mercoledì 4 novembre 2009

Il Piave mormorò: … “non so che giorno era”

A Vasto si rimandano le celebrazioni per il quattro novembre al giorno otto. Mi chiedo perché limitare la commemorazione, sicuramente lodevole, alle solite forme, al solito cliché, al solito stereotipo, e ancora, a chi è rivolta? Perché proporre questa manifestazione la domenica mattina quando, sicuramente i giovani saranno assenti? I giovani che conoscono tutto di halloween, della storia americana, grazie anche alla musica; i giovani che stanno imparando a conoscere la storia del Giappone grazie ai manga ed al cibo; quanto sanno, questi giovani della prima guerra mondiale? Si saranno mai chiesti, magari passando d’avanti ad una lapide o un monumento ai caduti posti nei più sperduti paesini d’Italia, il perché di queste morti? Perché un bracciante dell’entroterra della Sardegna andò a morire al fronte austriaco? Poi dicono che attecchisce il pensiero dei leghisti. Attecchisce perché le commemorazioni non coinvolgono se non chi ha già in se quel sentimento, quell’emozione. Ma queste persone, hanno saputo tramandare ai posteri, la loro passione o si sono accontentate di soddisfare la propria nostalgia? Oltre agli inni suonati dalla banda, hanno saputo spiegare, senza retorica o pompa, il significato delle medaglie ostentate, il significato di quella ricorrenza?
Perché non organizzare, nelle scuole, proprio il quattro novembre, una giornata di riflessione, come si usa dire ora, di “memoria” sull’argomento. Forse non rientra nel programma? E chi lo decide il “programma”.

Di seguito riporto alcuni scritti che sicuramente sarebbero oggetto di discussione se proposti contestualmente alla deposizione della corona d’alloro ed agli inni patriottici.


Il 4 Novembre, una data storica per l'Italia. Ottantotto anni orsono, si completava con la fine della Prima Guerra Mondiale, il ciclo delle campagne nazionali per l'Unità d'Italia. Un cammino lungo, durato settant'anni, dalla Prima Guerra d'Indipendenza in avanti.
Un percorso difficile, intrapreso da uno dei Regni preunitari e portato a termine con il concorso convinto della popolazione di tutte le regioni d'Italia, mosse dal desiderio di mettere sotto un'unica Bandiera le sorti della penisola.

Tutto quello che non ci hanno detto sul quattro novembre

La prima guerra mondiale costo' all'Italia 650 mila morti e un milione di mutilati e feriti, molti di piu' di quanti erano gli abitanti di Trento e Trieste, i territori ottenuti con la vittoria della
guerra, che erano gia' stati promessi all'Italia dall'Austria in cambio della non belligeranza
2 novembre 2000
Il 4 novembre ripudiamo la guerra
Il 4 novembre si svolgono in tutta Italia le cerimonie per ricordare il 4 novembre 1918, data in cui l'Italia usci' "vittoriosa" dalla prima guerra mondiale.
Con questo messaggio vogliamo dedicare spazio alle vittime della prima guerra mondiale, che hanno pagato con la loro vita il costo di una guerra inutile.
La festa del 4 novembre fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime di una guerra spietata e non voluta in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria. Furono costruiti monumenti ai caduti e agli insegnanti fu chiesto di celebrare le forze armate. Questa eredita' non e' stata sufficientemente sottoposta a critica con l'avvento della Repubblica.
Vogliamo portare nella consapevolezza sociale cio' che e' ormai acquisito nello studio degli storici e degli studiosi l'Italia entro' in guerra nonostante l'Austria avesse promesso la restituzione di Trento e Trieste in cambio nella non belligeranza. L'intento era infatti quello di espandere l'Italia verso territori esteri (come avvenne con la conquista del Sud Tirolo) seguendo il mito dell'imperialismo romano, che ebbe poi nel fascismo la sua massima celebrazione. Dopo la guerra infatti si parlo' di "vittoria mutilata" perche' le mire espansionistiche non furono coronate.
La prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. Le commesse di guerra fruttarono profitti cosi' scandalosi che fu nominata una commissione di inchiesta parlamentare.
I migliori libri di storia segnalano che il fascismo al potere - fra i primi atti - blocco' la commissione parlamentare che indagava sulla prima guerra mondiale e sui profitti illeciti accumulati da faccendieri, burocrati, generali, industriali. Essa fu infatti prontamente sciolta dal fascismo dopo la marcia su Roma.
Perche' allora si festeggia la prima guerra mondiale?
Una risposta ci viene da un testo scolastico G. De Vecchi, G. Giovannetti, E. Zanette, "Moduli di storia 2", ed. scolastiche B. Mondadori. Leggiamo...
"L'idea di una "guerra grande" non per l'orrore e la sofferenza bensi' per l'eroismo e il patriottismo dei suoi protagonisti e la bonta' dei suoi obiettivi, nacque soltanto dopo il conflitto. Essa fu il risultato delle commemorazioni ufficiali dei governi liberali dell'immediato dopoguerra e poi del regime fascista.
Questa idea si concretizzo', fin dagli anni immediatamente successivi al conflitto, in una serie di iniziative finalizzate a tenere vivo negli italiani il ricordo della guerra cerimonie pubbliche, istituzione di festivita' (per esempio il 4 novembre, anniversario della vittoria), intitolazione di vie e scuole a eroi della guerra, diffusione nelle stesse scuole e nei centri ricreativi dei canti patriottici. Ma lo strumento piu' efficace furono i monumenti ai caduti. Fu soprattutto il regime fascista a favorirne la diffusione, imponendone la costruzione in tutti i paesi e citta' d'Italia. Quali erano la funzione e le caratteristiche dei monumenti ai caduti? Il loro obiettivo immediato era la commemorazione dei soldati morti sul campo di battaglia, in particolare di quelli originari della località in cui era costruito il monumento. Tuttavia, nei testi che apparivano sulle lapidi e nel tipo di raffigurazione emergeva un altro e piu' importante obiettivo. Si trattava, infatti, di iscrizioni e di sculture che descrivevano la guerra come una sofferenza giusta e necessaria; i soldati vi erano rappresentati come degli eroi che, consapevolmente e volontariamente, avevano sacrificato la propria vita per la patria. In sostanza, i monumenti e le lapidi presentavano la guerra come un momento di "grandezza" dell'Italia e degli italiani, dunque come un'esperienza estrema ma assolutamente positiva.
Niente di piu' lontano dalla realta'. Appare allora chiaro che i monumenti erano progettati non solo per offrire alle famiglie un conforto e una giustificazione per la morte dei loro cari, ma anche e soprattutto per costruire la memoria di una guerra "grande" che ne falsificava la realta' nascondendone gli aspetti piu' violenti e assurdi.
La memoria non ufficiale e l'opposizione alla guerra
La memoria ufficiale della guerra non fu pero' l'unica forma di commemorazione del conflitto. Soprattutto nel biennio 1919-20, vi furono associazioni e forze politiche (in genere di sinistra) che cercarono di mantenere in vita il ricordo dell'opposizione alla guerra e delle sofferenze che essa aveva causato ai soldati e ai civili. Anche questa versione alternativa si manifesto' attraverso lapidi e monumenti in genere costruiti nei comuni guidati da sindaci socialisti. Si trattava pero' di monumenti molto diversi da quelli ufficiali. Le lapidi "alternative" erano ben piu' precise ed esplicite nel descrivere l'orrore del conflitto. I soldati morti erano descritti come vittime e non come eroi.
Questi monumenti ebbero vita breve e difficile. Gia' i primi governi liberali del dopoguerra ne ostacolarono o vietarono la costruzione; con la salita al potere del fascismo, nella cui ideologia tanta parte aveva l'esaltazione della nazione e della guerra, essi vennero tutti distrutti.
Un mito presente ancora oggi
L'interpretazione ufficiale della guerra rimase prevalente anche dopo la caduta del fascismo, non solo a causa dell'efficacia della propaganda del regime, ma anche perche', messa a confronto con la seconda guerra mondiale - che in Italia nessuno, a parte il regime fascista, aveva voluto - la Grande guerra appariva meno insensata e drammatica. E' solo a partire dagli anni sessanta che nelle interpretazioni degli storici, così come nella mentalita' degli italiani, ha cominciato a riaffiorare una memoria critica della guerra. A testimoniare la sopravvivenza del mito della Grande guerra vi sono ancora i monumenti di epoca fascista; in molti casi ne e' stata modificata la dedica, estendendola anche ai morti della seconda guerra mondiale e della Resistenza. Solo in pochissime realta', in genere nel corso degli anni settanta e ottanta, sono stati sostituiti con nuovi monumenti che rappresentano la guerra non come un giusto sacrificio per il bene della patria, ma come un orrore da evitare per sempre."

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