venerdì 5 febbraio 2010

Gli si vieta Sanremo ma ...


La prima caratteristica delle polemiche all’italiana è che, un attimo dopo che sono scoppiate, non si capisce già più di che cosa parlano. Prendiamo il caso Morgan. Di scandaloso, nelle sue dichiarazioni, non c’era l’ammissione dell’uso di droga, vizio diffuso nello spettacolo e non solo lì, ma il messaggio che la cocaina sarebbe un ottimo antidepressivo. Parole devastanti, anche perché a pronunciarle era un divo della tv. Ebbene, questi due aspetti – l’esaltazione della coca come farmaco e l’impatto della popolarità televisiva – sono subito scomparsi dal dibattito per lasciare posto all’immagine dell’artista maledetto che si droga, capro espiatorio da immolare sull’altare del prossimo festival di Sanremo.

La seconda caratteristica delle polemiche all’italiana è l’immediata trasformazione del capro espiatorio in figliol prodigo. Gli si vieta Sanremo, ma lo si invita a tutti gli altri programmi perché si ravveda e chieda perdono. Il più rapido è don Vespa, che per la cerimonia del pentimento ha convocato un prete vero, don Mazzi, da non confondere con il direttore della prima rete Mazza, che non vuole Morgan al festival, e con il direttore del festival Mazzi, che invece gli tenderebbe la mano. Non ci capisco più una mazza, sbotta Morgan, e su questo è difficile dargli torto. Comunque si sottrae al rito purificatorio: se non lo vogliono più a Sanremo, pazienza. «Diamogli una seconda possibilità», insiste invece l’onorevole Bersani con toni da prelato. Perché la terza caratteristica delle polemiche all’italiana è che il Pd sta zitto quando dovrebbe parlare, ma se c’è da rimanere zitti, si può star sicuri che parlerà.

L’idea che la Rai sia in grado di decidere da sola chi mandare a Sanremo e chi no non sfiora nessuno, tutti hanno qualcosa da dire o da contestare al proprio avversario, e il povero Morgan, saggiamente, ha detto a Vespa «chissenefrega di Sanremo»: tanto lui la sua bella settimana di pubblicità l’ha avuta, e a questo punto il ruolo di martire non potrà che contribuire al successo dei suoi dischi.

I politici al contrario non rinunceranno tanto facilmente a sviscerare fino in fondo il caso. Lo fanno – va detto – con una passione certamente superiore a quella che hanno messo nel recente scontro sul «legittimo impedimento» o in quelli di tutti gli altri giorni su Berlusconi.

È facile immaginare che qualcuno arriccerà il naso in segno di dissenso e finirà a ricordare con malinconia i tempi in cui la politica con la «P» maiuscola si occupava solo di questioni serie. Ma a parte il fatto che qualche debolezza per il mondo dello spettacolo ce l’avevano anche i grandi leader della Prima Repubblica (una volta Saragat da Presidente della Repubblica arrivò a mandare un telegramma di congratulazioni a Sofia Loren, per la nascita del suo primo figlio), non è affatto il caso di scandalizzarsi, o di compiacersi: la politica, in Italia, ormai è questa cosa qui.
(Gramellini Sorgi La Stampa)

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