domenica 12 maggio 2013

D’Annunzio e Puccini La ricostruzione di un carteggio incompleto


Di Felice Monteferrante


La collaborazione tra Gabriele D’Annunzio e Giacomo Puccini appartiene a quegli episodi della vita dei due artisti tanto noti quanto poco documentati. Il motivo di questo controsenso non è imputabile alla negligenza degli studiosi, ma alla materiale incompletezza degli epistolari rimasti: se infatti è conservata negli Archivi del Vittoriale la
porzione pucciniana delle lettere che il Poeta ricevette dal 1906 al 1922, è andata perduta la maggior parte degli autografi dannunziani. Quel poco che resta è disponibile nella trascrizione lacunosa e talvolta inesatta che Leopoldo Marchetti pubblicò sulla «Nuova Antologia» del dicembre 1949.1 Nell’introduzione al carteggio, il curatore avverte che
gli autografi di D’Annunzio – mostratigli da Rita Dell’Anna, nuora del musicista – si presentavano «alquanto deteriorati dall’umidità del luogo in cui erano conservati»,2 tanto da risultare in parte indecifrabili.
A questo inconveniente se ne aggiunge un altro: l’incerta cronologia delle lettere ha generato errori interpretativi, alcuni dei quali già noti agli studiosi,3 altri inavvertitamente radicati nelle trattazioni sull’argomento. È accaduto, ad esempio, per la lettera pucciniana del 27 agosto 1912, in cui si legge:
Secondo l’interpretazione comune con queste parole Puccini chiese a D’Annunzio il libretto di tre atti unici, gettando le basi di quello che più tardi sarebbe diventato il Trittico. In realtà la corrispondenza tra Tito Ricordi e D’Annunzio chiarisce che era ancora in corso d’opera il progetto per la Crociata degli Innocenti, e che Puccini, nella lettera del 27 agosto, comunicava al Poeta quelle che riteneva le qualità indispensabili per un buon libretto: varietà, azione, emozione.
Altrettanto duraturo, l’errore di trascrizione della lettera n. III (9 luglio1906), penetrato nell’epistolario pucciniano curato da Eugenio Gara.5 Riporto di séguito il passo incriminato nelle due versioni (a sinistra quella errata e a destra quella corretta):

io mi preparo a partire per                                                               io mi preparo a partire P[er] Milano
Milano Sempione Parigi – Debbo                                                    Sempione Parigi – debbo andarci per
andarci per definire Butterfly                                                            definire Butterfly all’opera Comique –  
all’Opéra. Comunque – ritornerò                                                     Ritornerò tra una settimana circa
tra una settimana circa.

Questo esempio mi permette di aprire una parentesi sulle difficoltà di decifrazione e trascrizione della grafia pucciniana, nella quale spesso non è possibile distinguere tra i segni di interpunzione, tra maiuscole e minuscole, tra a-capo e di-séguito. Puccini utilizzava regolarmente – al posto della virgola e del punto – il trattino; abbreviava le parole e i nomi più frequenti, elideva talvolta persino il verbo, adoperava allusioni ostiche, gestiva disordinatamente i diversi spazi del foglio. I primi editori delle sue lettere scelsero perciò di “normalizzare” la sua scrittura, riportandola a una forma comune, ma – così facendo – la interpretavano. Inoltre non era inconsueto che il curatore dell’epistolario scegliesse quali porzioni di testo fosse utile e conveniente pubblicare, censurando i passi scomodi, eliminando i saluti di rito, la firma, i post scriptum, le aggiunte in margine. Nel caso in cui siano scomparsi gli autografi, queste trascrizioni restano la sola testimonianza – sebbene inadeguata – di cui si possa disporre.
Purtroppo ciò accade frequentemente all’interno del carteggio D’Annunzio-Puccini, che, oltre ad essere sbilanciato nella sua consistenza, risulta talvolta inattendibile. Su questa documentazione mutila e malsicura si è finora basato l’esame dei rapporti tra i due artisti, con la conseguenza che i giudizi formulati dagli studiosi hanno sempre ricalcato il perentorio verdetto espresso da Giuseppe Pintorno nel titolo di un articolo del 1988: Puccini e D’Annunzio: i termini di una impossibile collaborazione.6 Così il musicologo concludeva il lavoro:
«Puccini e D’Annunzio7 rappresentano due mondi, due mondi compiuti e artisticamente perfetti, considerandoli dall’interno della loro logica. E, com’è logico, due perfezioni non possono sommarsi, sovrapporsi, coesistere».8
Poche righe prima di questo giudizio categorico, lo studioso cadeva però nel tranello di credere originarie e intenzionali le mancate risposte di D’Annunzio alle sollecitazioni di Puccini:
«La corrispondenza comprende ancora qualche breve scambio epistolare, dove è evidente che D’Annunzio, innervosito dall’incontentabilità di Puccini, evitava di incontrarlo, negandosi con piccole scuse».9
A smentirlo è una lettera rimasta finora inedita, fortunatamente riemersa nel circuito antiquario e adesso di mia proprietà, in cui D’Annunzio spiega a Puccini gli equivoci che hanno fatto saltare l’incontro. Da due altre lettere inedite in mio possesso si ricava poi che
il Poeta, anche in periodi di grandi impegni teatrali, non si sottrasse mai alle richieste di Puccini, proponendo anzi a sua volta date e luoghi d’appuntamento. Ma questi fortunati ritrovamenti sono in numero ridotto, e riguardano perlopiù telegrammi, piccoli biglietti di saluto o comunicazioni urgenti; il grosso della corrispondenza dannunziana resta perduto, e persino la lettera menzionata nel Decreto di tutela della Villa di Torre del Lago del 25 marzo 195310 è andata dispersa. Come ricostruire dunque un carteggio incompleto, il cui interesse finisce per essere offuscato dai fraintendimenti provocati dal suo infelice stato di
conservazione? Le modalità con cui si svolsero i contatti tra D’Annunzio e Puccini mi hanno suggerito la risposta: i due artisti ricorrevano spesso all’opera di alcuni “intermediari”, di solito appartenenti alla cerchia degli amici. Per D’Annunzio furono Francesco Paolo Tosti, Marco Praga e Carlo Clausetti, procuratore della filiale napoletana di Casa Ricordi; per Puccini, otre a quest’ultimo, i suoi editori. Intrecciando perciò la corrispondenza di D’Annunzio e Puccini con quella dei loro intermediari, il quadro degli eventi diviene più chiaro, e si allarga oltre i confini in cui era stato ristretto: risulta infatti
che i progetti su cui il poeta e il musicista lavorarono non furono soltanto tre (Parisina, La rosa di Cipro, La crociata degli Innocenti), ma addirittura cinque, considerando un enigmatico Cecco d’Ascoli, che D’Annunzio avrebbe dovuto scrivere nell’autunno 1900, e un altrettanto misterioso “atto unico” in stile elevato, da abbinarsi a una commedia breve di Tristan Bernard e al dramma La Houppelande di Didier Gold.
Nuova risulta inoltre l’immagine di un D’Annunzio non indifferente alla difficile (ma lucrosa) collaborazione con Puccini, e anzi addirittura interessato a riproporla, dopo due fallimenti, a Carlo Clausetti:11
Ancora più sorprendente è la scoperta di un’intesa – per quanto fragile – tra D’Annunzio e Puccini sulle premesse teoriche dell’opera in musica:
«Un dramma umano di alta lirica», dirà Puccini a Giulio Ricordi due giorni dopo, declinando in modo impercettibilmente diverso (ma sostanzialmente incompatibile) lo stesso intenso desiderio di rinnovamento. Attraverso questo sottile discrimine verbale passeranno, è vero, gli equivoci e le incomprensioni che renderanno infine impossibile un accordo con D’Annunzio, ma bisogna riconoscere che i tentativi furono sinceri, e che almeno in un caso (quello della Crociata) l’intesa sembrò vicina. Che Puccini – a differenza di quanto si scrive – vi credette sul serio lo dimostra la lettura incrociata dei carteggi, in particolare la corrispondenza privata con Sybil Seligman (al momento
disponibile solo nella traduzione inglese del figlio Vincent),14 o col nipote Carlo Marsili, o ancora con l’amico Vandini.
Le lettere a Illica, nelle quali il Maestro dichiara di non pensare seriamente ad una collaborazione con D’Annunzio, si rivelano invece, dal confronto con i documenti superstiti, poco attendibili: «Oh meraviglia delle meraviglie! – scrisse Puccini il 15 maggio 1900 – D’Annunzio mio librettista! Ma neanche per tutto l’oro del mondo. Troppa distillazione ubriaca ed io voglio restar in gamba»15. Qualche mese dopo, però, si lamentava con Giulio
Ricordi delle mediocri proposte letterarie che gli si offrivano, aggiungendo:
Puccini non voleva scontentare Illica, ma il suo pensiero andava sempre al «primo ingegno d’Italia»17 (sono parole sue), che col debutto teatrale della Città morta aveva ottenuto scarso successo, ma straordinarie attenzioni internazionali. Il criterio che mi ha guidato nella scelta dei documenti è semplice nella teoria ma problematico nella pratica: nessuna lettera o testimonianza attinente alla relazione tra i due artisti avrebbe dovuto essere ignorata, sia che riguardasse persone coinvolte nelle trattative che solo informate dei fatti. La documentazione raccolta presentava però gradi diversi di autorità e di interesse, e d’altronde era impossibile definire un criterio oggettivo su cui stabilire quali lettere fosse opportuno inserire integralmente nell’epistolario e quali dovessero essere solo citate nell’introduzione. Ho agito dunque empiricamente, valutando caso per caso, senza escludere a priori testimonianze estranee all’entourage familiare o lavorativo dei due autori.
Il successo di questo metodo è dimostrato, a mio avviso, dal ritrovamento di una lettera del Poeta a Enrico De Leva (compositore e pianista napoletano) risalente al 2 giugno 1895. In essa D’Annunzio respinge la proposta di scrivere un libretto d’opera, ribadendo le ragioni per cui l’anno prima aveva risposto negativamente a una simile richiesta di Puccini:
Si chiarisce dunque quanto si legge nella pluricitata lettera a Clausetti dell’anno precedente, in cui D’Annunzio non fa parola delle difficoltà artistiche, e avanza solo richieste economiche:
Se due testimonianze a confronto non bastano a determinare la realtà dei fatti, ecco una terza lettera chiarificatrice, questa volta inviata dal Poeta all’amico Francesco Paolo Tosti il 20 luglio 1894:
Altri documenti non epistolari confermano questa tesi: sono gli articoli che D’Annunzio pubblicò sulla «Tribuna» tra il 1886 e il 1887,21 nei quali egli si sofferma spesso sulla difficoltà di concepire un libretto d’opera:
Molto interessante è il confronto fra tre lettere dannunziane a Tito Ricordi, Giulio Ricordi e Giacomo Puccini, contenenti l’annuncio (con relativo panegirico) della Rosa di Cipro, spedite quasi simultaneamente il 7 e l’8 agosto 1906. È evidente il differente atteggiamento del Poeta con ogni interlocutore: a Tito Ricordi (che sa essere suo alleato),
spedisce una lettera breve, in cui descrive rapidamente il nuovo soggetto e domanda il versamento anticipato delle prime due rate «per la zuppa dei [...] cani e per la biada dei [...] cavalli».23 A Puccini scrive una lettera più lunga, piena di suggestioni acustiche, di squarci pittorici, di «fiammeggianti ideazioni»24 poetiche:
«Stamani nel dormiveglia ho ascoltato un divino preludio al secondo atto della Rosa di Cipro, all’episodio del Convento. Era l’alba, e sul dolce rombo del mare incominciavano a svegliarsi i riti [ind.] della vita diurna. Un gallo ha gettato il suo richiamo, un altro gallo – più lontano – ha risposto. Il primo aveva un grido appassionato e forte, su sei note. Il secondo rispondeva con le quattro note primitive del chicchirichì, più pacato, senza impeto ma con certezza. Non ti so dire la profonda commozione musicale che avevo dall’alternarsi di quei due temi su l’armonia dell’alba. Mi ricordavo di certe mattine elleniche nel Golfo di Corinto, quando alla mia nave ancorata giungeva il canto dei galli dall’isola di Ulisse. Non l’isola petrosa ma l’isola di Afrodite mi sorgeva nel vapore del sonno leggero. Cipro si risvegliava nell’odore dei suoi aranci, dei suoi cedri, dei suoi roseti, come quando per la prima volta la dea generata dalla spuma pose il piede sul lido di Pafo e fece tremare d’amore tutta la terra. I galli cantavano senza tregua, come nei  [versi del Pervigiulium] Veneris. Ed ecco la prima squilla del Mattutino! La campana del convento di Santa Chiara pareva fugare l’incantesimo pagano. Il grido dei galli si affievoliva, si dileguava. La preghiera delle Clarisse
saliva a poco a poco dalla tenebra verso le stelle morenti, si diffondeva nell’orto chiuso, toccava i fiori novelli [ind.]. Ah, se potessi comunicarti la musica che ho udito! Ma son [certo che tu] anche l’udrai quando ascolterai l’alba. Ci sono galli a Boscolungo? Bisogna notare i due temi, il breve e il lungo».25
A Giulio Ricordi infine (ritenuto, non a torto, la voce più influente sull’animo del musicista) arriva una lettera fluviale, in parte dedicata al soggetto di Parisina (nella speranza forse di riciclarlo per un altro musicista della Casa), in parte incentrata sull’autoelogio della Rosa di Cipro, di cui si mette in risalto a più riprese la «vergine materia tragica», passando sotto silenzio i vari Halévy e Donizetti che avevano musicato soggetti affini.
Indispensabile strumento della mia ricerca – per quanto riguarda la porzione pucciniana del carteggio – è stato il database elettronico allestito da Dieter Schickling per il Centro Studi Pucciniani di Lucca,26 che da anni si occupa di catalogare e trascrivere – secondo un criterio filologico al quale mi sono attenuto – l’enorme epistolario del Maestro. Il prof. Schickling mi ha anche aiutato nella datazione delle lettere pucciniane, fornendomi dettagli preziosissimi sugli spostamenti del musicista, sulle sue abitudini e conoscenze. Grazie al contributo del Centro Studi di Lucca sono dunque riuscito a selezionare e trascrivere le corrispondenze del musicista con Giulio e Tito Ricordi,27 Sybil Seligman,28 Alfredo Vandini,29 Carlo Clausetti,30 Carlo Marsili,31 Carlo Paladini,32 Riccardo Schnabl.33 Più
complessa è stata invece la ricerca degli autografi dannunziani, per i quali non esiste ad oggi un catalogo generale: dall’Archivio Ricordi provengono i contratti con Puccini, le lettere del Poeta a Carlo Clausetti, a Tito e Giulio Ricordi, e – più in generale – alla Casa; nel Vittoriale sono conservate alcune minute del Poeta, ma soprattutto le corrispondenze con Tom Antongini,34 Natalia De Goloubeff,35 Luigi Albertini,36 Marco Praga, Emilio e Guido Treves;37 non mi è stato invece possibile reperire gli originali delle lettere di D’Annunzio a Camillo Bondi, pubblicate da Arnaldo Marchetti sulla «Nuova rivista musicale italiana».38 Accanto a questi carteggi principali non devono essere trascurati alcuni documenti secondari ma interessanti, come le lettere a D’Annunzio del Comitato Onoranze a Giacomo Puccini di Torre del Lago e della Società Editrice Salsese, nelle quali si chiede (inutilmente) al Poeta di partecipare alle commemorazioni per la morte del Maestro; o alcune testimonianze indirette sul rapporto di reciproca stima che univa D’Annunzio e Puccini. Tra queste ultime deve essere messo in rilievo il passo di una lettera di Ferruccio Busoni alla moglie, in cui si legge a proposito del Poeta:
«Egli dipende molto dall'idea del successo, da ciò il suo smisurato rispetto per
Wagner e... persino per Puccini!»39
A suffragio di questa opinione esistono poche testimonianze attendibili, ma almeno due sono degne di interesse: la prima è di Tom Antongini, il quale, ricordando i contatti tra il Poeta e il Maestro, afferma che «Essi erano uniti da una viva e reciproca simpatia»;40 la seconda appartiene allo stesso D’Annunzio, che nei Taccuini del 1900 annotò l’abbozzo di un discorso dedicato alla città di Lucca:
«Grazie con tutta l’anima per questo saluto inaspettato che m’è [mi vie] prezioso perché mi viene da un popolo che ha [di ti] titoli antichissimi e grandi nella storia degli uomini, [nella nobiltà dell’intelligenza nella storia della forza e del pensiero] dal popolo che diede ai fasti [alla li] della libertà, dal popolo che oggi festeggia con così schietto fervore un suo nobilissimo figlio, un caro mio fratello d’arte, mostrando che ancora vive in Italia il culto delle forze [cose] ideali e che la nostra terra è ancora tanto ricca da nutrire il germe delle nuove speranze.
Auguro a Giacomo Puccini molte di quelle ore misteriose da cui nascono i capolavori, ed auguro alla pensosa e taciturna città [auguro al popolo] di Lucca che per lei tornano [sic] gli splendori di quel Rinascimento in cui ella sfavillò di tanta virtù civile nei suoi cuori e di tanta bellezza nei suoi marmi. Viva l’Italia nuova».41
Questo omaggio poco conosciuto a Puccini non basta probabilmente a ribaltare l’opinione generale secondo la quale D’Annunzio non provava grande stima per il musicista che domandò cinque volte e sempre rifiutò di collaborare con lui, ma serve certamente a ridimensionare il valore di un secondo apprezzamento sul suo conto, fin troppo conosciuto, e forse da considerarsi solamente una tra le tante affermazioni in un rapporto contraddittorio, discontinuo, problematico:
«Avvisto il Tirreno. seguo il disegno della riva arenosa. ma il velame mi copre l’acqua, mi veste fino alla cintura Undulna che voglio riamare.
Ecco il Forte de’ Marmi, e una felicità abbagliata.
Ecco Viareggio, e una tenzone di tradimenti.
Ecco la pineta di Migliarino, che si incenera senza ardere.
Ecco la Fossa burlamacca, simile a un Lete senza dimenticanza.
Ecco il lago di Massaciuccoli tanto ricco di cacciagione quanto povero
d’ispirazione».42
La penultima lettera che Puccini scrisse a D’Annunzio reca la data del 28 dicembre 1921. Al musicista che per tanti anni aveva seguìto con interesse critico la parabola artistica dannunziana non era sfuggita una svolta inaspettata, la “rivoluzione” del Notturno, grazie alla quale l’amato-odiato Poeta sembrava finalmente più vicino:
Caro Gabriele
Auguri fervidi!
Il tuo nuovo libro ha pagine di vibrazione e di sentimento che conquistano e affascinano – con l’antico affetto
abbraccioti
GIACOMO PUCCINI43

1 D’Annunzio e Puccini in un carteggio inedito, a cura di L. Marchetti, «Nuova
Antologia», dicembre 1949, pp. 337-350.
2 D’Annunzio e Puccini…, p. 339, nota n. 1.
3 È il caso delle lettere n. II e n. IV, datate erroneamente da Marchetti 9 luglio e 7
agosto 1906, sebbene il loro contenuto indichi inequivocabilmente che esse
appartengono allo stesso mese di luglio.
4 Lettera di Giacomo Puccini a Gabriele d’Annunzio del 27 agosto 1912, conservata
nell’Archivio del Vittoriale (Giacomo Puccini I, 6).
5 Carteggi pucciniani, a cura di E. Gara, Ricordi, Milano, 1958.
6 G. Pintorno, D’Annunzio e Puccini: i termini di una impossibile collaborazione, «Civiltà
Musicale», n. 3 (1988); anche in: D’Annunzio e la musica. Atti del convegno internazionale di
studio, Gardone Riviera – Milano, 22-23 ottobre 1988, Tipografia Bertolotti 1988, pp. 113-123.
7 La grafia corretta del nome del Poeta è con la “d” minuscola. Conservo nelle
trascrizioni le forme originali.
8 G. Pintorno, D’Annunzio e Puccini…, p. 123.
9 G. Pintorno, D’Annunzio e Puccini…, p. 123.
10 A pagina 8 del suddetto documento, a conclusione dell'elenco degli oggetti
conservati in un mobile a vetrina detto “VII inserto”, si legge: «Lo stesso inserto
conteneva anche una lettera autografa di G. D’Annunzio che attualmente si trova a
Milano per riparazione (senza etichetta)». Nel successivo inventario dell'Archivio
Puccini, redatto dalla Sovrintendenza Archivistica della Toscana il 22 maggio 1980
scompare anche il riferimento a questo autografo.
11 Anche Julian Budden sbaglia nel ritenere che il secondo tentativo di collaborazione
tra D’Annunzio e Puccini sia stato sollecitato da quest’ultimo.
12 Lettera del 25 [gennaio] 1906. Originale conservato all’Archivio del Vittoriale (Carlo
Clausetti 31857).
13 Lettera del 16 febbraio 1906. Originale conservato all’Archivio Ricordi (coll. P. II. 3/22
n. 2).
14 V. Seligman, Puccini among friends, Mac Millan, London, 1938.
15 Lettera a Luigi Illica del 15 maggio 1900, pubblicata in Carteggi pucciniani, n. 226.
16 Lettera a Giulio Ricordi del 20 novembre 1900, pubblicata in: G. Puccini, Epistolario,
a cura di G. Adami, Mondadori, Milano, 1982, lettera n. 69.
17 Lettera di Giacomo Puccini a Carlo Clausetti del 18 luglio 1894, pubblicata in
Carteggi pucciniani, n. 107. Originale perduto.
18 Lettera di Gabriele D’Annunzio a Enrico De Leva del 2 giugno 1895, conservata nell’Archivio del Vittoriale (Enrico De Leva 29035).
19 Lettera di Gabriele D’Annunzio a Carlo Clausetti senza data (la datazione da me
dedotta è 17 luglio 1894), conservata nell’Archivio del Vittoriale (Carlo Clausetti 31879).
20 Lettera a Francesco Paolo Tosti del 20 luglio 1894, pubblicata in: S. Cellucci
Marcone, D’Annunzio e la musica, [s.n.], L’Aquila, 1972, pp. 34-36.
21 Un poeta mèlico, «La Tribuna», 28 giugno 1886; A proposito della «Giuditta», «La
Tribuna», 14 e 15 marzo 1887; adesso in Scritti giornalistici, a cura di A. Andreoli,
Mondadori, Milano, 1996, vol. I, pp. 592-596, 852-860.
22 Scritti giornalistici, p. 592.
23 Lettera di Gabriele D’Annunzio a Tito Ricordi dell’[8 agosto 1906], conservata
nell’Archivio Ricordi (coll. P.II.3/22 n. 10).
24 Citazione tratta dalla lettera del 10 agosto 1906 di Giulio Ricordi a D’Annunzio in
risposta a quella del 7 agosto. Originale conservato nell’Archivio del Vittoriale (Giulio
Ricordi XV, 1).
25 Lettera di Gabriele D’Annunzio a Giacomo Puccini del 7 agosto 1906. Collocazione
dell’originale sconosciuta, pubblicata in D’Annunzio e Puccini…, nota IV.
26 Ringrazio la vicepresidente del Centro Studi Pucciniani, prof.ssa Gabriella Ravenni, per
avermi dato accesso al vastissimo materiale autografo, bibliografico e critico presente a Lucca.
Ricordi. Ringrazio la dott.ssa Mariapia Ferraris, responsabile dell’Archivio, per la
gentile accoglienza che mi ha riservato.
28 V. Seligman, Puccini among friends.
29 Ringrazio la a prof.ssa Karen Spicher della Yale University Library di New Haven
per avermi permesso di trascrivere i due biglietti di Puccini all’amico Alfredo Vandini.
30 La corrispondenza di Puccini con Carlo Clausetti è in parte perduta e in parte
conservata all’Archivio Ricordi.
31 Al nipote Carlo Marsili era probabilmente destinata una lettera di Puccini risalente
al 24 gennaio 1913 priva del cognome del destinatario, pubblicata da G. Adami
(Epistolario, n. 158) e attualmente dispersa.
32 C. Paladini, Giacomo Puccini, Vallecchi, Firenze, 1961.
33 G. Puccini, Lettere a Riccardo Schnabl, a cura di S. Puccini, Emme, Milano, 1981.
34 Le lettere di D’Annunzio all’amico e assistente Tom Antongini sono state
pubblicate (anche se in maniera poco filologica) da quest’ultimo nel volume:
Quarant’anni con D’Annunzio, Mondadori, Milano, 1957.
35 Andrea Lombardinilo è il curatore del pregevole epistolario Lettere a Natalia de
Goloubeff (1908-1915), barabba, Lanciano, 2005.
36 F. Di Tizio, D’Annunzio e Albertini: vent’anni di sodalizio, Ianieri, Altino, 2003.
37 Lettere ai Treves, a cura di G. Oliva, Garzanti, Milano, 1999.
38 A. Marchetti, Carezze e graffi di D’Annunzio a Puccini, in: «Nuova Rivista Musicale
Italiana», anno VIII, n. 4, ottobre-dicembre 1974.
39 F. Busoni, Lettere alla moglie, a cura di F. Schnapp, traduzione di L. Dallapiccola, Ricordi,
Milano,1955. Altrettanto ambiguo, il rapporto tra Busoni e Puccini. In una lettera a Casella
del 21 luglio 1923, il compositore italo-tedesco scrisse: «Abito in Germania, dove non faccio
altro che combattere per l’italianismo nella musica; e Voi, Italiani in Italia, esultate Strauss,
Stravinckij, Debussy! Insultate Puccini, rinnegate Verdi, e Vi prostrate – a Roma – dinnanzi
a delle mediocrità tedesche». (Girardi, op. cit., p. 438).
40 T. Antongini, Quarant’anni con D’Annunzio, p. 117.
41 G. D’Annunzio, Taccuini, a cura di E. Bianchetti e R. Forcella, Mondadori, Milano,
1965, pp. 418-419.
42 Gabriele d’Annunzio, Libro segreto, in: Prose di ricerca, a cura di Annamaria Andreoli
e Giorgio Zanetti, vol. I, Milano, Mondadori 2005, pp. 1708-1709.
43 Biglietto di Giacomo Puccini a Gabriele D’Annunzio del 28 dicembre 1921,
conservato nell’Archivio del Vittoriale (Giacomo Puccini I, 6).

* tratto da un articolo di Aldo Simone