martedì 31 gennaio 2012

E' bene che si sappia.

I parlamentari si tagliano lo stipendio
ma al netto non cambia nulla.

La sforbiciata evita che con il contributivo i deputati potessero ottenere buste paga più alte. Tetto per i manager pubblici

ROMA - Via al taglio degli stipendi per i politici. Oppure no? Andando a studiare bene la sforbiciata approvata ieri si scopre che a fronte dei circa 200 parlamentari più importanti (dai presidenti di Camera e Senato ai presidenti di commissione) - per cui scatta un taglio del 10% dello stipendio pari a 300-400 euro in meno al mese per un risparmio complessivo delle due Camere valutabile in 7/800 mila euro - il deputato «semplice» continuerà a guadagnare circa 5.000 euro netti per la sola indennità grazie ad un taglio nominale di 1.300 euro lordi al mese che saranno accantonati in un fondo ad hoc. Al netto, in pratica, non cambia nulla.

L'escamotage. Com'è possibile? L'operazione serve ad impedire che - a causa del nuovo sistema di calcolo contributivo delle loro pensioni che si può scaricare dalle tasse - i deputati potessero ottenere paradossalmente buste paga più pesanti. In sintesi: per la maggioranza dei peones gli introiti rimarranno gli stessi mentre i parlamentari più importanti ci rimettono qualcosa. Ma vediamo nel dettalio le decisioni prese ieri dall’ufficio di presidenza della Camera cui oggi dovrebbe adeguarsi anche il Senato. Sui tagli delle loro spese le due Camere hanno infatti deciso di procedere in parallelo, per evitare disparità nei trattamenti di deputati e senatori. Il nuovo regolamento conferma anche che dal primo gennaio 2012 è sparito il vecchio e convenientissimo vitalizio ed è partito il calcolo della pensione dei parlamentari con il sistema contributivo. Un sistema che dovrà essere applicato anche ai dipendenti del Palazzo e che, come detto, per Montecitorio comporterà un taglio apparente delle indennità di 1.300 euro.

«Sacrifici». Un escamotage, quest’ultimo, per evitare che i tagli ai costi della politica, con il conseguente adeguamento del trattamento pensionistico dei parlamentari a quello del resto degli italiani, determinassero un aumento dell’assegno mensile del deputato che sarebbe emerso grazie al diverso trattamento fiscale dei versamenti contributivi. Nel caso dei vitalizi, infatti, la trattenuta veniva tassata mentre i versamenti contributivi sono deducibili cioè procurano un calo delle tasse. I 1.300 euro in meno, in ogni caso, verranno depositati in un fondo a tutela di eventuali ricorsi. «Si tratta di scelte sagge ed equilibrate - dice Renzo Lusetti - segretario di presidenza - in linea con i sacrifici che abbiamo chiesto agli italiani».

I portaborse. Alla Camera (il Senato lo farà oggi), è stato inoltre deciso che potrà essere rimborsata in modo forfettario solo la metà dei contributi versati dal Parlamento per gli assistenti parlamentari. L’altra metà dovrà essere giustificata con fatture. «Entro un mese» annuncia inoltre il questore della Camera, Antonio Mazzocchi, presenteremo una proposta di legge per regolamentare la figura dei cosiddetti portaborse. Quanto ai deputati, uno studio esaminato dall’Ufficio di Presidenza della Camera dovrebbe finalmente porre fine all’infinita polemica sui guadagni dei parlamentari italiani comparati a quelli dei loro colleghi euroepi. I deputati italiani, infatti, secondo questo studio possono contare su una indennità mensile di circa 5.000 euro netti (escluse le diarie giornaliere) a fronte dei 5.035 euro dei colleghi francesi, dei 5.110,31 euro dei tedeschi e dei 6.200 euro dei parlamentari europei.

Tetto per i manager pubblici. Per i dirigenti di authority, ministeri, agenzie, società pubbliche di vario titolo (ma non per Eni, Enel, Poste e altre aziende quotate) sta per scattare un tetto agli stipendi. I manager pubblici non potranno guadagnare più di circa 310mila euro lordi l’anno, ovvero della retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione.

Da "IL MESSAGGERO"

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