LUIGI NASCI
di Maurizio Ciccarone
Luigi Nasci nacque a Vasto il
31 Marzo 1854 da Carlo, fervido patriota e Tenente della guardia
nazionale nel 1860, e Maria Antonia Cardone, figlia del Barone Luigi
Cardone, energico combattente delle battaglie contro i Borbone nella
fortezza di Pescara nel 1799 e ad Antrodoco contro gli Austriaci nel
1821 a capo delle milizie vastesi. Primo di cinque figli egli ebbe
quattro sorelle: Anna che sposerà Alfonso Spataro, da loro nascerà
Giuseppe Spataro, Ernestina che sposerà Tommaso Berardi di Ortona,
Beniamina che sposera Beniamino dei conti Mayo e Rosa che, sposata
con Alfonso Cauli, andò ad abitare in un bel palazzetto, rimasto
intatto, a Policorvo una frazione di Carpineto Sinello, in aperta
campagna, dove per vari mesi era difficile andare e venire; qui
stremata dalle gravidanze ed isolata da parenti ed amici, morì quasi
pazza; sorte non migliore fu quella del marito, che messosi in
affari, fondò una società elettrica Zecca-Cauli&C. con Odoardo
Zecca ed Angelo Biondi; in tale società entrarono successivamente
altri soci tra cui i De Cecco; la Zecca Cauli &C., costruì a
Fara San Martino varie centrali elettriche in corrispondenza di
alcuni salti del fiume Verde poi altre centrali in altri comuni,
alcune delle quali tuttora esistenti, fu anche incoraggiato in tale
attività dall’onorevole Francesco Ciccarone e dal cugino Emilio
Giampietro. Essendo successivamente venuto in causa con il socio ed
essendosi purtroppo il processo risolto a suo sfavore, fu costretto a
rivendere parte del suo ingente patrimonio. Morì a Roma. Un giorno
passeggiando e rimuginando, come continuamente faceva, sulle sue
disavventure finanziarie, non si accorse dell’arrivo di un tram
che lo investì.
La
famiglia Nasci, di origine calabrese e più precisamente, il nonno
Giuseppe, ingegnere, essendo stato incaricato dal governo di redigere
il catasto di Vasto, si era qui trasferita dalla Calabria durante il
periodo murattiano, prendendo residenza in un’abitazione posta tra
via Lago e corso Dante. In seguito, attratto dalla bellezza del luogo
e dalla dolcezza del clima, egli decideva di stabilirvisi. Era Allora
Vasto un centro attrattivo, contava in quel periodo e, più
precisamente nel 1809, 7.859 abitanti, continuerà a crescere fino a
raggiungere quasi 12.000 al momento dell’annessione nel 1861. Già
da più di due secoli famiglie milanesi, veneziane e genovesi, si
erano qui trasferiti praticando il commercio, mettendo su attività
artigiane, come cristallerie, coltellerie e stamperie. Alcune di
queste attività assursero a grande vivacità, specialmente per
quanto riguarda il commercio; da Vasto partivano navi che
trasportavano olio, grano, vino ed il pregiato aceto bianco di Vasto
che, arrivato a Venezia, veniva di lì trasportato a Vienna ed a
tutto il Nord-europa; per quanto riguarda la fabbricazione di
coltellerie e lame, queste attività si andarono via via concentrando
verso Campobasso e soprattutto a Frosolone, dove tale attività
continua tuttora. I figli di tali famiglie si uniranno in matrimonio
con persone del luogo, finendo così col confondersi con la
popolazione locale e vastesizzandosi. Col passare del tempo,
giungeranno anche famiglie abruzzesi e del contiguo Molise come i
Rulli provenienti da Monteroduni ed i de Benedictis originari di
Guglionesi per quanto riguarda il Molise, poi i Ciccarone di Scerni,
i Cardone di Atessa, i d’Ettorre di Chieti, i baroni Anelli di
Salle e sempre del Pescarese i de Pompeys, originari di Torre dei
Passeri, poi i Trecco ed i De Nardis di Barete nell’Aquilano, i
Pantini di Bergamo, venuti a Vasto per il restauro del campanile di
San Giuseppe (non so se allora ancora dedicata a Sant’Agostino) ed
addirittura, provenienti dalla Svezia i Cordella, qui giunti, come
ingegneri della ferrovia, quando tale importante infrastruttura
arrivò qui da noi; essi italianizzeranno poi il cognome Cordell in
Cordella.
I
Nasci, approfittando della soppressione e della vendita dei beni
degli ordini religiosi, acquistarono a Vasto alcuni terreni nella
zona denominata allora San Martino ed ora chiamata dai vastesi Villa
Nasci e parecchi ettari di terra a San Salvo Marina, allora in gran
parte paludosa, che inizieranno a bonificare a
proprie spese.
Dopo i primi anni dei corsi
elementari a Vasto, Luigi fu dal padre condotto, tra gli Abruzzesi primo di
una lunga schiera, in Toscana a Prato al famoso Collegio Cicognini,
allora praticamente sconosciuto nella nostra regione. Qui primeggiò
per la sua preparazione e la sua vivace intelligenza, lasciando tanto
vivo ricordo che Gabriele D’Annunzio, anche lui allievo alcuni anni
più tardi dello stesso collegio, rincontrandolo in Abruzzo esclamò.
“Ecco Nasci, la gloria del Cicognini!”
Luigi Nasci avrebbe sicuramente potuto
aspirare ad incarichi di prestigio, se l’amore per la sua terra ed
il suo carattere insofferente dei maneggi elettorali, di sotterfugi e
di bassi, e spesso disonesti compromessi, non lo avessero convinto a
rinunciare alle attrattive della vita parlamentare.
Il
desiderio di riorganizzare le sue terre e di migliorare le antiquate
tecniche agricole dei nostri circondari, contrassegnati dalla
mancanza di impegno da parte dei proprietari nel modernizzare
obsoleti metodi agricoli, difetto comune nei territorio meridionale;
erano, rimasti infatti pressoché immutati, i vecchi problemi
rilevati da Leopoldo Franchetti e dagli altri meridionalisti nei loro
viaggi nel nostro Mezzogiorno, lo spinsero ad iscriversi alla Facoltà
di Agraria, prima a Pisa dove frequentò il salotto
culturale-letterario della scrittrice Caterina Franceschi- Ferrucci.
Di qui passò poi alla scuola di Portici. Anche durante gli studi
Universitari brillò per la sua preparazione, tanto che fu invitato
da numerosi suoi insegnanti a rimanere al loro fianco come proprio
collaboratore.
Come detto l’amore per la
sua terra natale, resa ancora più cara per il ritorno, sempre dalla
Toscana dopo l’educazione nel Collegio della Santa Annunziata di
Firenze, della cugina Michelina Ciccarone, suo primo ed unico amore,
lo indusse a tornare a Vasto.
Qui
non si lasciò completamente assorbire dalle cure del proprio
patrimonio personale, dagli affetti familiari e dalla politica nel
partito liberale, dove il padre ed il suocero avevano militato nel
culto di Silvio Spaventa; gran parte del suo tempo e della sua
attività, fu infatti dedicata al progresso dell’agricoltura, delle
condizioni economiche ed alla elevazione culturale di tutto il suo
territorio.
Fu
così che molti giovani agricoltori, attratti dall’entusiasmo con
cui li istruiva ed il suo amore per la terra, iniziarono con notevoli
vantaggi, a seguire i suoi consigli; alcuni di essi ricevettero
riconoscimenti dal Ministero dell’Agricoltura ed una croce al
merito. I rapporti con i suoi contadini poi, erano improntati a vero
attaccamento e, quando necessario, non negava mai a loro il suo
aiuto. Conservo a casa foto di gruppo che lo ritraggono nei suoi
terreni in compagnia della sua famiglia e dei suoi operai.
Non
mancò nell’espletamento dei vari incarichi amministrativi di
allargare il più possibile la base sociale rappresentativa,
affiancando ai componenti delle solite vecchie famiglie, artigiani,
operai ed agricoltori, e molta cura apportò all’attività di
quella che era stata la prima organizzazione sorta a Vasto dopo
l’Unità d’Italia ”la Società Operaia”, costituita a Vasto
per opera del suocero Silvio Ciccarone, istituendovi corsi e
dotandola di una piccola biblioteca.
Per
la stima che i professori conservavano di lui, fu chiamato a far
parte del Consiglio Superiore dell’Agricoltura presso il Ministero
a Roma, ed a lui si dovette a Vasto la fondazione del Comizio Agrario
che fece funzionare a sue spese, poi la ricostituzione del Legato
Romani, depredato durante gli anni di governo comunale della
sinistra, con la creazione della cattedra ambulante dell’Agricoltura
al quale dedicò il suo tempo ed anche qui, sue personali risorse
finanziarie, rimanendo in contatto con i più prestigiosi professori
del tempo. Fu anche vicepresidente dell’Istituto Agrario di Scerni,
svolgendo in realtà le funzioni di presidente.
Egli portò avanti l’opera
di bonifica e miglioramenti intrapresi dal nonno Giuseppe e dal padre
Carlo. Contrariamente alla maggior parte dei proprietari che
affidavano a fattori o cedevano in affitto i propri terreni, vendendo
ogni tanto qualche appezzamento per debiti contratti al gioco o in
altri divertimenti, egli si occupava personalmente della conduzione
della sua azienda. Le spese per i lavori intrapresi erano a volte
ingenti. I miei zii mi raccontavano di quando andando a casa Nasci a
trovare zia Michelina lo trovavano la sera, tornato dai suoi campi,
immerso nelle carte della contabilità che egli controllava con
competenza ed oculatezza.
Il
1880 fu un anno particolarmente felice per lui, dopo accurati
preparativi a cura della madre, Maria Antonia e della zia di
Michelina, Enrichetta, riconciliate per l’occasione dopo lunga
inimicizia, finalmente nel mese di Maggio i due giovani convolavano a
nozze. Il salone del Palazzo Ciccarone , chiamata dai proprietari
la Galleria, era riccamente addobbata; sarà l’ultima importante
cerimonia solenne lì svolta; numerosissime candele illuminavano la
sala, spandendo la loro luce dal grande lampadario centrale, dai
candelabri applicati al muro e quelli di bronzo dorato sopra i
ripiani di marmo delle consolle, e facevano risplendere il raso rosso
dei divani e delle poltrone, le cristallerie, le argenterie, i vasi
di limoges, i vetri e le cornici di oro zecchino dei quadri e dei
grandi specchi. Dopo solenni festeggiamenti, durante i quali vari
invitati ed il padre della sposa si esibirono, leggendo ed
improvvisando versi di sapore arcadico, i due giovani partirono alla
volta di Vienna. Il dispiacere dei familiari per l’assenza di
Michelina, veniva l’anno dopo superata dalla nascita, nella loro
villa di San Martino, del figlio Giuseppe
La
grande casa dei Nasci e d’estate la loro villa divenne il salotto
dove i più influenti personaggi, non solo di Vasto, si riunivano. I
vasti saloni con grandi divani, la tappezzeria di raso giallo-oro, si
riempivano spesso di signori e signore che ambivano ad intervenire ai
ricevimenti ed alle feste che i Nasci organizzavano. Donna Michelina,
educata al più prestigioso ed esclusivo collegio italiano, era
considerata la più elegante signora della provincia, ed a lei ci si
recava in occasione di matrimoni ed altre importanti cerimonie , per
avere suggerimenti sulle acconciature e sugli abbigliamenti adatti.
Lei sceglieva consultando cataloghi provenienti direttamente da
Parigi, la capitale allora della moda. Grande cura dedicò la madre
al figlio Giuseppe, favorendo anche relazioni con le famiglie più
importanti e benestanti della regione anche in prospettive
matrimoniali; dopo l’iscrizione di questo al liceo, la madre si
trasferì con lui a Chieti; affittò un grande appartamento al
centro, frequentò le case delle persone più in vista, partecipò a
cerimonie, e spettacoli al teatro Marrucino. In realtà Peppino, come
era chiamato in famiglia, era interessato dalle ragazze in maniera
inversamente proporzionale al pensiero del matrimonio. Attratto anche
lui dalla politica, con grande sforzo finanziario, e, mettendo a
repentaglio il patrimonio famigliare, egli, assieme al cugino
Giuseppe Spataro ed altri vastesi, dopo un primo fallito tentativo
di essere eletto alla camera con il partito liberale, fonderà nel
1921 il partito popolare di Vasto, presentandosi, di nuovo senza
successo, con tale partito; nel secondo dopoguerra sarà eletto
sindaco di Vasto e presidente della Provincia di Chieti; nonostante
le insistenze dei suoi amici e sostenitori, rifiuterà di candidarsi
al senato.
Dopo oltre venti anni, con il
ritorno al governo della città del Partito Liberale, Luigi Nasci,
dopo avere per qualche mese assunta la carica di commissario
prefettizio, nel Marzo del 1887, fu eletto a larghissima maggioranza
Sindaco di Vasto. Erano i rappresentanti delle famiglie più in vista
ad occuparsi della vita cittadina, sempre gratuitamente, anzi
rimettendoci in genere del loro. Era con vero spirito di servizio che
essi, ritenendosi dalla sorte privilegiati, si dedicavano con impegno
e rettitudine alle cariche pubbliche, ritenendo giusto ricambiare in
tal modo il loro benessere.
Prime sue cure furono quelle
di ricostituire la finanza comunale, dissestata da anni di
malgoverno, riorganizzare i pubblici servizi, restituire serietà e
sincerità ai bilanci e riaccendere nell’animo degli amministrati
la fiducia verso i propri amministratori.
Nel
giro di pochi anni, ricondusse così in pareggio il bilancio e rimise
in ordine la macchina amministrativa grazie all’abilità ed a
conoscenze giuridico-economiche inaspettate in un personaggio che non
aveva fatto studi specifici. Egli cercava, come altri in quei tempi,
dovendo coprire incarichi amministrativi, di acquisire tali abilità
con uno studio assiduo e meticoloso e scegliendo validi
collaboratori, non ammettendo nella sua azione di governo
incompetenza e pressapochismo.
Fu
anche suo merito l’istituzione della banca Popolare a Vasto, di cui
commercianti, agricoltori e piccoli imprenditori avvertivano la
necessità e ne fu anche primo presidente.
Possiamo citare tra le opere
della sua amministrazione: l’impianto comunale di illuminazione
elettrica, primo tra i centri non capoluogo d Provincia, la
costruzione del mattatoio, quella del Nuovo corso de Parma (la
Corsea, come era allora chiamata), poi l’attuale corso Cavour, il
restauro e l’abbellimento del Teatro Rossetti, aperto dal nonno, il
Barone Luigi Cardone, sindaco alcuni decenni prima, la costruzione
della strada per Vasto Marina con il sottopassaggio per la ferrovia,
la bonifica del fosso Marino di altre zone malsane lungo la costa
vastese e la realizzazione della strada litoranea verso la stazione
di San Salvo, utilizzando per i lavori una strada che egli aveva
costruito a proprie spese. Provvide a dotare l’Ospedale di
macchinari, mobili e curò la distribuzione gratuita di farmaci ai
poveri (per il locale nosocomio lascerà nel testamento un lascito in
denaro); istituì varie scuole nelle zone rurali prima di dare
incarico all’ingegnere Luigi Pietrocola del progetto per il primo
Palazzo Scolastico, la cui costruzione purtroppo, a causa degli
eventi bellici subì forti ritardi, e vedrà la luce solo dopo la
Grande Guerra, stessa sorte subirà un’altra opera da lui avviata,
il nuovo acquedotto, mediante un Consorzio tra Vasto ed i comuni
vicini che, subì gravi ritardi anche perché vi si dovette poi
includere Casalbordino, che aveva in precedenza avviata per proprio
conto tale opera, attingendo però a sorgenti raccogliticce e poco
adatte ad uso potabile. Per quanto riguarda la cultura, provvide a
far riordinare il Museo cittadino che si trovava in uno stato di
totale abbandono, mediante la collaborazione del Professor Luigi
Anelli, che fu nominato direttore di tale importante istituzione,
aprì poi una sottoscrizione per il monumento a Gabriele Rossetti,
affidandone l’esecuzione allo scultore Commendator Filippo
Cifariello. Purtroppo come non poté bere l’acqua del nuovo
acquedotto, così non poté vedere l’innalzamento del monumento al
Poeta, essendo egli in quel momento a Roma malato e, solo il
Cifariello, al momento delle celebrazione, si ricordò di fare il suo
nome.
Nonostante ripetuti sforzi,
non si riuscì ad ottenere l’Istituzione del tribunale che vedrà
la luce solo nel secondo dopoguerra grazie all’impegno del cugino
Silvio Ciccarone.
Solo per il colpevole
disinteresse del successore suo e di quello del cognato l’onorevole
Francesco Ciccarone, che con lui collaborava, non si riuscì a
realizzare il porto e la costruzione della Ferrovia Vasto - Agnone,
opera progettata, approvata e finanziata e, solo per lo scoppio della
guerra, rimandata a tempi migliori. Si conservano ancora nel Palazzo
Ciccarone il progetto della ferrovia ed altri relativi incartamenti.
In
politica, non fu solo sindaco di Vasto ma anche vicepresidente e poi
presidente della Provincia di Chieti, incarichi che ricoprì per
vario tempo; qui, ancor giovane, meravigliava, per il suo acume
giuridico e la sua chiara visione amministrativa colleghi anziani
come il Finamore e l’Auriti.
Venuta la guerra 15-18, fu
costretto purtroppo ad interrompere le opere da lui ideate e
progettate ed ormai prossime alla realizzazione e si dette quindi
tutto all’assistenza ed al conforto della popolazione vastese,
provvedendo, nei limiti del possibile che mai nulla del necessario
mancasse.
Finita la guerra, purtroppo
la salute e le forze progressivamente lo abbandonavano; un morbo di
Banti, forse; dovuto probabilmente a pregresse infezioni malariche,
contratte durante la bonifica delle sue terre e di alcune zone di
Vasto Marina e della costa, si aggravava sempre più.
Nella notte tra il 21 ed il 22
del Luglio 1930 ,assistito dall’amata Michelina, dimenticato da
tutti, quando addirittura non fatto segno segno di malevoli accuse,
da chi voleva attribuirsi il merito di tutto quello che in tanti anni
di lavoro era riuscito a realizzare, di tante opere portate a termine
e di altre già ben avviate, dopo tre anni di martirio, egli si
spegneva nella sua casa romana in via Cola di Rienzo, senza potere
aver potuto vedere il monumento al Rossetti, né bere l’acqua di
quell’Acquedotto per la cui costruzione tanto aveva combattuto. Dal
suo letto di dolore mai lo aveva abbandonato il pensiero alla sua
Vasto, le cui vicende, anche se assente, attentamente seguiva.
La
salma, dopo le prime onoranze a Roma nella chiesa di San Giovacchino,
veniva trasportata a Vasto. Qui giunta, alla stazione si formò un
corteo di automobili e carri coperti da corone, all’ingresso nella
città gli vennero incontro i suoi amati contadini, che presero a
braccia la salma e, giunti alla cattedrale, deposero la bara,
circondata da una vera selva di fiori. Alle 10 fu celebrata la Messa
funebre, alle 18 attraverso la città, dalle porte chiuse in segno di
lutto cittadino, un interminabile corteo accompagnò al cimitero
l’estinto. Alle porte della città, al belvedere Romani, il corteo
sostò e la salma, sostenuta dai suoi coloni, fu deposta su un tumulo
vicino al palco dal quale numerosi oratori pronunciarono i loro
discorsi.
Solo pochi mesi più tardi,
nel corso di una pubblica riunione tenutasi al teatro Rossetti i
politici e gli amministratori del tempo, quegli stessi che nel corso
dei discorsi funebri lo avevano osannato, volutamente dimenticando
tutto il lavoro fatto dal Nasci, si attribuiranno i meriti di tutto
quello che era stato fatto a Vasto negli ultimi anni, suscitando
mormorii tra il pubblico presente che, dopo un violento discorso di
protesta da parte del nipote Silvio Ciccarone, si trasformarono in
forti contestazioni, che convinsero capi e capetti presenti a
tagliare la corda; salirono sulle macchine, cercando di guadagnare la
strada della stazione per prendere il treno e tornare verso Chieti,
ma la popolazione, da tempo in subbuglio ed esasperata dopo
l’accaduto, la riunione era stata infatti organizzata proprio per
calmare a Vasto acque non proprio tranquille, tagliò loro la
ritirata scendendo lungo il Muro delle Lame e, solo grazie
all’intervento della forza forza pubblica, poterono far ritorno
alle loro case.
L’episodio, ingigantito, fu
ripreso anche dalla stampa straniera, e costò un processo a Silvio
Ciccarone che fu estromesso dalla carica di segretario politico
cittadino a poco più di un anno dalla nomina; riuscì per poco ad
evitare il confinio, che qualcuno aveva proposto. Verrà poi, nel
Maggio 1931, nominato al suo posto l’ingegner Pietro Mariani,
mentre il Ciccarone era assente da Vasto, in viaggio di nozze con la
giovanissima moglie Nerina D’Ettorre; ma questa è un’altra
storia.
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