di Giuseppe Franco Pollutri
Nel pieghevole a stampa con cui l’ANMI di Vasto annuncia
la Cerimonia
ufficiale di intitolazione “Viale
Marinai d’Italia” alla strada di accesso all’area portuale e marina di
Punta Penna, si legge che rappresenta “Un’iniziativa
per tutti coloro che vivono e amano il mare”. Parzialmente parafrasando,
vorrei poter annotare che “ama il mare” soprattutto chi “va per mare”, chi su di esso e per esso vive.
Dico questo perchè, reiterando un mio pensiero e cruccio
personale, occorre ammettere che nella Città del Vasto, già Histonium - luogo
adriatico-mediterranneo anch’esso partecipe un tempo della cultura in cui
Poseidon, sirene, delfini e altre mitiche creature marine formavano
l’immaginario visivo, sociale e anche urbano, della sua gente - per sopravvenute
ragioni geo-economiche e per una trasformazione di usi e costumi massificati e
globalizzati, ben pochi orrmai “vivono” il mare ...da marinai. Il mare, a
Vasto, è stato un tempo fonte di attività e sostentamento di una buona parte
delle famiglie vastesi, con una difficile e talora sofferta attività ittica. Quelli
della mia età hanno ancora memoria visiva delle paranze dalle ‘figurate’ vele, e poi dei successivi motorizzati
pescherecci, soprattutto di quando approdavano, con argano e palanche, faticosamente in spiaggia o
attraccavano più agevolmente al primo Pontile alla Marina. Il mare, nell’età
turistica, è divenuto progressivamente e quasi esclusivamente il luogo dei
bagni, in spiaggia e al sole. Nel nostro “Lunato golfo”, con la lodevole eccezione
delle piccole “Optimist” messe a
disposizione dei bambini, appena un po’ grandicelli, da parte della Scuola
Velica de Il Pontile, o di qualche velista privato, più non si naviga, neppure sottocosta, più non si rema con il dismesso “moscone” (o pattìno), è ormai in disuso anche il più trastullante “pedalò”.
Un tempo neppure tanto lontano, l’andar
per mare, per un vastese (con la vocazione per la navigazione) significava
da parte degli adolescenti anche una delle possibili scelte e professione di
vita: divenire “marinai” sulle navi civili o militari, passeggeri o merci. Un
mio zio paterno (Zi’ ‘Ntonie),
navigante per decenni sui mari del mondo, come a voler concretamente avvalorare
il motto “Una volta marinaio, marinaio
per sempre”, fino alla sua tarda età ebbe a consuetudine il trascorrere le
giornate al Porto di Punta Penna, in compagnia delle barche e dei pescatori,
delle navi in arrivo e in partenza, dialogando e consigliando, magari riammagliando con maestria le reti.
Altri, come lui, ugualmente avvertono il richiamo del mare, ma sempre meno.
Vasto “vive il mare”, amandolo a suo modo: in Bellavista soltanto, come da un terrazzo
naturale, vicino ma appena lambito dalle acque, per un gradevole ma un tantino edulcorato
“miramare”; al più scendendendo alla Marina, per una passeggiata festiva, o
magari estiva e serale. Talora lo frequenta in riva chi più da vicino ama
respirare la sua brezza e udirne il suono d’acqua e di vento, ora nel moto di
risacca e talora in un muggito incessante per tempesta. Un tale progressivo distacco
dalla navigazione marinara, della generalizzata mancanza di passione per essa,
è evidente, spiacevole e mortificante per un luogo costiero come il nostro. A
cosa sia dovuto tale disamoramento, civile e sociale, io non ne conosco le
ragioni, ma, da vastese, non posso nascondere il rincrescimento (mi auguro non
solo mio), una pervasiva punta di tristezza e malinconia. Marinai d’Italia..., in numero sempre minore. Conforta il pensiero
di un’Associazione ANMI del Vasto ancor fervida e propositiva.
3 commenti:
Proprio così. Basti notare che la frase più frequente che capita di ascoltare in estate è appunto: andiamo al mare
Aggiungerei che la leva dei giovani vastesi prevedeva in prevalenza arruolamenti in Marina. Io stesso fui arruolato in Marina, nei sommergibili.
C'è un ottimo Istituto Nautico ad Ortona; scommetterei che la maggior parte dei giovani vastesi lo ignorano.
Alcuni miei amici coetanei infatti si sono formati (negli anni sessanta) - per ...andar per mare - all'Istituto Nautico di Ortona. Ci siamo mai chiesti del perchè Vasto un tale scuola non abbia mai avvertito l'esigenza di averla?
E chiedersi anche perchè è stato chiuso un Istituto professionale in agraria (se non sbaglio è quell'edificio che si vede isolato al bivio della Lebba).
Eppure siamo una città cresciuta grazie, prima di tutti, ai papà pescatori e ortolani.
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