giovedì 31 gennaio 2013

Dov'è?

 Se della prima "memoria" in molti daranno la risposta giusta, sulla seconda non credo.
 

mercoledì 30 gennaio 2013

E vai coi "torroncini" Capefuche style"

Chi ricorda la "Cucina economica"?


Solo certe persone sanno conservare oggetti apparentemente inutili. Solo certe persone sanno ridare loro nuova "luce".

Presto una sorpresa.

Presto su questo blog e in esclusiva su Zonalocale presenterò dei filmatini d'epoca, ritrovati nella soffitta di "Aldo", che ci ricorderanno di ... "quando a Vasto i giovani si divertivano".

lunedì 28 gennaio 2013

Scarpasciudd (in pausa di riflessione)


" PICCIUNE E 'PPASSARILLE "
di Vittorio Patriarchi

domenica 27 gen'13, ore 17, lido Aurora, Vasto Marina.
PISELLI  ROSCI  3 - 3
arbitro Antonio Tarantino

Giornata calcistica diversa, questa, posticipata di un giorno: visto che gli Scarpasciùdd' sono in punizione con nota collettiva sul registro (sabato non si è giocato), previa richiesta scritta al pres.Nicola Monopoli, ho deciso di ' jì a rifriscàrme lu' bbuèfere' sulla spiaggia insieme ai gemelli dei Sea Lions, socceristi da una vita. La tramontana 'ggilàve li rècchie', ma un tiepido sole rendeva la sgambata più fattibile. Il terreno di gioco era stato spianato da lu ' rrujìtte ', e numerosi erano le 'ccìschjie' (cespugli di arbusti fluviali), frutto delle recenti mareggiate: la preoccupazione prepartita del pres. di dover traslocare 'all'interno' è stata scongiurata e, permettetemi, si è evitato di commettere un atto impuro (è come se gli Scarpasciùdd avessero giocato sul prato di Wembley invece che sulle gramacce dell'Incoronata, è contro natura). Organizzazione perfetta, logistica ok, marcalinee come sempre allineato meglio di un teodolite digitale (chiaramente qui il GPS è un inutile ammenicolo). Le squadre sono state fatte 'ai tocchi' come alla vecchia maniera (cosa saggia da copiare) per il resto, noto Pal'e fier nell'inedita veste di arbitro, ed inoltre manca Nicola Malatesta (Mosè), 'pietra miliare' (ma che dico: scoglio marino dei socceristi), assenza determinante che mi fa subito pensare: ' e mmò chi li va' a riccòjje lu' puallòne 'mmèzze a lù muàre ? ': al che, suggerisco al pres. di munirsi all'uopo di quell'attrezzo che i trabboccani usavano per raccogliere il pescato sulla rete appena tirata su, consistente in una pertica di 3 m circa con anello terminale bordato di rete marinara, con cui il pescatore 'arradunuàve la paparèine (o piscitìlle a la nìude'). Dopo aver salutato i mitici Giancarlo, Italo, Mario, Elio, Ciancaglini e tanti altri (tra cui molti giovani interessanti) la partita è filata via come l'olio: a parte il mio determinante apporto (in negativo) in occasione dell'autogol fortuito (presidè, l'ho detto all'inizio che avrei fatto la differenza...), questa sudata mi ha fatto riconciliare (sebbene per me non ce fosse stato bisogno, per qualcun altro non so..) con lo sport inteso come puro divertimento, autoironia, sarcasmo, sfottò , ma mai inteso come occasione per dimostrare superiorità assoluta o, peggio ancora, scontrosità fisica: 'e mò avàste' con il pistolotto moralista, che avevo promesso a Nicola, ma una ultima considerazione polemica vorrei farla: avete notato che oggi la sabbia era insolitamente a striature nere, anche in profondità ? Eppure non siamo ad Ostia, nè tantomeno la ' rène uastarèule' è di natura vulcanica...Amici dei Sea Lions, grazie ed un arrivederci alla prossima nota sul registro: e voi, sempre così !    

domenica 27 gennaio 2013

Non si dovrebbe dimenticare nemmeno chi è sopravvissuto.


Un "poco" di Cultura.


L'amico Felice Monteferrante da tempo mi chiede come mai a Vasto non si parla mai di Raffaele Mattioli. Nel "momento" in cui sale alla ribalta il "problema" Monte Paschi di Siena e in una giornata fredda che non invita ad uscire, invito a leggere quanto Felice mi ha scritto su Mattioli.

Dalla legge amato del 1990 cioè con  la privatizzazione del sistema bancario, il cui residuo pubblico è rimasto nelle fondazioni bancarie, sono avvenute molte fusioni ed acquisizioni . basti ricordare la nascita di intesa san paolo dalla fusione di Banca Intesa e Sanpaolo IMI quella di capitalia con UniCredit, la fallita scalata di unipol a b.n.l. ( fusasi in seguito con bnp paribas),la recente acquisizione di fonsai da parte della stessa unipol e le tante fusioni tra banche di credito cooperativo.
Si diceva , giustamente, che le nostre banche erano troppo piccole per reggere la concorrenza dei colossi  europei e per fare acquisizioni all’estero ed infatti ora soprattutto UniCredit ed intesa san paolo sono presenti in molti paesi europei.
È vero che dal fallimento di lehman brother’s che ha dato inizio alla crisi , prima finanziaria e poi economica, nel nostro paese non ci sono state bolle ne finanziarie ne immobiliari, come è accaduto in Irlanda o in Spagna, ne lo stato è dovuto intervenire fino alla nazionalizzazione ( fatta eccezione del maxi prestito di 3.9 mil. di euro a M.P.S.) di alcuni gruppi finanziari o assicurativi, come è avvenuto alla britannica northern rock alla tedesca commerz bank e più recentemente alla spagnola
Bankia o al gruppo assicurativo franco-belga  Dexia.
Ciò vuol dire che il nostro sistema bancario sa valutare bene a chi concedere credito?
La risposta solo in parte è affermativa, perché se è vero che le nuove regole di Basilea (1,2,3,) costringono a continue ricapitalizzazioni e se l’ E.B.A.( autority bancaria) è stata  molto severa con le nostre banche che detenevano titoli di stato, è pur sempre vero che anche in un sistema interbancario bloccato e con lo spread alto, la B.C.E. ha iniettato liquidità per 1000 miliardi di euro un terzo dei quali sono arrivate alle nostre banche.
Questa liquidità però è servita per ricapitalizzazioni ed acquisto di titoli di stato, forse un bene per il sistema paese ma meno per imprese e famiglie.
Infatti è proprio questa mancanza di concessione di credito uno dei problemi che costringono, anche le nostre imprese più solide che impiegano parte dei loro utili  in innovazione e ricerca e che hanno il loro core business  anche nei mercati mondiali, a rinunciare a fare nuovi investimenti.
Forse “ci vorrebbero più banchieri e meno bancari” intendendo che, il rapporto di prossimità di direttori di filiali con i propri clienti sa fare  valutare meglio le idee e non solo il patrimonio che si deve dare in garanzia. Ma purtroppo ciò è prerogativa di qualche Cassa rurale o di qualche Credito cooperativo.
Al netto della crisi mondiale, forse è giunto il momento che la politica faccia una seria riflessione su quelli che prima si diceva essere i poteri forti, oggi sempre meno forti visto che la globalizzazione e l’assetto dell’U.E. ha rosicchiato buona parte della sovranità dei singoli governi.
Però se guardiamo, senza entrare nei particolari e nei nomi dei protagonisti, le vicende che hanno riguardato Mediobanca e generali e le conseguenze che ciò può portare all’informazione (R.C.S. e non solo) capiamo che i protagonisti, sia persone che istituti bancari, sono sempre gli stessi.
hanno ratificato il primato della banca d'affari di Piazzetta Cuccia nell'advisoring. Con 77 operazioni e 32.2 miliardi di dollari movimentati. La banca milanese oltre a svettare al primo posto è anche l'unico advisor italiano tra i primi dieci posti ed ha praticamente  stradominato nell’energia e nell’industria  La mossa dell'Eni in Belgio, con l'acquisizione da oltre 3 miliardi di Distrigaz, quella da 16 miliardi fatta da Terna sulla rete ad alto voltaggio di Enel e la maxi-fusione da 1,4 miliardi di Iride-Enia, godevano della consulenza della banca guidata da Alberto Nagel .Così come nelle Tlc la banca ha seguito Telecom Italia nella vendita di Alice France, le attività di banda larga, al gruppo transalpino Iliad. La singola più grande operazione in cui Mediobanca è stata coinvolta è stata l'offensiva da 5 miliardi di Finmeccanica negli Stati Uniti sull'azienda di Difesa Drs.
Il motivo di maggiore soddisfazione per la banca, in un anno terribile per tutte le banche d'affari, è il buon posizionamento all'estero: Mediobanca è il quarto advisor in Spagna e unica banca d'affari italiana tra le prime 25 censite da Thomson nel Paese. L'istituto è alle spalle di Ubs, Citi e Goldman, ma davanti a leader mondiali come Morgan Stanley, Hsbc o JpMorgan, grazie anche ai big deal, da 8 miliardi, della cordata Citi-Abertis-Atlantia che ha acquisito la concessionaria autostradale Itinere. In Germania la banca d'affari presieduta da Cesare Geronzi si è posizionata ottava, distanziando di tredici posizioni UniCredit (che nel Paese gode dell'apporto della controllata Hvb) e di sedici Banca Leonardo. Sedicesima posizione, infine, per Mediobanca in Francia, ma anche in questo caso la banca può vantare di essere l'unico advisor italiano piazzatosi in classifica nel Paese.
Oggi l’era Geronzi è finita ma Mediobanca controllando Generali resta ancora la cassaforte d’Italia e sarà ancora decisiva nella fusione Unipol Fonsai e nella utopica realizzazione di fondere UniCredit ed Intesa San Paolo.
A questo punto conviene fare un escursus storico su Mediobanca. Fondata nel 1946  e soprattutto su uno dei suoi protagonisti, il nostro concittadino Raffaele Mattioli, terzo figlio di una famiglia della piccola borghesia. Dopo aver frequentato l’Istituto tecnico commerciale “Ferdinando Galiani” a Chieti, nell’autunno 1912 si iscrive all’Istituto superiore di studi commerciali di Genova. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, si arruola come volontario in fanteria. Dopo la fine del conflitto presta servizio nell’ufficio politico-militare del corpo d’occupazione interalleato di Fiume e in seguito si aggrega come osservatore alle legioni di Gabriele D’Annunzio, per il quale svolge mansioni di addetto all’ufficio stampa. Lasciato definitivamente l’esercito nel gennaio del 1920, ritorna agli studi universitari, laureandosi nel dicembre dello stesso anno con una tesi di Economia monetaria. Dal 1921 al 1925 lavora in qualità di assistente presso l’istituto di Economia politica dell’Università “Bocconi” di Milano. Parallelamente ricopre la posizione di segretario generale della Camera di commercio di Milano, dove cura in particolare il potenziamento dell’ufficio studi: uno dei primi frutti di questo impegno è l’inizio della pubblicazione regolare di statistiche sul commercio e sull’andamento dei prezzi. L’attività svolta alla Camera di commercio richiama l’attenzione dell’Amministratore delegato della Banca commerciale italiana, Giuseppe Toeplitz che lo assume come proprio segretario di Gabinetto nel novembre del 1925.
 Accanto a Toepliz, alla Banca commerciale Mattioli collabora alla stesura delle relazioni annuali della Banca commerciale fin dall’esercizio 1925, contribuendo a mettere in luce i principali problemi strutturali del sistema bancario italiano: l’alto grado di concentrazione oligopolistica del settore creditizio, la scarsità di capitali di rischio e il peso preponderante del modello della banca mista, la cui funzione propulsiva del processo di sviluppo industriale risulta ancora insufficiente. A partire dal 1926 la Banca commerciale inizia a soffrire di una preoccupante situazione di immobilizzo dei crediti vantati nei confronti di imprese industriali, mentre la crisi borsistica rende impossibile il ricorso al mercato finanziario interno. Toeplitz decide pertanto di ricorrere ai mercati esteri, trattando la concessione di prestiti con organismi finanziari inglesi, olandesi e, soprattutto, americani. Il passo successivo è un viaggio di Toeplitz negli Stati Uniti nel maggio 1928 – accompagnato da Mattioli, che viene promosso Direttore addetto nell’ottobre dello stesso anno – per rinsaldare i rapporti della banca con il mondo finanziario americano e tentare il collocamento di azioni della Banca commerciale sul mercato statunitense. In seguito alle perturbazioni internazionali dovute alla “grande crisi” e alla svalutazione della sterlina, la Banca commerciale si trova costretta a chiedere l’intervento dello Stato, per porre rimedio a una gravissima crisi di liquidità.
La riforma sotto l’Iri Mattioli, promosso nel frattempo Direttore centrale, redige su incarico di Toeplitz nel settembre del 1931 un memoriale per Mussolini – intitolato Per la regolamentazione dell’economia italiana – nel quale propone di affidare i pacchetti azionari industriali posseduti dalle banche miste e il coordinamento della politica industriale a un ente di natura tecnica, che vedrà poi effettivamente la luce con la costituzione dell’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), creato nel gennaio 1933 e presieduto da Alberto Beneduce . Il 31 ottobre del 1931 viene infine stipulata la convenzione per il salvataggio della Banca commerciale, con lo scorporo delle partecipazioni industriali tramite la società finanziaria di smobilizzo Sofindit.
Nel marzo 1934 la proprietà della Banca commerciale passa dal Consorzio mobiliare finanziario (controllato dalla banca stessa) all’Iri, e le azioni della banca in mano ai privati si riducono a una frazione trascurabile. Toeplitz è costretto a lasciare la guida della banca e, nell’assemblea del 25 marzo 1933, gli subentrano in qualità di nuovi amministratori delegati Michelangelo Facconi e lo stesso Mattioli. Questi ultimi, al fine di tutelare l’autonomia della Commerciale da possibili ingerenze del nuovo azionista pubblico, s’impegnano a realizzare in tempi brevi un sostanziale riequilibrio del bilancio e una rapida riforma dell’organizzazione interna. L’obiettivo è quello di aggiornare l’originario modello tedesco adottando – laddove possibile – le nuove soluzioni organizzative sviluppate dalle banche statunitensi nei primi decenni del Novecento: semplificazione dei servizi funzionali della Direzione centrale e abolizione delle gerarchie intermedie di funzionari; maggiore collegialità delle decisioni; avvio di nuove routines per migliorare i dati di controllo direzionale, l’erogazione dei crediti e l’attività di sviluppo commerciale; meccanizzazione della contabilità e conseguente riduzione del personale; selezione e cura delle risorse umane, vero fattore critico nella competizione tra le banche.  
«Il nazionalismo fu la sua prima “eresia”, al cospetto dell’establishment. Per esso il banchiere non deve avere una patria, la sua patria è il mondo. “Per Mattioli, invece, la Patria (con la maiuscola) è l’Italia (…), è stato a Fiume con D’Annunzio”.   
«Come crociano, Mattioli era liberale, ma seguiva in campo economico la scuola keynesiana, essendo favorevole all’intervento dello Stato nell’economia, una eresia per i liberisti puri alla von Hayek o alla Milton Friedman. Cuccia in ciò lo ritiene un liberale anomalo.
Nel febbraio del 1960 veniva eletto anche presidente del Consiglio d'amministrazione della Banca.
Vice presidente della Banca Francese e Italiana per l'America del Sud e della Banca della Svizzera Italiana, il M. fu capo di una missione economica a Washington dal novembre 1944 al marzo del 1945, e, nel marzo-aprile 1947, di una missione a Belgrado che concluse il primo trattato commerciale con la Iugoslavia.
ha favorito varie iniziative nel campo degli studî umanistici
rivista  La Cultura
creazione dell'Istituto italiano di studî storici in Napoli, succedendo poi a B. Croce
collezione storico-letteraria La letteratura italiana
La Fiera Letteraria
rilevo la casa editrice Ricciardi
Stringe rapporti di sodale amicizia con letterati e intellettuali quali Benedetto Croce, Carlo Emilio Gadda, Giacomo Manzù ed Eugenio Montale.
Paga lui le spese di ricovero di Antonio Gramsci e, dopo la morte dell’intellettuale sardo nel 1937, si adopererà per salvare i suoi Quaderni del carcere, facendoli consegnare a Togliatti.

Della cultura ebbe una concezione alta, prediligeva quella accademica. Ma sapeva riconoscere nei giovani il talento, l’originalità, l’impegno. Manteneva rapporti con Piero Sraffa, Benedetto Croce, Riccardo Bacchelli, Eugenio Montale, Gadda, Mario Praz, Arrigo Cajumi, Luigi Einaudi, Palmiro Togliatti, Franco Rodano, ma aiutava negli studi a Londra giovani come Eugenio Scalfari e Marcello De Cecco.
Giovanni Malagodi al grande economista inglese, Lord John Maynard Keynes, che Mattioli conobbe tramite Piero Sraffa, e all’industriale e politico tedesco Walter Rathenau, intellettuale raffinatissimo, propugnatore di un’Economia Nuova, ministro della Ricostruzione e degli Esteri nella Repubblica di Weimar, da cui Robert Musil trasse ispirazione per un personaggio del suo romanzo “L’uomo senza qualità”».

«Sulla funzione della banca Mattioli aveva idee precise. In una famosa lezione illustrò alla sua maniera iperletteraria e immaginifica che la «banca è come la cantina di Auerbach dove si può scegliere tra sciampagna, Tokai, Borgogna, Reno» e dove le imprese andavano assistite nelle loro necessità di credito. Le banche, secondo Mattioli, dovevano concedere fidi su valutazioni razionali, evitando il «credito agevolato» («Chi reclama un taglio negli interessi da pagare, si conferma ipso facto fuori del mercato»). La Comit da lui guidata per un quarantennio ha sempre sostenuto le imprese capaci di realizzare il profitto («una funzione socialmente necessaria») in un regime di concorrenzialità.
Era scettico verso la politica degli incentivi per il Mezzogiorno,
Non aveva molta stima per gli imprenditori «baroni delle rendite» senescenti minorenni, cui far indossare la toga virile»
È passato alla leggenda lo scambio di opinioni tra Mattioli e Palmiro Togliatti, il segretario del PCI, che chiese al banchiere: «Ma a che serve oggi una collana di classici?». E Mattioli: «Io ho costruito un muro. Finché voi non avrete digerito i libri di questo muro, non potrete fare neppure un saltino così». Il catalogo della collana, che ha superato i novanta volumi, registra il Gotha della cultura letteraria e filologica: Gianfranco Contini, Eugenio Garin, Mario Fubini, Giovanni Getto, Raffaele Spongano, Antonio Viscardi, Francesco Flora, Giovanni Aquilecchia, Romano Amerio, Attilio Momigliano, Carlo Muscetta, Norberto Bobbio, Ezio Raimondi, Mario Bonfantini, Ettore Bonora, Giovanni Pozzi, Cesare Segre, Franca Ageno, D’Arco Silvio Avalle, Carlo Salinari, Emilio Cecchi, Goffredo Bellonci, don Giuseppe De Luca. A quest’ultimo, grande storico della pietà, Mattioli affidò intorno al ’52 la cura di un volume dedicato agli scrittori di religione del Trecento, che uscì nel ’54 e che Carlo Dionisotti definì una «lezione» per «tutti noi strudiosi di letteratura italiana e non per noi soltanto». Mattioli – ha scritto Alberto Vigevani, scrittore finissimo ed editore de Il Polifilo – «sceglieva i testi con i curatori, li consigliava nel loro lavoro, se era il caso li correggeva, leggeva manoscritti e bozze di stampa, scriveva, telefonava, in continuo contatto con i collaboratori e la tipografia». Aveva una capacità di lavoro mostruosa – in questo simile a Benedetto Croce e a Gabriele d’Annunzio, che sono stati tra l’altro tre grandi editori italiani del ’900 – e aveva in uggia le ferie (soltanto una settimana nella sua casa toscana di Nozzole, dove sostavano anche Croce e Carlo Emilio Gadda), di cui diceva: «Solo la gente che non sa vivere discrimina fra lavoro e hobby. Nessuna ora e tutte le ore sono subsecivae: l’ozio e il lavoro, a un certo livello, sono la stessa cosa. La torta è la torta, e l’uomo è l’uomo, non si può dividere». Francesco Cingano, che diverrà amministratore delegato della Comit, ha raccontato in un’intervista i discorsi contorti a cui dovevavo ricorrere i collaboratori diretti di Mattioli per annunciargli le ferie. Un russo bianco poliglotta, fedelissimo di Mattioli, Valentino Bona, ex segretario di Cicerin, ministro degli Esteri dell’URSS fino al ’29, dovette fingersi sordo per andare in pensione dopo gli ottanta anni».

Di Sraffa, economista di fama universale, Mattioli divenne amico e lo rimase per una vita al tempo in cui si occupava della “Rivista bancaria”, per incarico di Attilio Cabiati, docente di economia alla Bocconi di Milano. Sraffa era figlio di Angelo, rettore della Bocconi, e Mattioli lo aiutò nella tesi di laurea. Da Sraffa ricevette i “Quaderni del carcere”, che salvò nel caveau della Comit. L’episodio fu reso noto soltanto dopo la morte di Raffaele Mattioli, che avvenne il 27 luglio 1973, un anno successivo alla sua defenestrazione per un colpo di mano partitocratico di «quattro mediocri democristiani» (Marcello De Cecco). Gli era subentrato Gaetano Stammati, che finirà iscritto alla Loggia massonica P2 di Piero Gelli. Mario Melloni, il geniale corsivista che si firmava Fortebraccio sull’«Unità», scrisse: «Entra nella Comit il grigio burocrate, l’opaco commis e ne escono la fantasia e l’intelligenza». Quando Mattioli morì, ha scritto Gianfranco Contini, «la sua fine parve storicamente tempestiva, sentimentalmente precoce».
Nel ’52, dopo la morte di Croce, Mattioli assunse la direzione dell’Istituto per gli Studi Storici di Napoli, salvando il grande patrimonio crociano.
Diverso il rapporto che ebbe con d’Annunzio. Lo seguì a Fiume, entusiasta e un po’ catturato dall’eloquenza del Vate, con l’incarico delicato di tenere i contatti tra il Comandante e Mussolini. Ma si stancò presto del clima ribellistico e parolaio dell’avventura fiumana e abbandonò il Poeta che lo lapidò con parole roventi: «Odio i ragionatori che hanno il cervello incallito come il ginocchio del dromedario nel deserto». Ma il Vate, tramite l’editore Treves, bussò spesso alla Comit per prestiti che non gli furono negati».
Carlo Emilio Gadda, dal canto suo, gli dedicò le “Novelle del Ducato”…
Ma, a distanza di anni dalla sua scomparsa, le questioni da lui poste, come la formazione di una classe dirigente, sono ancora in piedi, in un panorama profondamente cambiato.
In quegli anni l'ufficio studi della Comit diventa una sorta di università "segreta" della classe dirigente laica e antifascista, dove saranno accolti, tra gli altri, Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi, Guido Carli ed Enrico Cuccia, con cui costruì il progetto dell'IRI e di Mediobanca.
Fu il primo banchiere italiano a sostenere Enrico Mattei, finanziando contro ogni logica imprenditoriale la sopravvivenza dell'AGIP nei primi periodi di amministrazione Mattei.
Nel 1972 rifiutò la carica di Presidente onorario della Comit, passata, secondo
le logiche della lottizzazione politica, al democristiano Gaetano Stammati, membro della loggia massonica P2 di Licio Gelli.
Discepolo e amico di Benedetto Croce, nel 1942 partecipa alla stesura del manifesto del Partito d'Azione, ma, allo stesso tempo, lavora al salvataggio di casa Savoia
. cui restauro aveva contribuito in modo munifico, si ritiene in ricordo di Guglielma la Boema, oggetto nel Medio Evo di un culto disapprovato dalla Chiesa cattolica.
La casa natia di Mattioli è stata donata dai figli alla cittadinanza di Vasto con destinazione culturale, insieme a un fondo librario di oltre 3800 volumi, tra cui alcuni autografi.
I libri di maggior valore sono invece stati conferiti alla Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico, la cui biblioteca aveva sede a Milano nei locali della Banca Commerciale Italiana e comprende anche l'archivio Verri.
La fondazione, gestita dagli eredi di Mattioli e presieduta (al 2011) da Enrico Decleva, ha arricchito la raccolta libraria vendendo alcuni libri di filosofia e acquisendone altri di storia del pensiero economico; la raccolta risultante, di circa 4000 volumi fra cui alcuni appartenuti ad Adam Smith, è stata donata nel 2011 all'Università degli Studi di Milano, nei cui locali era precedentemente ospitata, andando a costituire la Biblioteca Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico.

giovedì 24 gennaio 2013

Siamo "partiti".


Mercoledì 23 gennaio alle ore 11.00 presso la sala d’armi della torretta in via Damante è stato presentato il progetto  "Restauro Torretta Damante". L'iniziativa è il frutto di una collaborazione tra: l’associazione Vigili del Fuoco in Congedo; la proprietà dell’immobile; l’associazione culturale “72 dell’arte”; l’architetto Francescopaolo D’Adamo.
Il lavoro è teso a creare sinergie tra le diverse forze ed energie della città, con lo scopo di salvaguardare e recuperare le emergenze architettoniche e storiche della città e del suo territorio.
Il messaggio forte e chiaro che scaturisce dalla presentazione è che “un'altra strada è possibile” per occuparsi utilmente della città e dei suoi bisogni. Una strada che parte dal volontariato,  ma deve necessariamente approdare alle professionalità più elevate, senza le quali gli obiettivi raggiungibili restano di valore modesto.
Questo è l'approccio apprezzato dai Lions, presenti alla conferenza, dalla professoressa Malatesta, proprietaria di locali sottostanti che ha affermato di essere pronta a donare al Comune o ad altre associazioni, a condizione che ne facciano un uso atto a portare fregio alla città.
Apprezzato anche dall'assessore al patrimonio il quale ha riportato i saluti dell'Amministrazione Comunale e si è detto pronto a sedersi intorno ad un tavolo per esplorare le possibilità di intervento da parte del Comune.
Che esista un problema di crisi economica sistemica è acclarato, che gli enti locali versano in condizioni disastrose è un fatto certo anche esso. Ma cio' non esime nessuno dall'assumersi le proprie responsabilità. Anzi, ognuno deve essere maggiormente responsabilizzato nel momento in cui impiega delle risorse, proprio perchè le risorse sono limitate.
Per questo motivo chiederemo il contributo di tutti e lo accetteremo da tutti. Allora, noi vogliamo ribadire con forza che “un'altra strada è possibile”.

                                                                                                                                   Il Pres. Ass. VV. F. in Congedo
Antonio Ottaviano

mercoledì 23 gennaio 2013

Torre Diomede del Moro

Questa si chiama Torre Diomede del Moro e non Torretta d'Amante. E' scritto sulla pagina 202 della Storia di Vasto del Marchesani. Ho dovuto reiterare anche io l'errore di denominazione di questo monumento vastarolo, poiché nelle carte necessarie per l'ottenimento dei nulla-osta per il restauro era riportata la dicitura "Torretta d'Amante" e quindi per non creare equivoci ... ma ora è il caso di ripristinare la verità. 

martedì 22 gennaio 2013

La bomba.

Chi ricorda di quando furono fatti saltare con una bomba notturna gli ultimi resti del duecentesco chiostro del convento di Sant'Agostino?


lunedì 21 gennaio 2013

Teatro comunale ...


Scarpasciudd


HETT' E CCHENE  
(cani e gatti)

sabato 19 gen'13 ore 17, campo Incoronata.
PARTIZAN BEOGRAD  HAIJDUK SPLIT  3 - 3
arbitro Orazio Di Blasio

PARTIZAN BEOGRAD (blu): Loreta, Danenza, Ronzitti N, Forgione, Puddu, Salvatore, Soldano, Vino, Angiolillo, Reale, Ronzitti L

HAIJDUK SPLIT (gialli): Granata, D'Adamo, Isoardi, Sboro, Di Foglio, Patriarchi, Antenucci, Sebastiani, D'Angelo, Cicchini, Bozzelli

Trasferiti sull'altra sponda dell'Adriatico (ex Jugoslavia), si inizia su campo pesante 'ca jj'à 'mbùsse 'gne 'na' pizzadògge ': storico passaggio in giallo dell'assessore D'Adamo, mentre Soldano comunica al mondo intero che ' lu' quaceòve mo' li sa fa' bbòne'; iniziale spunto dei blu che, dopo qualche scorribanda, si sbloccano: al 9'assist da dx di Reale per Angiolillo, intercetta di mano Isoardi, rigore: batte Angiolillo, ma Christian Granata ribatte di piede. Dopo 3' Vino lancia Ronzitti L in area, a botta sicura calcia ma ancora una volta  Christian sventa la minaccia di piede e devia (e son due). Al 13' è invece il giallo Bozzelli che impegna Loreta in una difficile deviazione: al 18' i blu vanno in vantaggio, con una triangolazione stretta Ronzitti-Angiolillo-Ronzitti, Lorenzo stanga in velocità, ed è 1-0. Al 28' i gialli riordinano le idee e pareggiano: Cicchini lancia sulla dx Nicola Bozzelli che dribbla 2 avversari e mira con successo l'angolo sx: 1-1. Al 40' il giallo Franz Sboro conquista palla su rimpallo e piazza il micidiale sinistro all'incrocio: 1-2. Nella ripresa, al 13' Reale ruba palla su rimessa laterale, serve Luigi Angiolillo che di destro realizza il 2-2. Al 18' però i gialli si rifanno sotto: da destra il capitàa Antenucci crossa, la palla arriva in area a campanile a 2 all'ora, ma Hulk D'Angelo si mette in mezzo tra Danenza e Loreta e di testa (da fermo) realizza il 2-3. Finita? Ma proprio no! Fotocopia del 1° gol dei blu: con una triangolazione veloce con Angiolillo, Lorenzo Ronzitti si trova da solo davanti a Granata e lo trafigge:3 -3. 
Al 32' uno stupido diverbio vocale tra due compagni di squadra rovina il sabato scarpasciuddiano, e l'epilogo è da non raccontare (sarà perchè le squadre erano una serba e una croata ...): giustamente Orazio fischia con 13' di anticipo, e il saggio presidente Emanuele decide una settimana sabbatica di pausa per raffreddare le 'còccia gluriùse':  si sentiamo tra 15 gg.   

Class. cannonieri: 23 gol : Ronzitti Gò  13 gol: Frangione 12 gol: Angiolillo, Bozzelli, Ronzitti L  9 gol: D'Angelo  8 gol: Sboro  7 gol: Serafini A  5 gol: Reale   3 gol: Cicchini, D'Adamo FP, Frasca M, Storto   2 gol: Sebastiani    1 gol: Fanucci, Piras, Salvatore D  

domenica 20 gennaio 2013

Sande Sabbastiane (San Sebastiano).



“Ohhh! ... E mè o che seune la Cambane. “Ddonnnnn”. Chi s’è morte? Se morte Mastre Peppine Lacciatte”.

Così, mio nonno Giuseppe Laccetti, terminava tutti i pranzi del giorno di San Sebastiano.
Non frequentava la chiesa. Diceva che non reggeva l’odore della cera delle candele, che addirittura gli faceva mancare l’aria, tuttavia le “ricorrenze” le rispettava tutte. San Sebastiano poi, protettore dei muratori, per un Capomastro come lui era una data doppiamente sacra.
Qualcuno doveva andare in chiesa a prendere “lu purcellate” e poi per pranzo, puntualmente ogni anno, mia nonna doveva preparare i “Gravioli” con lo zucchero e la “Ciciricchiata”.
Con i nipoti intorno alla tavola per lui era “la felicità”.
Ricordo un anno che colpito da trombosi dovette saltare la ricorrenza e “accontentarsi” de “lu purcellate”, addirittura pianse. Però si riprese e festeggiammo il San Sebastiano per un’altra ventina di anni.
Una consuetudine voleva che si realizzasse, con i resti della pasta (rigorosamente impastata a mano in casa) e con quelli del ripieno, un “Graviolone” che spettava al capofamiglia, quindi a lui.
Io che sono ghiottissimo dei ravioli col ripieno di formaggio, ricotta, zucchero e cannella, conditi con ricco ragù e abbondante spruzzata di parmigiano, pensavo chissà se da grande avrò “l’onore” di mangiare quel “Graviolone”.
Non sono muratore ma opero nel settore e conosco (un po’) la materia, quindi festeggio San Sebastiano. Quest’anno “pretenderò” il “Graviolone” rigorosamente con zucchero e cannella.
Sono sicuro che molti di voi rabbrividiranno al solo pensiero di mangiare questa pietanza e anche nella mia famiglia questo accade. Io ne sono contento così (a volte) ne avanzano e li mangio “rintrufati” la sera (che sono ancora meglio). Ho scoperto però di avere un nipote che gradisce e “compete” … Grrrrrr!

(Vedi anche nella sezione ricordi la versione del 21 gennaio 2011 “Lu Purcellate”)


sabato 19 gennaio 2013

Dehors: Ma cosa crede l'assessore che siamo tutti incompetenti come lui?

"Abbiamo detto sì ai dehors. Li vogliamo fare - afferma Olivieri - ma stabilendo regole ferree, certe e uguali per tutti. Alla Soprintendenza abbiamo chiesto delle indicazioni su dove possono essere installati i gazebo e dove no. E su come devono essere fatti. Una cosa è certa: non vogliamo vedere baracche davanti a tutti i bar. Sulla base delle prescrizioni di tutela delle bellezze storiche della città, stileremo il regolamento. E lo faremo rispettare da tutti".


A Vasto esistono professionisti seri che conoscono le regole. Anche quelle dettate dalla Soprintendenza. Sono i politici  che non le conoscono .... E non voglio fare esempi.






Per rispetto. Non certo per paura.

Come potete vedere mi è stato chiesto "gentilmente" di rimuovere un filmatino su You Tube. A me sembrava di aver fatto una "gentilezza" non una "scortesia". Comunque ....

giovedì 17 gennaio 2013

Soddisfazioni ... turistiche.


“fuori dal comune e affascinante"
I titolari del B&B Piccolo Circolo Garibaldino sono tra i pochi imprenditori del ramo alberghiero che hanno capito che per fare business, in un settore così concorrenziale, conviene farsi notare: e loro lo hanno saputo fare, con stile ed originalità. 
Non mi perderò in descrizioni in quanto non competente del settore, ma l'intera struttura è un confortevole museo del moderno industrial design e del vintage in generale, ma vi invito a visitare il sito ufficiale che è ben costruito e ricco di immagini più che esaustive.
Arredato da chi se ne intende di "cose del passato", la struttura sorge in pieno centro: si certo, la posizione non aiuta chi è abituato a parcheggiare l'auto davanti alla reception, è necessario un piccolo tratto a piedi anche a causa della "politica urbana" che prevede come pedonale la zona limitrofa (a vantaggio, secondo me, dell'inquinamento ambientale e acustico), ma è anche vero che a poche decine di metri sorge un parcheggio al coperto pubblico che al giorno costa davvero una sciocchezza! (soprattutto per chi è abituato ai prezzi di Bologna).
Insomma, le stanze sono bellissime e originali, tutto sa di antico e vissuto in un'atmosfera davvero originale, a volte bizzarra ma sempre con gusto.
Gestione cordiale, prezzi modici...consigliato a chi ama le cose diverse ed è stufo dei soliti alberghi asettici e banali.

San Lazzaro di Savena, Emilia-Romagna, Italy
  • Ha soggiornato in Agosto 2012, viaggiato in coppia

mercoledì 16 gennaio 2013

Ti ringrazio Nicolangelo di avermi "ricordato" di aver fatto anche questo.



IL 1799 A VASTO: LA REPUBBLICA VASTESE

Nella toponomastica di Vasto viene ricordato un importante episodio politico accaduto in città alla fine del 1700: la proclamazione della Repubblica.
La Rivoluzione Francese prima e l’ascesa al potere di Napoleone dopo, ebbero enormi ripercussioni sui diversi staterelli italiani, e soprattutto la nascita delle prime repubbliche accese notevoli entusiasmi.  A Vasto la presenza dell’esercito francese, di stanza a Pescara, convinse alcuni esponenti della borghesia locale, in accordo con il generale francese Le Monnier, di  instaurare un governo repubblicano in città, anticipando i possibili sviluppi dell’azione militare napoleonica.
E così  nel Natale del 1798 il governo cittadino fu assunto da un Giunta provvisoria formata da cinque membri, ovvero Paolo Codagnone, Filippo Tambelli, Romualdo Celano, Francesco Ortenzio e Floriano Pietrocola. Ma l’evento, inaspettato e frettoloso, in città non fu capito e non suscitò alcun entusiasmo. La stessa coccarda tricolore, messa sulla porta del municipio, durante la notte, fu anche rimossa da mano ignota.
Insomma fu una operazione oligarchica, èlitaria senza nessun legame con il popolo.
Per un mese il governo “repubblicano” operò nell’indifferenza generale. Senonchè il 2 febb. 1799 la reazione popolare fu violentissima e sfociò nel sangue. Ecco i fatti:
Verso mezzogiorno, al grido di “Viva il Re”, la rivolta popolare scoppiò con l’attacco al Municipio e al Tribunale, dove vennero distrutti tutti i mobili e purtroppo bruciati anche importanti documenti. La massa inferocita, guidata da una popolana di nome Angiola Teresa Scrippina, saccheggiò le case dei membri della Giunta e mentre Romualdo Celano riuscì a salvarsi rifugiandosi nella casa di campagna di un amico, Alfonso Boschetti  fu ammazzato con una fucilata.
Le violenze durarono quasi un mese e, in seguito ad un  processo sommario, purtroppo furono condannati a morte i membri della Giunta Francesco Ortenzio e Floriano Pietrocola: l’esecuzione avvenne al largo del Castello (l’attuale Piazza Rossetti).
Finalmente il 27 febbraio giunse a Vasto un contingente dell’esercito francese composto da oltre mille uomini  che sedò subito la rivolta ed insediò una nuova Giunta composta dai baroni Pasquale Genova, Alessandro Muzii, Romualdo Celano, Nicola Barbarotta, Angelo Maria de Pompeis e, in qualità di presidente, Venceslao Mayo, amministratore delle proprietà dei d’Avalos.
Inoltre furono  arrestati 200  rivoltosi e molti di essi vennero fucilati.
L’amministrazione filofrancese durò però fino all’arrivo dellesercito sanfedista, che apparve alle porte di Vasto il 18 giugno al comando di Giuseppe Pronio. Il generale Nicola Neri, che comandava il contingente francese composto da soli mille uomini, pensò bene di allontanarsi di notte e non sfidare i sanfedisti che erano invece in 4200.
La mattina dopo ci fu la resa della Giunta. I sanfedisti risparmiarono la città in cambio di 8400 fiorini ed insediarono una nuova amministrazione comunale con il luogotenente Giovanni Battista Crisci ed il mastrogiurato Pietro Laccetti.
Il clima politico antirepubblicano, però, cambiò ancora una volta nel 1806 con il ritorno dei Francesi. Infatti quando il 22 luglio di quell’anno si seppe della caduta di Gaeta, in città ci fu una esplosione di gioia collettiva e si cantò addirittura un solenne Te Deum di ringraziamento annunciato dalle campane che suonarono a festa molto a lungo.
NICOLANGELO D’ADAMO

La sinistra di Vasto è finita qui?


martedì 15 gennaio 2013

L'architetto Rock ... outing.

Ricordate il famoso Carosello: l'Ispettore Rock con Cesare Polacco?
Questo carosello finiva sempre con il "ritornello": "Complimenti Ispettore! lei non sbaglia mai." E lui rispondeva: "Non è vero! anch'io ho commesso un errore: non ho mai usato la brillantina Linetti!"
Bene! Anche io ho commesso un errore: una volta, nel 1979, parcheggiai la mia A112 nel cortile di Palazzo d'Avalos.

Eh! caro Don Decio. Se avessimo approfondito di Cartesio e di Aristotile.


Qualche tempo addietro il giornalista di Repubblica Giuseppe Caporale, in un intervista in merito all'Associazione Minetti, passata sull'Huffington Post e su Rete 8, si stupì che a breve tempo dalle elezioni un ex Assessore (IdV) non sapesse per chi votare. Se avessi avuto la cultura necessaria avrei probabilmente potuto rispondergli, con qualche piccola, impercettibile differenza, quanto riporto sotto.

Cortocircuito 
di Paolo Ercolani

Sempre più spesso capita che le persone, che siano studenti o elettori smarriti, si rivolgano a me per chiedermi a chi darò il voto in occasione delle vicine elezioni politiche. Magari con la speranza che proprio da me possa provenire un suggerimento minimamente illuminante. E sempre più spesso si manifesta tutta la mia difficoltà nello scorgere una tale luce interiore, con la conseguente incapacità di poter illuminare in tal senso alcuna persona.

I motivi per abbandonarsi a questo tipo di sconforto, che in termini razionali e non emotivi potremmo chiamare con Cartesio «epoché» (sospensione del giudizio), sono talmente tanti da non richiedere sforzo alcuno. Basti citare l’ultimo caso in ordine di apparizione: quello del presidente Monti che, dopo aver gridato ai quattro venti che non avrebbe preso posizione politica, che non si sarebbe mai e poi mai candidato, che era ora di farla finita con i partiti strutturati sulla personalità e sul nome (invece che sulla coerenza e realizzabilità di un programma), ha visto bene di smentirsi senza alcun apparente scrupolo, scendendo nettamente in campo per la leadership del Paese, schierandosi con le forze di centro in parte già esistenti, con una lista che porterà il suo nome in primo piano e, udite udite, dichiarando persino di voler modificare in meglio alcune misure centrali (vedi l’Imu) prese dal precedente governo, che era capitanato dallo stesso Monti quando ancora non aveva informato se stesso di voler fare ancora di più per l’amato popolo italiano.
Ora, tenendo conto che il professor Monti era stato chiamato a furor di popolo, e di banche, per salvare la patria agonizzante, a rigor di logica ci si potrebbe chiedere se non era l’uomo giusto ieri, quando voleva imporre una logica libero-mercatista il cui bilancio è stato disastroso, fatta eccezione per lo spread (i cui benefici non toccano in neppur minima parte le finanze delle classi medie e basse, per tutti gli altri versi massacrate); oppure non lo è oggi, visto che scende in campo per modificare l’operato del suo stesso governo che avrebbe dovuto nientemeno che salvare l’Italia dal tracollo economico. Se questo è o dovrebbe essere, come da più parti si sostiene, il politico più rappresentativo di una serietà e coerenza indispensabili per un Paese che le aveva perse, allora ci rendiamo conto dello sconforto che può cogliere chiunque si affacci alla finestra per ammirare il panorama della politica italiana.
Certo, Aristotele ci ha insegnato fin dai tempi antichi che la verità non è un’entità unica e indifferenziata, ma che essa si può dire in molteplici modi che vanno riconosciuti e valutati secondo il criterio della gradualità. Ecco, la gradualità: quella per cui un signore posato e dall’inglese fluente come Monti può certamente indossare la maglietta fina della serietà e coerenza, dal momento che si è trovato a sostituire un altro signore, che negli incontri internazionali non trovava divertimento migliore che quello di fare il gesto delle corna, durante le foto di gruppo dei capi di governo internazionali.
Serietà e coerenza che vengono comunicate, e quindi fissate a mo’ di certificazione incontrovertibile, da quello stesso circuito mediatico ufficiale che, eccettuate rare eccezioni, non ha mai alzato un dito o mosso una parola, per esempio in qualche editoriale dei Tg Rai, per dire: «Signor Presidente Berlusconi, il suo comportamento non è serio e danneggia l’immagine dell’Italia!».
Si tratta di una faccenda di non poco conto, visto che uno dei compiti fondanti dell’informazione è quello di vigilare su, ed eventualmente denunciare le, nefandezze compiute dal potere politico, fornendo ai lettori, ascoltatori e spettatori gli strumenti consoni a giudicare chi li rappresenta in parlamento e al governo, e non certamente quello di schierarsi secondo le convenienza di chi li appoggerà nella corsa alla poltrona più importante e remunerata.
In un caso (quello del Monti fatto assurgere a emblema della serietà), come nell’altro (quello del Berlusconi, e con lui troppi altri, di cui quasi nessun organo di informazione si è degnato di denunciare al popolo nefandezze e contraddizioni), emerge un ruolo dei mass media che è quello denunciato da Chomsky ed Herman nel 1988 (Manufactoring Consent, Pantheon Books, p. 207), laddove parlavano di «un’agenzia di manipolazione, indottrinamento e controllo al servizio dei potenti e dei privilegiati». Senza dimenticare, per inciso, che i mass media americani si sono sempre rivelati molto più indipendenti dal potere e ficcanti dei nostri.
E qui credo che arriviamo al punto nodale della questione. Sì, perché ovviamente non ci si può limitare a constatare l’inadeguatezza della classe politica e giornalistica, esercizio che è stato fin troppo agevole per movimenti di protesta e oggi anche di cosiddetta (a torto) antipolitica, puntualmente poi finiti nello stesso pantano da cui non ci si può tener fuori senza un’elaborazione più in profondità di quello che ormai è diventato un habitus mentale e sociale.
Quello che indubbiamente può essere rilevato come un cortocircuito politico-mediatico in grado di paralizzare e alla fine incancrenire la società italiana, infatti, presenta una causa più profonda che afferisce all’essenza di ogni sistema paese. Una causa che si è voluta rimuovere per troppo tempo, fino a relegare il campo che la riguarda nella serie dei terreni abbandonati e inservibili. Sto parlando dell’etica, di quella «disposizione» che, stando sempre ad Aristotele, non è insegnabile (né quindi imparabile, cosa ancora più importante, su un libro), in quanto costrutto che si determina gradualmente all’interno del campo vasto e complesso costituito dalle passioni e relazioni sociali (Etica nicomachea, II, 1-4 e 5). L’etica, termine la cui etimologia richiama anche e non per caso il significato del «costume», la si acquisisce individualmente e collettivamente grazie all’esercizio di una vita ispirata anche e soprattutto all’ideale regolativo del «giusto», un criterio oggigiorno inevitabilmente sostituito dal monopolio del «bello», dell’«utile», dell’«egoismo sociale».
Può sembrare, e in effetti è sempre sembrato, che si tratti di aria fritta, di idealistiche elucubrazioni da filosofi astratti e avulsi dalla materialità del reale. Ma l’etica aristotelicamente intesa, costituisce un elemento assai centrale e fondante di ogni società, di cui alla stregua dell’aria e del tempo, ci si accorge soltanto quando viene a mancare in maniera irreparabile. Proprio ai giorni nostri, in questo clima da caduta dell’impero, capiamo quella che sembra un’assurda legge ferrea ed inesorabile (che conduce ogni uomo pubblico all’incoerenza e persino all’illegalità), soltanto se teniamo presente di averla volutamente abbandonata, e da molto tempo, rispetto alle pratiche di educazione, istruzione e formazione di quelle che di volta in volta sono state le giovanissime generazioni (non a caso il libro di Aristotele sull’etica era stato concepito a mo’ di insegnamento diretto da impartire a un giovane).
L’accettazione acritica delle logiche esclusivamente economiche, quelle stesse mai così ben rappresentate come da Monti, per cui l’utile, il profitto, la quantità, il numero e il successo sociale costituiscono l’unico vero metro di valutazione, ha condotto inevitabilmente a un tipo di società condannata a quella che potremmo chiamare «la legge ferrea dello scadimento etico».
Ecco che allora ci troviamo di fronte al vero grande elemento che permette di comprendere la totale assenza di punti di riferimento seri, credibili, e soprattutto coerenti: cioè quella sconfitta che ci siamo innanzitutto impartiti da soli, che è sconfitta dell’etica intesa come formazione di un individuo che, oltre alla giacca e cravatta, indossa l’abito interiore dell’etica, intesa come quella facoltà di agire tenendo presente l’ideale del giusto in maniera autonoma e ragionata, consapevole che il consesso umano regredisce, prima o dopo nella sua interezza (gruppo, società, nazione, mondo), se si lasciano prevalere le logiche impersonali dei numeri, della quantità, dell’egoismo (facoltà persino contro-natura, nella misura in cui rimuove il legame indissolubile che ci unisce in quanto individui se non altro della stessa specie, abitanti il medesimo pianeta ed esposti alla medesima e apparentemente tragica fine).
In questo, anche in questo emerge la differenza fra l’etica e un’altra facoltà di cui invece si è fin troppo abusato: la morale, troppo agevolmente intesa (e imposta) alla stregua di una dimensione in cui a dettare le regole, ovviamente sacre e sante, e quindi da accettare come una sorta di pacchetto chiuso e immodificabile dalla ragione umana, sono dei poteri forti che sovrastano, mercificano, umiliano la dignità stessa dell’individuo.
La distruzione dell’etica intesa nel senso che abbiamo ricordato, processo che ha origine lontane nel tempo, ha condotto al cortocircuito che non è soltanto politico-mediatico, ma prima ancora di cultura, di costume, di quell’abito strappato che è diventata l’«idea del giusto» a livello di sentire comune popolare (il popolo tutto).
A questo livello, è inutile nasconderselo, è difficilissimo e forse impossibile sperare di produrre dei cambiamenti positivi, perché il marcio è stato coltivato e si è radicato fin dalle radici dell’albero.
La soluzione, o le soluzioni, sono quindi difficili da trovare e soprattutto da applicare, ma certamente passano per una rivoluzione culturale nel senso stretto del termine, che innanzitutto preveda il coraggio di tornare a considerare la cultura civica e umanistica, la ricerca e l’elaborazione intellettuale, un pilastro portante di quell’edificio etico che dovrebbe essere ogni società. Tutto il contrario, mi sia consentito di dirlo, da quel manifesto di valori mercatistici, moralisticamente appiattiti sul dogma cattolico, e dimentichi della dignità individuale e sociale per i quali il presidente Monti ha ben visto di aggiungere anche il suo nome, alla lunga schiera di candidati al governo del paese, e che invece non sanno governare neppure la propria coerenza individuale.

lunedì 14 gennaio 2013

Le inutili e costose battaglie di principio.




Povero assessore Suriani. Un periodaccio. Vince le primarie in Abruzzo, ma viene scavalcata da un “catapultato” e visto che non siamo in Toscana, non c'è un forte movimento della base che costringe Sel a fare marcia indietro. Adesso il Consiglio di Stato sancisce la ragione dei balneatori che alzavano recinzioni e tocca ancora a lei fare la figuraccia di dire che “avevamo ragione”, anche se i giudici hanno detto: "AVETE TORTOOO!" Ma io non ce l'ho con lei. Io ce l'ho con una maniera incapace e propagandistica di fare politica. In genere sulla pelle dei cittadini. E venitemi a dire che ho torto.

Camion

Eppure adesso è peggio.

domenica 13 gennaio 2013

All'Aragona come ai vecchi tempi.

Oggi all'aragona un signore ascoltava Tutto il calcio minuto per minuto da una radiolina a transistor. Proprio come una volta. Certo non c'erano Ciotti, Ameri, Bortoluzzi, Luzzi eccetera ma ....
A proposito! La partita Vastese vs Caldari (9-0) non fa storia.

Scarpasciudd


SO' 'NA PECHERA SPIRDIUTE ...  

sabato 12 gen'13, ore 17, campo Incoronata.
GALATASARAY  FENERBAHCE  0 - 3
arbitro Mario Cinquina

GALATASARAY ( blu ): Loreta, Ronzitti F, Ronzitti N, Puddu, Serafini, Salvatore, Soldano, Vino , Ronzitti go( dal 25'), Reale, Angiolillo, Ronzitti L

FENERBAHCE (gialli ): Granata, Antenucci, Isoardi, Sboro, Di Foglio, Patriarchi, Bozzelli, Fanucci , D'Angelo, Sebastiani, Cicchini, Di Marco

Un 12 vs.12 sul Bosforo, con evidenti scariche elettrostatiche in campo (specie tra gli over 60): "s'a da cagnà lu' tuèmbe", sentenzia il marinaro Gogò, oggi assoluto protagonista: il nostro si presenta in campo dopo una libagione iperproteica di asado di 40 kg.con una dozzina di amici, e l'asado si sa, 'sècche n'gànne', e quindi giù 15 lt. di vino come happyhour: il problema che, dopo la bevanda, l'asado da manzo arrosto s'è trasformato in ovino ...belante; Goghi insomma oggi ha fatto la differenza. Ma la partita di oggi ha rivisto in campo il prof. Cicchini dopo 2 mesi di assenza e anche il fischietto internazionale Mario Cinquina, sugli allori nella sua recente performance nel video 'get on the scarpasciudd': per l'occasione, Emanuele gli ha conferito il fischietto d'oro con diamanti. S'inizia con i blu con 1 in meno, e i gialli, dopo diversi allunghi, guadagnano campo: al 12' Cicchini da fuori area azzecca la porta...piccola ammucchiata dietro a quella vera (sempre rete è...); al 16' si sblocca il risultato: Di Foglio si sgancia dalla difesa, penetra fino al limite e serve in area Bozzelli, il blu Ronzitti inopinatamente intercetta di piede mettendo fuori causa il portiere Loreta, arriva da sx Hulk D'Angelo che infila facile lo 0-1. I blu non connettono bene in avanti e affiora un po' di nervosismo: il tattico Vino sbraita a squarciagola, e Angiolillo è isolato in avanti: fatto sta che oggi Granata 'à fàtte lu Puascòne' : stesa l'amaca tra i pali, s'a fàtte 'na sbambatèlle'. Nell'intervallo, Soldano comunica che si è documentato sul caceuovo, però prima di avventurarsi si è proposto di fare da cavia. Nel 2°t la musica non cambia un granché  i blu cercano di raddrizzare invano il risultato, ma oggi Gogò sta su un altro pianeta, e la difesa gialla riesce a mantenere agevolmente. Al 24', Cicchini lancia sulla dx Nicola Bozzelli, lui colpisce di mezzocollo sul 2° palo, D'Angelo al centro fa da (zucchero a) velo e il tiro inganna Loreta infilandosi a fil di palo sx: 0-2. I blu si fanno vivi in 2 occasioni per Angiolillo e Ronzitti L, fuori bersaglio. Al 45', il giallo Sboro si accentra entrando in area, viene falciato in area da Ronzitti, l'arbitro concede il vantaggio perché la palla finisce a Nicola Bozzelli che infila l'angolino dx, per il finale 0-3. 
L'infortunato (schienato ) Assessore D'Adamo, oggi in tribuna in veste di talent-scout, ne ha viste di cotte e di crude...

Class. cannonieri:23 gol: Ronzitti Gò  13 gol: Frangione  11 gol: Angiolillo, Bozzelli  10 gol: Ronzitti L  8 gol:D'Angelo  7 gol: Sboro, Serafini A  5 gol: Reale   3 gol: Cicchini, D'Adamo FP, Frasca M, Storto   2 gol: Sebastiani    1 gol: Fanucci, Piras, Salvatore D

E adesso Armando vuol chiudere il Bar.

Dalla fine dello scorso anno non ho voglia più di scrivere ... tanto parlano le immagini.

sabato 12 gennaio 2013

Che strana città! 1979


Anniversario

"Cadrà" il prossimo 28 febbraio il 230° anniversario della nascita di Gabriele Rossetti. A parte le "conferenzine" a lui dedicate in questo periodo, si pensa a qualche maniera per ricordare questa "rotonda ricorrenza? Se ancora nessuno lo ha pensato colgo l'occasione per ..... ricordarlo.