giovedì 11 luglio 2013

I morti, gli zombie e i cadaveri.

Che i miei concittadini fossero malati di querulomania lo sapevo da tempo e, in tanti modi, ho tentato almeno di alleviare le sofferenze prodotte da questa malattia. Devo però riconoscere pubblicamente la mia sconfitta, poiché questa alterazione maniacale ha portato i vastesi e l’intera città alla morte.
Dalla morte ci potrà “guarire” solo il Padre Eterno e io non mi ritengo tale. Inoltre non vedo intorno a me granché di meglio.
Il pensiero della morte mi ha spinto a riflettere sulle varie forme che una volta colpiti da essa si può divenire e ho scelto tre figure: il morto, lo zombie e il cadavere.
La figura del morto fa pensare o quantomeno sperare che l’anima sia ancora in vita da qualche parte. La figura dello zombie fa pensare almeno ad un corpo che, magari come avviene cinematograficamente per i Vampiri, sia curabile o in qualche modo salvabile, riacquistabile. La figura del cadavere invece non da scampo. Esso è un corpo destinato alla putrefazione, alla ibernazione, alla  mummificazione, comunque irrimediabilmente “morto”.
Sento sempre più spesso dire dai miei concittadini che Vasto è un paese di morti. Qualcuno, specialmente tra i giovani, ha detto che è un paese di zombie. Io dico che chi usa questi termini sbaglia. Vasto è un paese di “cadaveri”.
Puoi proporre, fare, sbatterti in qualsiasi maniera ma il cadavere anche se riposto in una splendida tomba, se rappresentato in una magnifica foto, se visitato amorevolmente a tutte le ore del giorno e della notte, resta sempre un cadavere.
L’anima lo ha abbandonato da tempo e lo stato di avanzato stato di putrefazione non gli permetterà di diventare salma resuscitata. A nulla serve il funerale tragico e lento, il carro preceduto dalle corone portate a mano come quello descritto da Guido Piovene, che ancora nel 1953, nel suo “Viaggio in Italia”, così scriveva:

In quella graziosa città marinara che è Vasto, con una piazza dedicata a Lucio Valerio Pudente, fanciullo tredicenne che fu incoronato poeta, e col palazzo d’Avalos che albergò Vittoria Colonna, il brodetto di pesce è il piatto giornaliero d’obbligo come altrove la pasta; nelle stradine e nelle piazze si spande l’odore del fritto.

Quella Vasto non esiste più. E’ morta.  Non c’è più niente da fare se non aspettare il tempo in cui il Padre Eterno ne deciderà la “resurrezione” ma i cadaveri che la abitano non se ne sono ancora accorti.

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