sabato 17 aprile 2010

Il manico di Bossi ed il metodo di Lapenna.


La questione Palazzo d’Avalos, continua ad essere sottovalutata. La questione Palazzo d’Avalos è emblematica del modo di condurre l’amministrazione pubblica, da parte della politica locale. Non è una questione di persone, luoghi o oggetti, ma una questione di metodo. La Legge dice che per l’affidamento di un incarico, bisogna operare mediante un bando di gara. Perché, per quanto riguarda “Il Palazzo”, ciò non è accaduto? Qualcuno risponde che “avrebbe potuto aggiudicarsi la gara una ditta, un ente, una cooperativa, una associazione, una fondazione, lontana da questo territorio, magari di un’altra regione, magari di un’altra nazione”. Altri rispondono: “… e se rivinceva la Cooperativa Arcobaleno?” Altri ancora replicano con risposte “stravaganti” come quelle del primo cittadino di Vasto.
Io mi chiedo: perché non potrebbe gestire questo “luogo di cultura” della nostra città “una ditta, un ente, una cooperativa, una associazione, una fondazione, lontana da questo territorio, magari di un’altra regione, magari di un’altra nazione”? Perché non avrebbe potuto avere seguito la gestione della Cooperativa Arcobaleno? Forse perché non si ha alcuna idea su quello che si vuole da Palazzo d’Avalos e quindi abbiamo bisogno di affidare la “struttura” (il contenitore) a persone “amiche” così da non avere problemi di sorta? O forse dobbiamo affidare a persone “amiche” e basta?
La Cooperativa Arcobaleno, se ben guidata, presentava già tutte le figure necessarie per una ottima gestione dell’edificio museale. Dagli inservienti alle guide, dagli interpreti fino alle figure con laurea specifica per quanto connesso con l’arte e la cultura in genere, tuttavia poteva essere sostituita da chi avesse potuto presentare referenze migliori. Invece si è deciso di affidare il Palazzo al “primo” che ha presentato una proposta. Mi pare quantomeno strano. L’Amministrazione Comunale, aveva bisogno a sua volta di una guida?
Su questo metodo, e ripeto sul metodo, non ho sentito alcuna voce “politica” contraria. Nemmeno sul fatto che la Cooperativa sia stata messa alla porta senza diritto di replica. (Non mi si venga a dire che ci sono stati dei colloqui. Carta canta e certe volte suona pure.) Qualcuno potrebbe dire: “per 60 persone buttate in mezzo ad una strada altre avranno un “meritato” impiego. Andiamo allora a vedere come saranno ripartiti i 114.000 euro per la fondazione? No! Chi è interessato vada pure a leggere le carte, io sono già schifato dai capitoli di spesa di altre operazioni “culturali”.
In merito alle novità proposte piuttosto, leggo che la “nuova gestione” propone quanto già si è fatto in questi anni: passeggiate archeologiche (spero che si occupi della pulizia di quei luoghi). Nemmeno una parola sulla conduzione della pinacoteca, sul museo del costume, sulla galleria di arte moderna o sui fondi che serviranno per promuovere e pubblicizzare il Palazzo.
L’assessore attuale dice: “avremo l’opportunità di attingere a fondi extracomunali”.
E perché non c’era anche prima questa opportunità? C’è bisogno di personale altamente qualificato per questo o bastava attivarsi? A cosa servono i dirigenti, i funzionari ed il personale del settore cultura?
Il metodo, secondo me, sarebbe stato quello di decidere le modalità di gestione del d’Avalos e poi, tramite bando di gara, affidare il “nostro gioiello” a chi avrebbe dato maggiori e reali garanzie su quanto già atteso.

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