lunedì 21 dicembre 2009

Arbeit macht frei



La società moderna, ci ha trasformato in semplici numeri, codici fiscali. Proprio come nei lager, dove le persone non avevano più significato, erano solo il numero tatuato sulla pelle. Da qui ho meditato il duplice significato del furto della scritta Arbeit macht frei rubata dall’ingresso del lager di Auschwitz.
“Noi non vogliamo essere numeri, come chi ha abitato questo posto. Rubando questa insegna, abbiamo scritto il nostro nome nella storia”. Nessuno, con la crisi dei valori che si avverte nella società “moderna” vuole essere anonimo. Questa condizione rende infelici. Cosa ci faccio qui? come direbbe Bruce Chatwin.
Non esistono più quelle persone semplici che si accontentano della genuinità della vita, che godono della felicita del momento. Io ricordo ancora di persone che buttavano il sangue, è proprio il caso di dirlo, ma erano felici per un bicchiere di vino o per un piatto di carne, o addirittura il dolce, nel giorno della festa. Rivedo però quelle facce, quelle espressioni solo nel fondo dei miei ricordi o passeggiando nel cimitero.
Ora ognuno vuole apparire, ognuno vuole dire io sono, io sono stato.Tuttavia, essere o essere stato, rappresentano un concetto enorme. Di qui gesti come il furto dell’insegna del lager, l’aggressione a Berlusconi, la semplice apparizione in tv, l’atteggiamento arrogante e presuntuoso sul posto di lavoro.
Io sono, io faccio, io, io, io ... Ma chi veramente può dire “io”?
E’ strano come la natura abbia dotato, l’animale considerato dagli umani il più stupido, (ma non lo è affatto) del verso che suona io, io, io. L’asino. L’unico animale che, con sopportazione, affronta le difficoltà della vita, accontentandosi di fieno e acqua e limitandosi a “ringraziare” con un I-oh, cioè io.
La scritta Arbeit macht frei è stata ritrovata, il nome di chi l’ha rubata resterà negli annali, sia che queste persone saranno considerate grandi, sia che le stesse saranno considerate stupide. Missione compiuta.

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