domenica 10 febbraio 2013

Una riflessione sul “Liberismo”


di Felice Monteferrante

Troppo spesso sentiamo dire che la crisi economica attuale è soprattutto figlia del neoliberismo di matrice tacheriana-reeganiana degli anni “80.
Ad onor del vero quasi tutti hanno goduto di quel vento individualista, anche coloro che oggi ipocritamente ci fanno la morale.
Liberismo così come noi lo intendiamo, cioè di matrice solo economica, è figlio di un fraintendimento del dibattito culturale intercorso tra il 1928 ed il 1946 tra Luigi Einaudi e Benedetto Croce. Il primo nel 1948 scriveva sul Corriere della sera “un elogio della libertà dell’uomo comune” accettando la tesi che la libertà politica debba essere accompagnata dalla libertà economica mentre Croce col suo idealismo, credeva solo nella libertà dello spirito.
Da qui nasce quello slittamento semantico con cui intendiamo il termine liberismo.
Per essere più pragmatici, sono veri i numeri ripetuti come mantra dall’ex ministro Tremonti, cioè che la massa finanziaria nel mondo, fino alla fine degli anni “80 era di 500 miliardi di dollari oggi vale 67 trilioni di dollari (più i 600.000 miliardi di finanza derivata, l’80% dei quali collocati fuori dai mercati regolamentati) cioè 11 volte l’ammontare dei debiti sovrani dell’intero pianeta e 9 volte il suo p.i.l.
Allora è facile chiedersi da dove provenga questa enorme massa di liquidità.
Le cause sono molteplici ma la maggiore è la nuova legge bancaria promossa dall’amministrazione Clinton nel 1999 che, abrogando la vecchia legge del 1933 (Glass-Steagall Act) annullava di fatto la separazione dell’attività retail cioè commerciale da quella di investment banking.
Con ciò, forse anche in buona fede, si voleva far realizzare a tutti il sogno americano grazie anche alla politica espansiva della F.E.D. sotto la presidenza Greenspan.
Da allora cominciarono a proliferare quegli strumenti finanziari come future c.d.s. e non solo che, se fino ad allora erano stati utilizzati come strumenti assicurativi, come ad esempio tutelarsi dalle oscillazioni delle valute o dalla volatilità dei prezzi delle commodity come petrolio, grano, mais caffè, zucchero ecc. finirono col diventare per molte banche d’affari, strumenti meramente speculativi.
Si investivano così grosse cifre non perché si era possessori di campi di frumento o di compagnie aeree, cioè non ci si voleva assicurare sulle oscillazioni dei prezzi del mais o del petrolio ma semplicemente scommettere sul loro prezzo futuro.
Come dimenticare gli assalti ai forni in Egitto di qualche anno fa quando il prezzo del grano aumentò a dismisura non solo per fenomeni legati alla siccità.
Questa enorme massa di liquidità finanziaria alla fine degli anni “90 fu in gran parte investita nelle dot-com e New economy, cioè in quella società di servizi che avevano a che fare col w.e.b.
Da lì a qualche anno però, molte di queste società, soprattutto quelle che non si erano sapute innovare, fallirono dando vita alla prima grossa bolla finanziaria.   
Sempre negli Stati Uniti intanto, iniziò il proliferare del credito facile con finanziamenti che arrivarono a coprire fino il 120% dei beni da acquistare dando il via a quella bolla speculativa dei mutui “sub-prime” dati cioè a creditori con grandi rischi di insolvenza.
Molte banche, erogatrici di questo credito, intanto cartolarizzarono molti dei loro debiti contratti cedendoli ad altri veicoli finanziari che a loro volta li cedevano con gli stessi meccanismi.
Accadde così che molte grosse banche ebbero crisi di liquidità avendo molti crediti ormai non più solvibili.
Iniziò così quel balletto di salvataggi governativi.Si inizio dapprima col salvataggio dell’agenzia assicurativa A.I.G. che ricevette 70 miliardi di dollari dalla F.E.D. per la sua ricapitalizzazione, poi delle sue consorelle dai nomi di ballerine del Crazy Horse Fannie Mae e Freddie Mac nate per garantire i fondi del mercato immobiliare, finirono col cartolarizzare i mutui immobiliari emessi dalle banche. A loro il governo diede 1450miliardi di dollari mediante un accordo solo recentemente rivisto.
Si passò poi al salvataggio del sistema bancario con una prima trance di 2.593 miliardi di dollari spalmati su 1.095 istituti di credito, tra cui tutte le maggiori banche d''affari internazionali come Bank of Amercia e Citigroup che hanno ricevuto 47 miliardi o Gmac, la società di credito al consumo della General Motors.
Il vero nodo da sciogliere dell’amministrazione U.S.A era quello della possibilità di salvare tutti gli istituti di credito o se era possibile lasciare qualcuno al proprio destino.
Così il 15 Settembre del 2008 cadde l’ultimo tabù, quel Too Big To Fail (diventato anche un film nel 2011 dal titolo il crollo dei giganti) cioè troppo grandi per fallire, si infranse col crollo di Lehman Brother’s.
Lo stesso accadeva in Europa, Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda Islanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna e Svizzera hanno inizialmente immesso nei rispettivi sistemi bancari 1.519 miliardi di euro distribuiti su 115 istituti, di cui "solo" 274 miliardi di euro sotto forma di capitale e il resto, per la quasi totalità, sotto forma di garanzie.
Ma nel vecchio continente accadeva anche altro, nel 2007  inizio quel balletto di fusioni ed acquisizioni che coinvolgevano molte big del sistema finanziario.assicurativo, come i 2 giganti spagnoli Banco di Santander e Banco de Bilbao, la scozzese R.B.S. L’olandese Abn Amro, la francese B.N.P. Paribas e le nostre Unicredit, Intesa S.Paolo e M.P.S.
Molte di queste finirono con l’essere nazionalizzate dai loro governi, come le britanniche Northern Rock, R.B.S. la tedesca Commerz Bank e più recentemente la spagnola Bankia attraverso il “fondo salva banche” ed il gigante assicurativo franco-belga Dexia salvata dai rispettivi governi mediante 2 cospicue ricapitalizzazioni.
Agli inizi del nuovo millennio alcuni paesi u.e. puntarono le loro fish sul mercato immobiliare, soprattutto Spagna ed Irlanda.
Come non ricordare la querelle che coinvolse il governo Prodi sul sorpasso, ai nostri danni degli spagnoli, per P.I.L. procapite.
Questo enorme flusso di liquidità colpì non solo le banche ma anche gli Stati sovrani, come già ricordato in Spagna ed Irlanda con “bolle immobiliari” nella piccola Islanda con una grave crisi finanziaria (in parte attutita dal referendum che taglio gran parte del debito da restituire) e colpì soprattutto i debiti degli Stati con spread e c.d.s. che s’impennarono trasformando così, quella che fino ad allora era stata una crisi finanziaria in crisi economica.E se è pur vero che la genesi di ciò è diversa nei diversi paesi dell’Unione è inconfutabile che da allora quelli che erano debiti privati diventarono debiti sovrani.
A questo punto ci si può chiedere quali settori potrebbero colpire le prossime bolle, forse potrebbe esserci una neo dot-com visto l’assurdo collocamento a Wall Street di Facebook per 100 miliardi di dollari (più di quanto capitalizzi la Boeing) sgonfiatosi nel giro di pochi giorni a vantaggio di pochi, forse di quegli stessi advisor che l’avevano collocata in borsa.
Altra cosa certa è che si sta sgonfiando quell’euforia nei Titoli Sovrani di quei paesi AAA dell’euro zona (basti pensare che fino a qualche settimana fa i bund tedeschi a breve scadenza davano rendimenti negativi).
Per tornare alla “querelle” sul liberismo mi chiedo perché molti si ostinino ancora a cercare nelle politiche degli anni “80 l’origine delle crisi, morali ed economiche, dei nostri tempi.
Costoro dimenticano che si era ancora in piena guerra fredda e molti dei Paesi protagonisti di oggi, non solo i soliti B.R.I.C. (Brasile, Russia, India e Cina) ma anche Indonesia, Sud Africa, Messico, Turchia e paesi O.P.E.C, ormai siedono da primi attori nei vertici internazionali come il G-20 e molti fanno parte del W.T.O. nato nel 1995.
Per un liberale ma anche per chiunque sia dotato di buon senso, “il mercato” non solo quello dei capitali o finanziario, sono indispensabili a patto che, siano regolati e vigilati e ciò è compito della politica.
In Europa l’iter per una vera unione politica, che potrebbe quantomeno regolamentare l’uso di contratti derivati, è ancora lungo nel frattempo però, si è arrivati ad un accordo sulla vigilanza dei grossi gruppi bancari da parte della B.C.E. escludendo però le Land-Bank tedesche che sono la spina dorsale del credito alle imprese.

Non resta che confidare nell’amministrazione Americana soprattutto ora che Obama non ha più l’assillo di essere rieletto. Le premesse sono buone dopo l’elezione al Tesoro di Jack-Lew, che pare essere meno vicino alle lobby di Wall-Street di quanto non lo siano stati i suoi predecessori Paulson e Gaithner ed in questa direzione pare andare anche la nomina di Elisse Walter presidente della S.E.C.

Ed ora vorrei concludere con una piccola digressione, una poesia di Walt Whitman perché penso che alla base di tutto ci sia l’individuo



L’individuo io canto

L’individuo io canto, una semplice singola persona,

eppure pronuncio la parola Democrazia, la parola

In-Massa

La fisiologia da capo a piedi io canto,

né la fisionomia da sola né il cervello da solo valgono per

la Musa: io dico che la Forma completa  vale di gran lunga di più,

la Femmina e insieme il Maschio io canto.

La Vita immensa in passione,impulso,potenza,

piena di gioia,per le azioni più libere che si compiono

sotto la legge divina,

l’Uomo Moderno io canto

1 commento:

maria ha detto...

Che manfrina...
Poi, c'è ancora chi ha realmente bisogno di sapere come sono andate le cose partendo da Einaudi e Croce?
Poi, che vuol dire che tutti quelli che ipocritamente oggi parlano di quegli anni 80 ci hanno anche giovato?
Ma, non so se lei o chi ha scritto questa manfrina abbia mai avuto bisogno di un mutuo: si ricorda i tassi di interesse e la durata dei mutui?
Se dobbiamo partire dai due sopracitati, preferisco Benedetto Croce, poichè nessuno ci ha mai realmente imposto di divenire come i giganti della società! E se parteggio per Einaudi, è solo per dire che la politica avrebbe semplicemente dovuto garantire il quieto vivere di tutti, ma qui, magari, ci intrufolerei forzatamente Pasolini... garantire il queto vivere di tutti senza pretendere una omologazione delle azioni e del pensiero...
Poi, tutto il resto, sarà storia, saranno errori strategici di qualche poco illuminato gigante politico... ma se la massa avrebbe saputo restare se stessa, senza desiderare di divenire ciò che non era, mantenedo comunque la sua libertà dello spirito, forse, tutto questo crollo gigantesco non lo avremmo avuto, o non in maniera così rovinosa!