia bottega per pulire i rasoi dalla schiuma da barba. Tutto più moderno, tutto più funzionale.

“Tradii” quel luogo per colpa di un torneo di calcio: il famoso trofeo barbieri. Il mio salone non partecipava ed io per entrare in una squadra fui “costretto” a farmi “servire” in un altro salone. Ricordo ancora Fernando che sugli spalti, vedendomi, indicava al suo “principale”, rigorosamente in dialetto: “Elle vì addò stà, elle vì! Joche 'nghi la squadre di LT”.

Partii per l’università e quando tornavo frequentavo gli “acconciatori” (all’epoca cominciavano a chiamarsi così) dove capitava.  

Tornai in quel salone, che nel frattempo si era ancora trasferito, questa volta di fianco a “Portanova”, per accompagnare mio zio ormai molto malato. Lui si che non aveva mai tradito quel suo amico barbiere, quel suo unico “vero” amico si chiamava Ninnì.

Chiedo scusa a chi mi rimprovererà di aver raccontato una mia storia invece di quella Ninnì, ma lui assieme a mio zio sono un pezzo del mio cuore e come si fa a staccare un pezzo di cuore senza esserne protagonista?

 


(La foto è di repertorio, scaricata da internet)

martedì 8 novembre 2022

Alla luce del poi ... che scemo!


Ho ritrovato questi articoli del 2008 e mi chiedo fino a che punto essere "idealisti" paghi. All'epoca ci credevo. Oggi invece ...


La cosa bella poi è che gli argomenti trattati negli articoli sono ancora all'ordine del giorno. Vogliamo ridere? Ridiamoci su che è meglio.


 

venerdì 4 novembre 2022

A Gabriele Rossetti il busto al Pincio ... il banchetto agli invitati.


Inutile aggiungere parole (tranne che la foto l'ho scaricata da qualche parte nel web, mentre l'articolo l'ho scovato nella immensa emeroteca Ciccarone). Era il 4 novembre 1911 e ...