lunedì 25 gennaio 2010

Vasto nostra, Vasto ...

Confesso

Nel tempo dell’età matura si prende a parlare, si dice, “da soli”, in realtà a se stessi. O meglio: con la propria anima, sostrato di ciò che vi è innato e di ciò che vi si è depositato nel tempo passato. Io morirò ancora chiedendomi se, come ebbe a dire Calderòn de La Barca, “La vida es sueño” ( e doverlo ammetterlo sicuramente è un dramma per chi dice di avere solo certezze, ...anche se varie e variabili).
Di certo sono molti a fare una certa confusione tra il sogno e la realtà. Ma se vogliamo lasciare la dimensione poetica, pur restanto in letteratura, forse la vita può definirsi una Rappresentazione, di sè e del mondo che ci circonda. Se poi vogliamo riferirci alla vita politica, o a quella attività che alcuni desiderano fare sentendosi attori della propria esistenza e per (soprattutto) quella degli altri, tralasciando le altre forme teatrali più serie e talvolta tragiche, la potremmo definire una Commedia, dove il gioco delle parti e i ruoli sono in genere prestabiliti e, pure nel cambiamento dei nomi usati o nel camuffamento giocoso o proditorio di attegiamenti e panni, rientra pur sempre in un canovaccio noto e risaputo. Dalle nostre parti poi il concetto di commedia, a dire dei nostri padri, ha una valenza tutt’altro che positiva. “Non fare la commedia!” è, o era, un invito a essere o fare “la persona seria”, quella che non gioca, nè con le parole e nè con gli altri; a dare senso comune a quel che si dice, a distinguere – quanto meno – il momento del gioco e della burla da quello del non confondere, come nel Vasto successe un tempo, ...l’olio dal loglio. Io che per una vita ho amato e praticato le “lettere”, antiche e moderne, la fantasia e la creatività, dovrei apprezzare e ben considerare, sia pure in altro contesto, sia pure in politica, l’arte di re-inventarsi di continuo, di riproporsi diversi (quand’anche uguali) all’elettorato.

Succede nel Guasto nostro, di continuo e ancora (sapete la gente vuole trastullarsi con le rappresentazioni, per battere le mani, per fischiare, per mandare tutti al diavolo quando capisce - spesso solo dopo - che non era per ridere...). Succede altrove e per ogni dove, ma soprattutto da noi. Basta una parola o due, e tutto (dice che) cambia.
Non cambia Vasto? Allora cambiamo noi: non più di qua, ma di là, anzi no, noi “stiamo al centro”. Vasto al Centro, Vasto Noi! Vasto non senza di noi. Ciascuno per sè, ma Insieme per Vasto. Per Vasto: uguali e pur diversi, sempre. Vasto nostra, Vasto...

Anima mia, è una Commedia questa che mi ha stancato. Letteratura o politica che la si voglia dire, francamente, neppure mi diverte più.
Confesso.

Giuseppe F. Pollutri, gennaio 2010

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