venerdì 5 agosto 2011

Se l’arte da cortile manca e la vergogna è pubblica: all’IDV una proposta



D’estate, sarà perché ho più tempo e maggiore voglia di uscire, preferisco occuparmi d’arte, da guardare con gli occhi e da gustare tutta per la sua capacità di dare sensazioni, estetiche e non solo. A Vasto, si sa, le occasioni non mancano, seppur circoscritte e rare, d’accatto e fortunose.
Ma se Arte è Vita, e se la vita che ci circonda è tutt’altro che a misura d’arte, allora è inevitabile tornare a dire del come e perché ci siano uomini “eletti”, dai riti democratici, e al tempo stesso siti e arredi lerci o disfatti, testimonianza di una “forma mentis” o di un potere altrettanto lercio, e per me - inguaribile formalista in cultura e idealista in politica – inspiegabile.
Tutto questo per dire di certi ciottoli. Non di quelli che se la rotolano beatamente, massaggiati dall’onda del mare nelle nostre calette amene, al Trave, Vignola e Casarza e nelle altre, ma di quelli ordinati e com-posti un tempo nel noto Cortile che fu dei D’Avalos, Marchesi in Vasto.
Il tempo, si sa, è per sua specifica natura ‘edace’ (dicevano i popoli del tempo latino), divora tutto, erode i muri delle case e, non meno, le pedate degli uomini smontano i cortili acciottolati. Abituati a stare insieme, ne smuovi uno e se ne vengono via tutti gli altri, se qualcuno non si prende la briga di rimetterli, a uno a uno e ad arte, al loro destinato posto. Qualcuno dice che potremmo anche riutilizzarli in altro modo e altrove, sostituirli con basolato di altro materiale, anche più consono all’uso che se ne fa della preziosa aperta e racchiusa ‘location’. Se si vuole, naturalmente, senza farsi condizionare da un conservatorismo culturale feticistico da un lato e tutto ignavo dall’altra.
In questi anni ho osservato (e fotografato più volte) il dissestato Cortile: avvallato e sconnesso, in qualche punto rattoppato di calcina, ma nella generalità è immagine di quanta trascuratezza e ignavia si sia capaci, quando si è pubblici amministratori, nei riguardi di un bene comune.
In questi giorni ha colpito la mia attenzione, un mucchietto di ciottoli messi lì, addossati a un muro, come in attesa che una ‘pia mano’ li ricomponga - come in un ossario - nell’ordine pavimentarlo originale. Uno immagina come sottintesa una buona intenzione e invece è facile pensare che, instabili com’erano, qualcuno li abbia tolti di mezzo solo per stendere quelle colorate ‘moquette’ usa e getta delle importanti convention cultural - politiche che vi si tengono. Io, …se fossi rappresentante di categoria (quella dei ciottoli, dico, non degli umani), protesterei gridando un “O ci tenete tutti, belli ordinati e livellati, in bella vista, o ci portate via, …magari a Casarza, in riva al mare ancora”.

Ogni riferimento alle Feste, che nel Cortile si celebrano, è per niente casuale e anzi a quella dell’IDV e al suo ispiratore, Antonio Di Pietro, è fortemente voluto e indirizzato. Non per dire e non per male, ma semplicemente (forse utilmente) per lanciare non una di quelle acciottolate pietre ‘incerte’ ma “La proposta”. Considerato l’amore che essi mostrano per il posto e l’uso fatto ormai da anni del Cortile: perché non smettere di ammantare annualmente questa vergogna civica vastese e - in gradito dono alla città – adoperarsi per pavimentarlo di nuovo. Resterà nel tempo, a lungo, una dura e resistente testimonianza anch’essa di …Valore urbanistico e sociale. Arte e cultura (politica, e non solo) a parte.
Giuseppe F. Pollutri

1 commento:

52 ha detto...

Ogni festa tinge una testa.